La gioia per la qualificazione al maschile, la delusione per il ko al femminile. Sandro Cuomo parla a Pianeta Scherma.
Smaltita la tensione accumulata in un anno di qualifiche olimpiche, in bocca resta un sapore agrodolce. Sandro Cuomo non può godersi la qualificazione e la crescita della squadra di spada maschile, perché a impedirglielo c’è il clamoroso e inatteso scivolone di quella femminile. Un patrimonio in termini di ranking, credibilità internazionale e tabelloni dilapidato in un anno, in cui si è passati dall’essere la migliore squadra al mondo all’eliminazione dai Giochi olimpici di Rio 2016.
«Non ci dormo la notte», ha raccontato il ct della spada a Pianeta Scherma. «Le ho provate tutte, davvero non riesco a pensare a cosa avrei potuto fare di diverso».
Quali sono le sensazioni che provi dopo la fine del percorso di qualifica olimpica?
In questo momento sono molto giù per l’esito delle ragazze, tanto da non riuscire a godermi appieno della straordinaria escalation dei maschi. Francamente, con le potenzialità individuali che abbiamo, ero convinto che ce l’avremmo fatta. Ma la spada è fatta così, ha prevalso il timore di non farcela e abbiamo concretizzato le nostre paure.
E questo cosa ha causato?
Abbiamo perso match durante la stagione che non avremmo mai dovuto perdere, in maniera rocambolesca e inattesa, e abbiamo sprecato tabelloni sulla carta molto favorevoli. A conti fatti bastava una sola vittoria in più in tutta la stagione e ce l’avremmo fatta… E non parlo della Russia a Buenos Aires, quello è un match che si può anche perdere, ma della Polonia a Legnano, di Usa, Giappone e Svezia a Nanchino, della Francia ai Mondiali, della Corea e della Svezia a Barcellona… Questi sono i match che non avremmo dovuto perdere, ne bastava uno. Non ci dormo la notte e mi ritornano alla mente in continuazione.
Un anno fa i ragazzi erano in grande difficoltà, ora si sono qualificati.
Con i ragazzi abbiamo cominciato un percorso tre anni fa, con l’esclusione di alcuni nomi illustri che ritenevo in fase “calante”, quindi non utili al progetto Olimpico 2016. Sono stato molto criticato per questa scelta, che si è invece rivelata poi vincente: oggi abbiamo una squadra al terzo posto del ranking, ma il dato più incoraggiante è che è una squadra giovane e in ascesa al momento giusto.
Cosa è successo? Quale è stata la molla che ha fatto scattare questa nuova consapevolezza?
È successo che dopo aver individuato le criticità di questo gruppo, le abbiamo affrontate in maniera diretta e mosso le pedine giuste. Un grande lavoro di staff, direi. Oggi la squadra ha acquisito sicurezza, sganciandosi da pressioni psicologiche che ne inibivano il decollo.
Le ragazze hanno fatto il percorso inverso: un anno fa erano prime nel ranking, poi è cominciata la crisi e non ce l’hanno fatta.
Mi dispiace tantissimo per le ragazze, ce l’hanno messa davvero tutta, ma purtroppo non è facile governare certe dinamiche emotive, e questo sicuramente è un limite sul quale bisogna lavorare per il futuro se vorremo diventare una squadra dalle grandi occasioni… Sarebbe bastata un minimo di costanza nel rendimento in più e oggi questa intervista avrebbe avuto un altro tema.
Personalmente hai qualcosa da rimproverarti? Qualche rimorso? Qualche scelta che non ripeteresti?
Sono mesi che mi chiedo cosa avrei potuto fare di diverso, ma non riesco a darmi una risposta. Ogni passaggio è stato fatto con la massima attenzione e il massimo scrupolo, penso che chiunque al mio posto avrebbe fatto le stesse scelte, pressoché “obbligate”. Sono molto autocritico per natura, ma stavolta davvero non riesco a pensare a cosa avrei potuto fare di diverso o di più per garantirci la qualifica femminile a squadre. Ritengo che abbiamo fatto davvero tutto il possibile.
Col senno di poi pensi sia stata una buona idea cambiare un quartetto che aveva ottenuto risultati eccellenti?
Il senno del poi è un’opzione che chi gestisce ruoli di responsabilità non può considerare: bisogna decidere per il meglio e farlo in fretta con le opportunità che si hanno in quel momento. È un argomento che lascio a chi vuole criticare le scelte fatte per il gusto di farlo, perché credo che, analizzate sul momento, le scelte operate siano state sempre scelte incontestabili. Col senno del poi è stata una mossa azzeccata quella di cambiare completamente l’ossatura della squadra maschile, anche se al momento per molti non sembrava così. Prima del Mondiale (preolimpico) di Catania ho cambiato la squadra femminile inserendo in squadra una giovanissima Rossella Fiamingo, e abbiamo conquistato il bronzo garantendoci la qualifica alle Olimpiadi di Londra. Non si può avere paura di cambiare: i risultati ottenuti sono già passati. Nel mio lavoro è necessario guardare avanti e avere una chiara visione del futuro, come è stato per i maschi, non si può andare avanti e avere lo sguardo rivolto all’indietro, si rischia di inciampare.
