Valerio Cuomo commenta la medaglia di bronzo vinta nella prova individuale di spada maschile Giovani.
Sulla sua divisa un cognome che per la scherma italiana significa tanto. In pedana, una scherma frizzante che assalto dopo assalto, lo ha condotto fino a un’inattesa medaglia di bronzo. Perché quando Valerio Cuomo è salito in pedana, i suoi obiettivi iniziali erano altri: «Ho approcciato alla gara con una testa un po’ diversa da quella dei miei compagni. Rispetto a Gabriele (Risicato, ndr) o Federico (Vismara, ndr) ho un’età diversa, ciò che volevo era solo far valere in gara tutto il lavoro fatto in allenamento, ma soprattutto conquistare un posto in squadra anche per i Mondiali».
È un vero e proprio fiume in piena, Cuomo jr, nel raccontarci le sensazioni uniche del suo dopogara ma senza dimenticare le premesse, che stanno tutte nelle parole del suo Maestro Carmine Carpenito alla vigilia della partenza per Novi Sad: «Prima della partenza ha voluto parlarmi per tranquillizzarmi e dirmi di vivere quest’esperienza con il minor peso possibile. Mi ha detto che per questo circuito sono ancora molto giovane e che queste gare avrei dovuto utilizzarle per costruirmi un bagaglio di esperienza». Ed è proprio sulla scorta di queste parole che ha cominciato la sua gara, soprattutto durante l’intera fase a gironi, la più delicata di ogni competizione: «Ho sempre avuto paura all’idea di lavorare tanto e poi veder tutto compromesso per colpa dell’emozione che inevitabilmente una gara di questo livello comporta. Quindi ho iniziato prestando la massima attenzione a ogni movimento, per fortuna ho vinto il primo assalto 5-0 e mi sono sbloccato».Il vero clic però è scattato con l’inizio della fase ad eliminazione diretta a cui è approdato saltando il turno preliminare dopo aver chiuso la pool con 5 vittorie e una sola sconfitta: «In questa fase tutto cambia, perché soprattutto nella spada le carte si mischiano e puoi trovare chiunque sul tuo cammino. All’inizio ho avuto un po’ di paura, poi mi sono sciolto e ho vinto 15-11. Ed è qui che il mio approccio alla gara è cambiato: ai 32 ero arrivato, brutte figure non ne avevo fatte e tutto quello che sarebbe potuto arrivare da lì in poi era solo guadagnato. Questo mi ha permesso di tirare tranquillo e senza pensieri i successivi assalti, che infatti sono stati quelli che ho vinto più nettamente».
Tutt’altra musica, invece, il quarto di finale contro Bielec, che per il giovane napoletano ha rappresentato senza ombra di dubbio il momento più difficile della sua giornata: «L’avevo già battuto a Udine in Coppa del Mondo, conoscendomi non mi sarei mai potuto perdonare una sconfitta in un assalto che potevo vincere. Nell’ultimo periodo mi sono trovato sotto 6-9, ma in quei tre minuti ho dato tutto me stesso, vincendo anche se non mi sentivo più le gambe! Ma volevo a tutti i costi andare avanti, prendermi quella medaglia».
A fine giornata, malgrado la sconfitta maturata in semifinale, il proverbiale bicchiere non può che essere pieno, non solo per metà: «Ho raggiunto una medaglia Europea al primo anno fra i Giovani. Ed io che fino a un mese fa non credevo minimamente alla possibilità di venir convocato. Devo ringraziare Guido Marzari, Maestro di staff, con cui ho chiacchierato nelle due ore d’attesa prima della semifinale. Mi ha fatto capire che il lavoro paga sempre e che mi sono ampiamente meritato il risultato che ho ottenuto, ma anche che è sbagliato accontentarsi. E infatti in semifinale ho dato veramente tutto, anche quando ero sotto, ma non mi sono arreso e ho lottato fino alla fine. All’inizio ero arrabbiato, sono uno che non accetta facilmente le sconfitte, ma a freddo mi sono reso conto che quanto fatto era più che sufficiente per essere felice». Felice sì, ma con il senno di poi qualcosa per poter cambiare l’esito della semifinale si sarebbe potuta fare: «Potessi cambiare qualcosa di tutta la giornata, sicuramente sarebbe la gestione tecnica della semifinale: ho sbagliato l’approccio, con tempi e azioni sbagliate. Ma le potenzialità per vincere anche quell’assalto sento di averle».
Fotografia Augusto Bizzi per Federscherma