Ha conquistato il suo primo titolo italiano. Ora punta a Mosca e rivela: «Quando c’è Daniele mi sento più forte».
Campione d’Italia, per la prima volta, due giorni dopo l’oro del fratello Daniele. Enrico Garozzo sorride al termine del suo campionato Assoluto. È soddisfatto per aver raggiunto un traguardo importante, e per aver confermato a se stesso di stare bene, dopo un Europeo di Montreux che l’ha visto fermarsi a un passo dal podio. Anche a Mosca, per i Mondiali, avrà al suo fianco Daniele, come ad Acireale, nel 2008, quando entrambi vinsero il titolo mondiale tra Giovani e Cadetti, come in Svizzera, dove la medaglia l’ha presa solo Daniele, ma lui c’è andato veramente vicino. Ecco perché i festeggiamenti, in casa Garozzo, sono rimandati a fine luglio.
Il tuo primo titolo italiano assoluto. Lo aspettavi da un po’. È arrivato nel momento giusto?
Forse è arrivato nel momento in cui mi serviva di più dal punto di vista mentale, perché dopo la brutta gara a squadre di Montreux avevo bisogno di vincere. Sono contento di aver ripreso mio fratello, così non scappa.
Con Daniele abbiamo scherzato, dicendo che ti aveva bruciato raggiungendo prima di te l’acuto che entrambi aspettavate. Ma lui ha risposto che non c’è nessuna rivalità, siete ciascuno il primo tifoso dell’altro.
È la verità, e grazie a Dio facciamo due armi differenti e non ci scontreremo mai, quindi possiamo serenamente fare il tifo l’uno per l’altro.
Quanto è bello vincere il titolo italiano lo stesso anno di tuo fratello e poterlo festeggiare insieme?
Purtroppo lo rivedrò solo a Mosca, per i Mondiali, perché ora abbiamo i ritiri. Speriamo di poter festeggiare insieme qualcosa di ancora più importante.
Avete fatto l’Europeo insieme, farete il Mondiale insieme. Quando avete iniziato pensavate sarebbe andata così?
Arrivare a così alti livelli e avere tuo fratello con te in squadra è una cosa stupenda, e non nascondo che guardandolo durante la mia gara mi caricavo tantissimo, perché mi dava un’energia diversa rispetto a quella che mi possono dare altre persone: è mio fratello e vedo nei suoi occhi la voglia di tifare e sperare che io vinca, e credo di essere stato in grado di aver dato lo stesso a lui. Non è un caso che, quando tiriamo insieme, otteniamo i risultati. Al Mondiali Giovani e Cadetti di Acireale, nel 2008, abbiamo fatto entrambi oro, a Montreux lui ha fatto argento.
E tu ci sei andato vicino. Questa medaglia europea sembra una maledizione. Quando arrivi ai quarti senti una pressione maggiore?
No, la pressione si sente in ogni assalto. Quando tiri incontri complicati come quello con Jerent ci sta vincere o perdere. A Montreux mi è dispiaciuto perché ho perso in modo un po’ strano. Sul 13-13, in un incontro con un atleta di un certo livello, subire una botta totalmente casuale ti taglia la gambe. Io ho cercato di non morire da quel punto di vista, lui è stato molto bravo sul 14-13 a costruire la stoccata successiva. Ma quella quattordicesima stoccata è stata importante.
Sempre lui, poi. Anche nel 2013 a Zagabria.
Sì, sempre lui. Non è uno schermidore a me congeniale. L’ho studiato molto e avevo preparato bene l’assalto. Anche per quello mi dispiace, perché le stoccate precedenti erano state costruite bene. Lo prenderò al Mondiale e vincerò.
Qui a Torino, invece, gara strepitosa.
Non da subito. Non ho fatto benissimo ai gironi e nemmeno nella prima diretta. Poi mi sono sbloccato agli ottavi.
Un assalto bellissimo quello con Marco Fichera. Sotto 3-0, sei riuscito a rimontare. Forse per chi non conosce Fichera e la sua scherma non è semplice capire quanto sia complicato riprendere tre stoccate a uno come lui. Vi siete resi conto, in pedana, che stavate facendo un assalto speciale?
Sì, lì dovevo per forza alzare il livello della mia scherma, altrimenti con lui avrei perso. Come hai detto tu, un parziale di 3-0 sotto con Marco è quasi una mezza sentenza. Sono contento di aver tirato fuori delle stoccate molto belle e importanti in momenti importanti. Da lì poi ho iniziato a tirare in una maniera differente per concludere in semifinale e finale con ottimi assalti.
La semifinale con Luca Ferraris te l’aspettavi così complicata?
Dal punto di vista fisico sapevo che sarebbe stato un assalto duro e difficile da sbloccare e andar via. Sono contento di essere riuscito a cambiare ritmo sul 10-12 per lui e di aver tirato fuori delle stoccate molto belle e tecnicamente corrette.
La finale con Andrea Santarelli l’hai vinta abbastanza nettamente, 15-10, anche se almeno per metà assalto è stata molto equilibrata. Sei riuscito a impostare il tuo ritmo forse, è stata questa una della chiavi?
È stata la chiave. Sono riuscito a tenere il mio ritmo dall’inizio alla fine o almeno dal 5-5 in poi. Do molta importanza alla botta messa prima del primo intervallo, che mi ha permesso di non dover inseguire alla ripresa. Sono stato molto bravo a tenere quel ritmo lì, a costringerlo a tirare sul mio ritmo e alla mia misura, a fargli tirare le botte che mi sono più congeniali.
Che sensazioni ti porti per Mosca?
Da un punto di vista individuale sto molto bene. Il ranking non mente mai. Essere numero 2 significa arrivare al Mondiale con un grande carico di speranze, poi nella spada maschile può succedere di tutto, ma io punto a prendere qualcosa di grosso. Poi, certo, nella spada può succedere di tutto.
Nella prova a squadre, invece, sarà fondamentale andare a podio. Fare meno rischia di essere una condanna definitiva o quasi in ottica Rio. O no?
Non sono assolutamente d’accordo. A noi non mancano moltissimi punti dal sesto posto, che è quello che ci serve per le Olimpiadi. Sarà fondamentale entrare nelle otto, questo sì. Dobbiamo battere la Repubblica Ceca, in quello che sarà l’incontro più importante nel quadriennio a squadre, e poi giocarcela con la Francia con la mente un po’ più sgombra, senza avere nulla da perdere, lasciando che siano loro a rischiare. Se la medaglia non dovesse arrivare lì, ci sono poi altre quattro gare in cui possiamo fare podio. I punti in palio al Mondiale sono tanti, ma un buon piazzamento lì può bastare ad aprirci la strada per crederci ancora.
Ancora ottimisti, dunque.
Dobbiamo esserlo, non c’è altro da fare se non rimboccarsi le maniche e lavorare. Chiaro che è un momento difficile e non ci aspettavamo la battuta d’arresto con la Repubblica Ceca, soprattutto per come è avvenuta. Io ci metto la faccia per primo, ho fatto un incontro brutto brutto, e non è questo che la squadra si aspetta da me né quello che io voglio dare alla squadra. Ora dobbiamo lasciarcela alle spalle e ripartire con più voglia di prima.
Twitter: GabrieleLippi1
Foto di Augusto Bizzi per Federscherma