Quindi non sei pentito di niente, nemmeno del cambio di formazione?
Nel caso specifico, tra un’atleta che aveva appena vinto una gara GP e una che non stava attraversando un periodo di grande forma, ho preferito garantirmi maggiormente per il mondiale di qualifica, penso che chiunque l’avrebbe fatto. Tra l’altro, la nuova entrata si è comunque ben comportata, levandoci dagli impicci in più di una occasione. Lo rifarei anche col senno del poi.
Quali sono le situazioni che vi hanno penalizzato maggiormente?
Sicuramente un brutto colpo è stata l’influenza di Bianca tutta la settimana che ha preceduto Barcellona, stava tirando molto bene, non ci voleva proprio. Forse per quella gara, date le sue condizioni, avrei potuto sostituirla con la Santuccio, questo è forse l’unico vero rimorso che ho. Inoltre, avrei preferito che la prima gara di qualifica dopo il mondiale non fosse stata “in casa”. A Legnano c’era già molta pressione e molte aspettative, questo non ci ha aiutato.
Rifaresti il ritiro di un mese? Non pensi che possa aver accresciuto pressione e tensione sulle ragazze?
Ci voleva una scossa forte. Non potevo stare li a guardare la squadra affondare senza fare nulla, e non è nelle mie corde attendere passivamente gli eventi. Inoltre con la scomparsa del maestro Pouzanov, Mara era completamente allo sbaraglio, per lei questa situazione cadeva a pennello. Penso invece che questo mese sia stata una splendida esperienza per tutti, abbiamo lavorato con serenità, tutto ciò di cui avevamo bisogno era a disposizione, nessuna distrazione, l’obiettivo era chiaro e condiviso, tutte le energie erano finalizzate alla gara, gli allenamenti gestiti e organizzati ad hoc. L’importanza della posta in palio ha completamente mitigato il sacrificio compiuto da tutti, sottoscritto, tecnici e atleti. Sono convinto che la tensione non vada contrastata facendo finta che non ci sia, ma che bisogni imparare a canalizzarla per trasformarla in un valore aggiunto. Non avevo nessun elemento per pensare ottimisticamente che non fare nulla sarebbe stata la cosa migliore, e se non avessi fatto almeno un tentativo per cambiare le cose non me lo sarei mai perdonato.
C’è qualche cosa in particolare che non ha funzionato? Qualche dinamica tecnica, tattica o psicologica che è venuta a mancare?
Semplicemente non siamo riusciti a rendere secondo i nostri standard, mai nella stagione. Questo stato di fatto di cui ho dovuto prendere atto, mi ha portato alla ricerca di nuove soluzioni, compresa un’alternativa valida in chiusura. Dopo aver provato e riprovato in allenamento (se non fossimo stati tutti a Formia non lo avremmo potuto fare…) a Barcellona la Navarria in chiusura ha funzionato: ha vinto una priorità col Giappone e ha mantenuto bene un minimo vantaggio con la Romania, per cui ho deciso di continuare su questa strada.
A Rio la spada andrà con la squadra maschile e, molto probabilmente, con una Rossella Fiamingo che dopo aver vinto due mondiali di fila sembra essere nel momento più difficile della sua carriera. Cosa ti aspetti dai Giochi?
Anche se Rossella è nettamente favorita dai numeri, c’è anche Mara (Navarria, ndr) che è ancora in corsa per il posto individuale alle Olimpiadi e un’ultima gara a disposizione, pertanto ciò che possiamo dire con certezza è che avremo alle Olimpiadi la squadra maschile e una donna. La squadra maschile è in ascesa e sta dimostrando una confortante continuità, pertanto penso che nessuno si meraviglierebbe se andassimo a podio, e anche nelle parti alte. Per l’individuale abbiamo Enrico Garozzo che è da tempo ai vertici del ranking individuale, grazie alla sua costanza di rendimento. Con la vittoria di Vancouver ha completato il quadro con quel tassello che ancora gli mancava: la vittoria. Paolo Pizzo già campione del mondo 2011, è capace di qualsiasi exploit. Fichera pur non avendo brillato come risultati individuali, è stato protagonista di assalti straordinari nelle competizioni a squadre, al punto da rappresentare una validissima alternativa alla chiusura di Garozzo, mi aspetto da lui e da Santarelli (che ricordiamo ha sfiorato la medaglia al mondiale) un guizzo da un momento all’altro. Sia Rossella che Mara hanno la possibilità di vincere, lo hanno dimostrato, per cui chiunque andrà a Rio avrà le carte in regola per puntare molto in alto. Bisogna però rimanere con i piedi per terra e fare i conti con la difficoltà oggettive della specialità, dove non sempre i favoriti vincono, ma dove vince chi è più freddo, forte e lucido di testa in quello specifico momento.
Sei preoccupato per il momento difficile della Fiamingo?
