I reportage di PS: il Circolo della Spada Mangiarotti

Una dinastia che ha fatto la storia della scherma. Una sala d’armi che ha forgiato fior di campioni. 

Parlare del Circolo della Spada Mangiarotti di Milano significa fare un lungo viaggio nella storia della scherma italiana e non solo. È un racconto di passione e amore per questo sport, tramandato di generazione in generazione e perpetuato non solo da chi quel cognome così prestigioso lo porta, ma anche e soprattutto da chi su queste pedane è nato e cresciuto. Laggiù, dall’altra parte del globo, in uno stato insulare dove la palla ovale è religione, sono soliti dire: «Una volta che sei stato un All Black, sarai sempre un All Black», a prescindere da dove la vita ti porta. Così, se sei un “figlio della Mangiarotti”, lo sarai per sempre. Anche quando esigenze di carriera ti conducono verso altri lidi.

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Carola Mangiarotti posa sotto i ritratti di Edoardo e Dario

Una dinastia di schermidori – Il cognome Mangiarotti inizia a legarsi alla scherma italiana dal 1909 quando il capostipite, Maestro Giuseppe Mangiarotti, apre la prima sala in via Chiossetto a Milano. Per scommessa, come ci racconta la nipote Carola, a sua volta olimpionica nel 1976 e 1980 e oggi responsabile del Circolo: «Fu una scommessa. Lui proveniva da una famiglia di cantanti lirici ed era avviato a quella carriera, poi una sera si ritrovò a una cena al ristorante Biffi vicino al Teatro alla Scala insieme a un campione di pugilato e un maestro di scherma, i quali in un certo senso lo “sfidarono” ad aprire una sala di scherma e allenarsi per sfidare uno dei campioni del suo tempo. Così iniziò a nascere l’idea della nostra Sala: Giuseppe iniziò a prendere lezioni e arrivò a padroneggiare l’arma tanto che partecipò alle Olimpiadi di Londra nel 1908, poi intraprese la carriera di Maestro e l’anno dopo diede avvio alla scuola». Dal 1912 la Sala si trasferì poi in via Passione, dove rimase per ventisei anni, quando Giuseppe Mangiarotti assunse la direzione della Sala d’Armi della Società del Giardino, sempre a Milano.  Il 1967 fu poi l’anno della “rifondazione” come Circolo della Spada con sede dapprima in via Solferino e poi, dal 1980, nell’attuale palestra di via Zarotto, a due passi dalla Stazione Centrale.

La dinastia Mangiarotti proseguì nella seconda generazione sempre su impulso di Giuseppe, il quale, ci racconta Carola, «volle che uno dei suoi tre figli fosse impostato mancino come il suo idolo, il grande campione francese Lucien Godin». Il più adatto si rivelò Edoardo Mangiarotti, destinato a una carriera tra spada e fioretto che lo porterà a essere tuttora lo schermidore italiano più titolato di tutti i tempi: 13 medaglie Olimpiche di cui 6 d’oro (la prima nel 1936, a soli 17 anni) ne fanno l’atleta italiano più medagliato di sempre ai Giochi, con il corollario di 13 titoli mondiali e 3 ori alle Universiadi. Quanto agli altri due fratelli, Dario Mangiarotti fu medaglia d’oro olimpica nella spada a squadre insieme a Edoardo a Helsinki 1952 e collezionò tre medaglie complessive ai Giochi oltre a cinque titoli Mondiali, mentre Mario Mangiarotti fu argento mondiale nella spada a squadre nel 1951 a Stoccolma prima di intraprendere la professione medica come cardiologo.

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 (foto: Devin Manky Photography)

Una fabbrica di campioni – Tanti, tantissimi i campioni che nel corso della lunga storia della “Mangiarotti” hanno iscritto il loro nome nell’albo d’oro delle più importanti competizioni internazionali: da Clara Mochi – due ori Mondiali nel fioretto femminile a squadre fra Roma 1982 e Vienna 1983 – ad Angelo Mazzoni, passando per Sandro Resegotti, Diana Bianchedi e Nathalie Moellhausen. Tanti nomi, un unico filo conduttore: sono stati tutti quanti formati in casa sulle pedane del Circolo della Spada milanese. «Il nostro orgoglio» prosegue Carola Mangiarotti «è tutto nell’accogliere questi atleti quando hanno 5/6 anni e accompagnarli lungo tutto il percorso che parte dalle prime gare nazionali fino ad arrivare a Mondiali ed Olimpiadi. E il caso di Nathalie è emblematico: ha cominciato a tirare in una scuola in cui noi facevamo dei corsi, poi è venuta qui e si è formata fino a vincere due titoli italiani. Ma come lei, tantissimi atleti, l’elenco sarebbe sterminato».

