La scherma italiana piange la scomparsa di Oleg Pouzanov. Per molti ha saputo essere un Maestro di vita
Poche parole, condite con quella saggezza che è tipicamente russa (anche se lui preferirebbe definirla sovietica), un sorriso nascosto dietro i baffi bianchi e una stretta di mano. Il Maestro Oleg Pouzanov è stato tutto questo, ma sicuramente anche molto di più. Ha allenato grandi atleti, come Mara Navarria, Francesca Quondamcarlo e Paolo Pizzo, al fianco del quale ha vinto il Mondiale di Catania, ma ha anche seguito a fondo pedana un sacco di giovanissimi schermitori.
Aveva sempre qualcosa di saggio da dire, e quando gli si domandava se realmente fosse stato un agente del Kgb, rispondeva con il silenzio. Si definiva, senza nascondersi dietro a troppe vuote parole, sovietico e dispensava perle di saggezza che sapevano di Europa dell’Est, proverbi che quasi tutti, nella scherma italiana, conoscono a memoria: “Figlio di colonnello non può diventare generale se generale ha figlio”; “Non esiste donna brutta, esiste poca vodka”.
Nei suoi anni da Maestro ha insegnato a molti, ad alcuni più che ad altri, cosa significhi affrontare le difficoltà, cosa voglia dire rialzarsi con le proprie forze dopo una caduta e continuare a lottare. É stato il punto di riferimento di tanti atleti che lo hanno scelto non solo per le sue capacità tecniche e tattiche, ma anche per l’uomo che era. Non ti spiegava soltanto come fare scherma, la “sua” scherma tutta basata sulla seconda intenzione, ma tra un proverbio e l’altro, quasi come fa un padre, ti insegnava a stare al mondo. Quel mondo che il Maestro Oleg ha girato in lungo e in largo, prima come atleta dell’Urss, poi come tecnico della Nazionale sovietica e di quella cubana, per approdare, infine, in Italia, prima a Milano e poi a Roma, la sua ultima casa.
In molti lo ricorderanno con rispetto, altri con un sorriso e altri ancora con una lacrima, e sicuramente in pochi dimenticheranno tutto ciò che di prezioso ha donato al mondo della scherma italiana.
Arrivederci Maestro Oleg.
Fotografia di Augusto Bizzi per Federscherma