Il fatto che Rossella non sia in un buon momento adesso non significa assolutamente nulla. Anche lo scorso anno dopo il primo titolo mondiale ebbe una stagione piuttosto opaca, ed una volta tra le lacrime mi disse: «Sandro, penso di non essere all’altezza di un titolo mondiale, ho vinto solo perché era la mia giornata fortunata». Io le risposi che non era così, che il titolo lo aveva vinto convincendo e meritatamente, e che sarebbe tornata presto a tirare alla grande perché la sua qualità si vedeva agli allenamenti, durante le lezioni, e non c’era alcun dubbio che fosse solo un momento di sbandamento dovuto, probabilmente, proprio al successo raggiunto. A fine stagione ha rivinto il mondiale a Mosca! Adesso è nella stessa situazione, ma non sono preoccupato per le Olimpiadi, qualora fosse lei a spuntarla su Mara, lei è la donna delle grandi occasioni, ha una scherma di grande intelligenza e perciò inevitabilmente efficace, tornerà presto grande, deve solo ritrovare un po’ di serenità.
Vuoi replicare a chi invoca le tue dimissioni da ct?
Francamente a chiedere le mie dimissioni sono sempre le stesse persone fin dall’inizio del mio mandato. Cambiano nickname, mandano avanti amici a esprimere il loro pensiero, ma sono sempre loro, sempre la stessa matrice. Io ho sempre fatto le mie scelte con assoluta onestà morale, e ciò non vuol dire che sono infallibile, ma che ho sempre fatto ciò che in coscienza ho ritenuto fosse giusto, motivando le scelte e consultandomi con il mio staff, con cui quasi sempre ho condiviso all’unanimità le posizioni. Chi mi conosce e ha lavorato con me sa bene che è così. Rispondo delle mie scelte al Consiglio (per dovere) e non mi sono mai tirato indietro con chiunque mi abbia chiesto spiegazioni (per educazione e cortesia). Se i motivi delle mie scelte non convincono, sono disponibile a discuterne con tutti. Mi rendo conto che il mio ruolo sia istituzionalmente soggetto ad attacchi e critiche, ne prendo atto e subisco serenamente, consapevole che gli attacchi strumentali fanno parte del gioco. Curioso notare come nessuno di questi detrattori abbia commentato la straordinaria ascesa dei maschi dove, “naturalmente”, io non ho merito alcuno… mentre ho ogni demerito possibile nella “caduta” delle donne… Io mi preoccupo del parere delle persone che stimo, e che mi danno la loro opinione senza pregiudiziali, quelle le ascolto sempre volentieri e, talvolta ne condivido il pensiero e lo faccio mio. Considero la critica produttiva, se ispirata a contenuti, se invece è costruita strumentalmente in malafede e fondata sul dato di fatto che si deve screditare l’uomo con la finalità personale di fare spazio ad altri, allora diventa poco credibile e degna di attenzione. Devo dire che gli attestati di stima superano di gran lunga le inconsistenti critiche. Mi sembra che sotto la mia “gestione” si sia vinto più che in ogni altra epoca recente: quattro mondiali se non contiamo il quinto (Paolo Milanoli) al mio primo mandato. Attenzione, il merito non è certo mio, bensì dei Club e dei loro tecnici: i ragazzi della Nazionale non li alleno io, ma si allenano a casa loro con i loro maestri e preparatori, e solo quattro settimane nella stagione con il mio staff e sotto la mia direzione. Personalmente, non credo che per come siamo strutturati, io riesca a incidere più di tanto nella preparazione tecnica e condizionale del gruppo Nazionale. Il mio è un lavoro di gestione e selezione, più organizzativo-amministrativo e politico-sportivo. Se c’è un posto dove si può leggere la mia vera filosofia tecnica di allenamento è nel Club che ho messo in piedi nel 2004 prima del mio secondo mandato, e dove ancora oggi ho una forte influenza programmatica e gestionale, pur non lavorandoci più a causa degli impegni Nazionali. Per pura fortuna e combinazione, dopo soli 12 anni di attività, oggi quel Club è la prima società in Italia di spada negli under 23 ed è una delle poche società civili in A1, con tutti atleti propri, nessuna importazione. Questa probabilmente è la migliore garanzia che la mia filosofia di lavoro, pur non essendo la migliore possibile, funziona. Ogni altra congettura diffidente sulle mie competenze dovrebbe essere motivata da fatti altrettanto concreti. Ci siamo inventati i CAF, gli allenamenti CAF Decentrati, ho fatto impazzire la segreteria Federale (che ringrazio pubblicamente per la pazienza accordatami in questo periodo…) abbiamo tentato ogni strada possibile per elevare il livello qualitativo degli allenamenti quotidiani in sede dei nostri atleti di punta più isolati, ce l’abbiamo messa tutta, tutti e tutte, ma è andata così, è la legge dello sport: ora si volta pagina e si guarda dritto avanti ai prossimi obiettivi.
Twitter: GabrieleLippi1
Foto di Augusto Bizzi per Federscherma