Fame d’oro, l’Italia è Mondiale dopo 20 anni

Sciabola: Montano, Occhiuzzi, Curatoli e Berrè trovano la vittoria superando in finale la Russia. Terza la Germania.

 

Vent’anni. Venti lunghissimi anni sono passati da L’Aja 1995. Un digiuno insostenibile per l’Italia della sciabola maschile, arrivata affamata a Mosca e resa ancora più vorace da una brutta prova individuale. Così, Aldo Montano, Diego Occhiuzzi, Luca Curatoli ed Enrico Berrè non si sono limitati a vincere un oro mondiale, l’hanno divorato in una finale dominata dall’inizio alla fine contro i padroni di casa della Russia, lo squadrone di Yakimenko, Kovalev, Reshetnikov e Ibragimov, battuti 45-36 in un match senza storia.

Alexey Yakimenko, campione del Mondo individuale, è l’unico russo a ottenere una differenza stoccate positiva, l’unico a poter dire di aver vinto due parziali con gli Azzurri, i 7-5 imposti a Diego Occhiuzzi e Luca Curatoli. L’Italia scappa via subito: 5-1 di Curatoli a Kovalev, 5-1 di Montano a Reshetnikov. Otto stoccate di vantaggio che diventano 11 a un certo punto, per poi stabilizzarsi appena sotto la doppia cifra.

Fantastico Aldo Montano, capace di dispensare una scherma tanto bella da far brillare gli occhi anche ad Alexey Yakimenko, che sarebbe un suo avversario, ma è prima di tutto uomo di sport e signore della scherma. E tra fuoriclasse ci si intende, ci si rispetta, ci si stima. Meraviglioso Luca Curatoli, classe 94, al suo primo Mondiale e subito protagonista. Il +3 con cui chiude la sua finale è il degno epilogo di una gara condotta a 1000 all’ora dall’inizio, col piglio del predestinato e l’autorevolezza del campione consumato. Bravo Diego Occhiuzzi, a rialzarsi dai momenti di difficoltà senza scomporsi e cedere al nervosismo, per chiudere in crescendo con un 5-1 a Kamil Ibragimov. L’Italia è forte. Così forte da poter tenere in panchina il campione nazionale Enrico Berrè e liberarsi con facilità di tutti gli ostacoli che incrocia, si chiamino Romania, Francia o persino Russia.

E c’è qualcosa di familiare in questo oro, qualcosa di simbolico. Un filo rosso che scorre nelle vene e lega la spedizione di L’Aja a questa. In panchina, accanto al ct Giovanni Sirovich, c’è Gigi Tarantino, che 20 anni fa era in pedana in quella storica rimonta da -17. A impugnare la sciabola c’è Luca Curatoli, guidato dai consigli di Leonardo Caserta, suo maestro. Entrambi sono fratelli di Raffaello Caserta, che faceva parte della squadra del ’95. Vent’anni dopo, la stessa famiglia, lo stesso metallo. Come in un film.

Il finale è di quelli che hai visto centinaia di volte ma non ti stancano mai. Ci sono dei ragazzi, abbracciati, che cantano Fratelli d’Italia e fissano il tricolore. Di fianco a loro i russi, dall’altro lato i tedeschi. L’Olympiski Arena è muta, più per rispetto che per delusione. È una storia bellissima, da raccontare, leggere e rileggere. Sperando di non dover aspettare altri 20 anni per potersi godere la prossima replica.

 

Twitter: GabrieleLippi1

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Foto di Augusto Bizzi per Federscherma

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