Interivsta al fiorettista della nazionale turca Martino Minuto. Che si racconta a Pianeta Scherma.
Dall’Italia alla Turchia, passando per Stati Uniti e Australia. Con sosta ad Amsterdam dove vive con la fidanzata. Martino Minuto è nato a Monza ma è sempre in giro per il Mondo, assecondando la passione per la scherma. Dopo una promettente carriera nelle nazionali giovanili azzurre, attualmente il fiorettista lombardo sotto la bandiera della Turchia. Per portare risultati di prestigio a una realtà schermistica che vuole emergere fra i colossi europei, ma anche e soprattutto per aiutare i giovani della nazionale turca a crescere e fare esperienza internazionale.
Lo abbiamo incontrato a Milano, presso la sala d’armi del Circolo della Spada Mangiarotti, che ospita lui e i ragazzi della Nazionale turca che nel capoluogo lombardo stanno preparandosi per i Campionati Europei Under 23 di Vicenza. Un’occasione per una lunga chiacchierata a 360 gradi, in cui Martino si è raccontato a noi di Pianeta Scherma.
Martino, sei nato a Milano ma sei un vero e proprio vagabondo delle pedane…
Si diciamo che in media prendo l’aereo dalle tre alle quattro volte alla settimana! In Turchia non vivo in un posto fisso, seguo i ragazzi che vivono in città diverse. Spesso e volentieri sono ad Amsterdam, dove abita la mia ragazza. E ogni tanto ritorno a casa a trovare i miei genitori a Monza…
Come è nata la collaborazione con la Federazione turca, che attualmente rappresenti in pedana?
L’offerta mi è arrivata dal governo turco, che mi ha proposto di diventare membro della loro nazionale. Tutto è partito dopo i Campionati del Mondo Under 20 del 2007, che si sono svolti proprio in Turchia e dove vinsi tanto la gara individuale quanto la gara a squadre, conquistando anche la Coppa del Mondo di categoria. I primi contatti quindi sono nati lì. In seguito mi han proposto di farmi ottenere il passaporto turco, fondamentale se si vuole rappresentare la nazionale. Non avendo però alcun legame di sangue con la Turchia, la Federazione è riuscita a farmi ottenere il passaporto per meriti sportivi, che mi ha permesso di mantenere la doppia cittadinanza, italiana e turca. A settembre (2014, ndr) è arrivato il passaporto, a ottobre il transfert e ho potuto iniziare così a gareggiare e lavorare con la Turchia.
Quale è il tuo ruolo all’interno della nazionale?
Il lavoro che svolgo è duplice: da una parte come atleta, quindi tirare regolarmente per la Turchia e cercare di portare risultati nelle gare, dall’altra sono una sorta di allenatore in campo. Fin da subito ho messo in chiaro che non volevo fare il Maestro, perché di fare lezione non me la sentivo, non essendo sicuro di essere in grado di farlo. La proposta è stata accettata ed eccomi qui.
Che realtà schermistica hai trovato in Turchia? Ci sono ragazzi che potenzialmente potrebbero emergere?
Ovviamente, se paragonato al colosso Italia, la realtà della Turchia può sembrare quasi inesistente. Certo, i numeri sono piccoli ed il livello non eccelso, ma di contro il materiale umano è ottimo. Tutti i ragazzi hanno grande professionalità e un’altrettanto grande voglia di imparare e fare bene, mettendoci una passione incredibile. La squadra è molto giovane, io che ho 27 anni sono il più anziano (ride, ndr). Per loro sono come una sorta di fratello maggiore, siamo un bel gruppo, quasi una piccola famiglia. Principalmente lavoro con la nazionale maschile, perché l’unica ragazza (Irem Karamete, ndr) la incrocio solo raramente in quanto il calendario delle competizioni è sfalsato fra maschi e femmine.
A breve scatteranno i Campionati Europei Under 23: cosa possono fare a livello di risultato i ragazzi turchi?
Sicuramente fare esperienza e crescere. Perché qui c’è tutto il tempo necessario per farlo, mentre in Italia spesso e volentieri i giovani quasi non hanno nemmeno il tempo di sbagliare, vista l’impressionante concorrenza che c’è alle spalle. Da noi una gara andata male è vista comunque come una tappa della crescita. E devo dire che stiamo facendo davvero progressi: questa stagione abbiamo battuto l’Austria in Coppa del Mondo e abbiamo vinto il primo assalto in assoluto per la Turchia in una prova a squadre. Inoltre agli ultimi Mondiali Cadetti un nostro atleta è entrato negli otto, peraltro battendo un azzurro. Per un atleta turco battere un italiano è sempre un risultato di grande prestigio, perchè significa battere i migliori al Mondo.
Per uno come te abituato a girare, è stato più o meno facile accettare l’incarico? Hai mai avuto qualche ripensamento?
Sinceramente no. Dopo aver tirato per molti anni per l’Italia ed essermi tolto numerose soddisfazioni, nel momento in cui è arrivata la proposta della Turchia ho immediatamente smesso di tirare per i colori azzurri, onde evitare di tenere il classico piede in due scarpe. E anche se i tempi burocratici sono stati molto lunghi, non volevo che la Federazione italiana continuasse a investire in me pur sapendo che poi sarei andato altrove. Così mi sono preso una pausa, decisamente lunga, tanto che la gente pensava avessi smesso…
Nel tuo palmarès risulta anche una medaglia d’oro ai Campionati Australiani. Ci racconti la storia?