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Una panoramica della sala d’armi di Via Zarotto.

E chissà quanti altri ne potrebbero uscire in un prossimo futuro, fra gli oltre 300 iscritti alla sala. Un numero considerevole, con atleti di tutte le età che si cimentano con fioretto e spada (e un gruppetto sparuto di sciabolatori che prendono parte alle gare Master), che come rovescio della medaglia porta a fare i conti con gli annosi problemi di spazio: «In palestra si allenano 305 atleti, ma gli iscritti sono in realtà 340, compresi Maestri e dirigenti. Un anno siamo stati addirittura più di 400».

Parola di Maestro Sandro Resegotti sulle pedane della Mangiarotti è nato, cresciuto e diventato campione, fino al doppio oro Mondiale nelle prove a squadre di spada a Denver 1989 e Lione 1990. Dopo aver appeso arma e maschera al chiodo, Resegotti è rimasto legato alla sua sala d’armi dove lavora come Maestro.Ne approfittiamo per scambiare quattro chiacchiere sulla filosofia di lavoro del Circolo della Spada: «Da noi si punta molto sul settore giovanile, crescere gli atleti e non prenderne di già formati. Di norma prendiamo gli atleti quando sono molto piccoli, visto che più si va avanti con l’età, più è difficile iniziare la scherma». IMG_3683Il cordone ombelicale con la società non si è mai spezzato. Perché, come abbiamo detto all’inizio, l’attaccamento alla maglia – per prendere in  prestito un termine calcistico – è nel DNA Mangiarotti: «Per me la sala è sempre stata ed è tuttora come una seconda famiglia» prosegue Resegotti, la cui dinastia prosegue sulle stesse pedane grazie al giovane Matteo, professione fiorettista «Qui sono cresciuto, ho fatto tutto l’Iter dalle giovanili agli assoluti, ho avuto le mie gioie e affrontato delusioni». «Fin dai tempi di mio nonno» aggiunge Carola Mangiarotti «la gestione della sala è stata improntata a fare del gruppo una grande famiglia e così è sempre stato».

La passione come motore di tutto – C’è una parola che ritorna spesso nei racconti tanto del Maestro Resegotti quanto di Carola Mangiarotti. Passione. Questo il motore che ancora oggi manda avanti tutto. Quella che porta i Maestri a spendere le loro ore a tramandare l’arte schermistica al termine delle loro giornate lavorative, a pagarsi le trasferte per non gravare sul Circolo, alzandosi alle cinque del mattino e tornando a notte fonda. «Se non si ha passione e molta pazienza, non si può insegnare la scherma ai ragazzi» chiosa Resegotti.

Una grande famiglia –  Prima di congedarci, chiediamo alla signora Mangiarotti di raccontarci uno dei tantissimi aneddoti sulla vita della sala: «Una volta, quando ancora la sala d’armi era in via Solferino, ci fu una protesta degli studenti alla vicina sede del Corriere della Sera. Era il 1968, si era nel pieno della contestazione giovanile. A quell’epoca la sala era adiacente alla sede del giornale, e un giorno, mentre ci stavamo allenando, la polizia sparò dei lacrimogeni sui cortei che stavano convergendo in zona.  D’un tratto la sala si riempì di gas e tutti cominciammo a piangere. Ma non ci facemmo problemi, chiudemmo il portone e riprendemmo subito gli allenamenti». gius mangiarottiAltri tempi. «La sala diventava una sorta di circolo famigliare. Ci si trovava per l’aperitivo, o per guardare tutti assieme la partita alla televisione. E poi ci si allenava tutti assieme, spesso fino a sera tardi, dopo la cena. C’era questo clima magnifico che tutt’ora ricordo con grande piacere».

Tuttavia, anche se oggi questo clima si è inevitabilmente perso, a rimanere immutato è il marchio Mangiarotti, fatto di passione, appartenenza e di quella voglia di continuare a tramandare la nobile arte della scherma.

Tutte le fotografie, salvo diversa indicazione, sono di Alessandro Gennari. Si ringrazia Mattia Boretti per la collaborazione e il Circolo della Spada Mangiarotti, nelle persone di Carola Mangiarotti e Sandro Resegotti per la disponibilità.

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