Diciamo che il tutto è collegato al lungo processo di ottenimento del passaporto turco. In quel periodo “sabbatico” ho accettato l’invito di andare in Australia, che mi veniva posto ogni estate ma che ho sempre dovuto declinare. Dopo che per un paio di anni ho ospitato alcuni atleti australiani a casa mia durante le gare europee di Coppa del Mondo, da parte loro c’era la volontà che io andassi a fare un ritiro laggiù. Ma, come detto, non ho mai potuto accettare, perchè impegnato con i ritiri della nazionale azzurra. Non appena mi sono liberato, ho accettato. Loro mi han pagato il volo e mi hanno ospitato. E così ne ho approfittato anche per fare del buon surf, di cui sono patito. Terminato il ritiro, mi hanno invitato nuovamente per le vacanze Natalizie e mi han proposto di prendere parte ai Campionati Australiani. Ho accettato, e oltre a farmi una bellissima esperienza, ho vinto la medaglia d’oro.
Sei campione d’Italia (a livello Under 20), Campione d’Australia, se vincessi il titolo in Turchia potresti essere campione nazionale in tre paesi diversi. Ti stuzzica l’idea?
Perché no? Speriamo… (ride, ndr). Si in effetti si: sono campione australiano perchè lì non è richiesta nè cittadinanze né niente. Quanto agli italiani, ne ho vinto uno a livello GPG e un altro a livello Under 20 però quando ancora ero nei Cadetti.
Oltre alla scherma però nel tuo cuore c’è spazio anche per lo sci alpino, che hai praticato anche a livello agonistico. Quando hai deciso che il tuo sport sarebbe stato la scherma e non lo sci?
La scelta in realtà è maturata naturalmente. Quando ero piccolo, durante la settimana praticavo scherma, mentre nel week-end mio padre mi portava in auto a sciare a Cavalese. Ho fatto tutte le discipline consentite dall’età, ovvero speciale, gigante e Super G, mentre la discesa libera al disotto dei sedici anni non la potevo fare. In realtà alla mia famiglia piaceva di più lo sci e forse era anche lo sport in cui riuscivo meglio, ma intraprendere la carriera di sciatore significava trasferirsi in una località montana in un’età in cui non ero ancora pronto per farlo. Perchè a 13 anni bisogna investire quotidianamente nell’attività sciistica, soprattutto in una disciplina come il Super G in cui devi combinare tecnica e feeling con la velocità. Quando poi mi sono iscritto al liceo e sono entrato nel giro della Nazionale di scherma, la scelta non ho nemmeno dovuto farla…
Tuttavia lo sci non lo hai abbandonato…
No. Scio ancora, ma solo per divertimento personale. Inoltre ho pure preso l’abilitazione per essere Maestro di sci, con un corso fatto in Svizzera. Anche se non insegno.
Ci sono elementi e sensazioni in comune fra i due sport o sono in totale antitesi fra loro?
No, in realtà no. Sono due sport che hanno poco in comune. A punto che il mio Maestro di scherma, prima di ogni gara mi mandava sempre dei messaggi in cui mi invitava ad andare piano… Battute a parte, sono proprio incompatibili anche a livello di preparazione fisica, che è totalmente diversa. Farli ad alto livello entrambi è assolutamente impossibile.
Fra le tante cose che fai, c’è anche la promozione dei valori dello sport pulito soprattutto rivolta ai più piccoli. Cosa diresti a un bambino per portarlo a tirare di scherma?
Io penso che un bambino debba poter provare tutti gli sport e poi scegliere quello che più gli piace. Inoltre la scherma è assai costosa e non tutti sono in grado di poter spendere tanti soldi per l’attrezzatura. Tuttavia lo trovo estremamente formativo tanto sul piano fisiologico quanto su quello morale: lealtà e rispetto dell’avversario sono alla base dell’insegnamento schermistico ed è questo l’aspetto che più mi piace e mi preme trasmettere. Tanto che io ho fatto tantissime attività di promozione, dando la mia disponibilità al Coni regionale per andare a parlare nelle scuole, negli oratori e anche in alcune realtà meno facili come quelle classi a forte presenza di immigrati e di ragazzi con difficoltà alle spalle. Ancora oggi, se e quando i miei impegni me lo permettono, lo faccio molto volentieri.
Tornando alla scherma, quali sono i tuoi prossimi impegni stagionali?
Nell’immediato c’è Vicenza (l’intervista è stata effuttata prima degli Europei Under 23, ndr), poi torniamo a casa e lavoriamo assieme per preparare le prossime gare di Coppa del Mondo, gli Europei di Montreaux e i Mondiali di Mosca. Terminata la stagione agonistica, continueremo comunque a lavorare attraverso ritiri che faremo in Turchia, in Italia o in altri paesi dove non ci sono centri federali ma club dove è più facile avere accesso.
Si ringrazia il Circolo della Spada Mangiarotti e il M.o Sandro Resegotti per la disponibilità.
Twitter: agenna85
Fotografia di Augusto Bizzi per Federscherma