Errigo: «Rio? Un sogno, non un’ossessione»

Recuperata la piena forma fisica, Arianna Errigo guarda con fiducia alla gara di Rio. Sognando l’oro, ma senza ossessioni.

 

«Vogliamo inseguire un sogno. Ma una cosa è inseguire un sogno e un’altra cosa è inseguire un’ossessione». Parole e musica di Josè Mourinho. Un personaggio caro ad Arianna Errigo, interista fino al midollo. Sono passati quattro anni da quella finale di Londra che proiettò nell’Olimpo Elisa di Francisca e regalò alla monzese una delle delusioni più cocenti della sua carriera. Ci riproverà, Arianna: mercoledì 10 agosto è già una data segnata con il proverbiale circoletto rosso. Un lungo countdown di cinque mesi, durante i quali lavorare per affinare tutti i dettagli e presentarsi al meglio ai nastri di partenza.

Intanto c’è una condizione fisica finalmente ottimale, altra vita rispetto al finale della scorsa stagione quando toxoplasmosi, citomegalovirus  e adenovirus avevano minato il fisico e, in parte, le certezze della fiorettista azzurra. E poi c’è una gran voglia di fare bene, e dare del proprio meglio sulle pedane olimpiche. Sognando l’oro, ma senza ossessioni: perché la storia lo ha insegnato, la leggerezza del sogno trionfa spesso sull’oppressività delle ossessioni.

Sin qui una grande stagione, si può dire finalmente che stai bene…

Si adesso si per davvero! Ora sono definitivamente guarita. A inizio stagione ho un po’ arrancato a livello fisico perché chiaramente ero reduce da un finale di scorsa stagione in cui sono stata male, ma adesso sto bene, mi alleno con regolarità e continuità senza alcun problema. Per colpa di quei virus mi si era ingrossata la milza, ho dovuto fare un mese a letto e questo è stato devastante per il fisico. Peraltro da quando è cominciata la fase di qualificazione olimpica, il calendario era così fitto che non riuscivo né a recuperare il tempo perso né tantomeno le energie spese. E quindi fra Europei e Mondiali non sono riuscita ad allenarmi come volevo e a fare bene come avrei sperato. Soprattutto perché non era un “semplice” Mondiale ma c’era in palio la qualifica olimpica in un’edizione senza gara a squadre e in cui lottavo con altre italiane fortissime.

Programmi da qui a Rio, oltre naturalmente alle gare che restano?

Abbiamo programmato una serie di ritiri, più o meno uno al mese, anche se chiaramente con l’avvicinarsi dell’appuntamento questi si concentreranno di più. Quanto a me, mi sono presa meno vacanze del solito! (ride, ndr). Mancano cinque mesi ormai, queste gare che mancano le prenderò come test, per confrontarmi con alcune avversarie e studiare qualche accorgimento tecnico che ancora manca. Per ora sono tranquilla e non vedo l’ora di gareggiare lì, e questo secondo me è molto bello.

Citando un personaggio a te caro, ovvero Josè Mournho, Rio per te è un sogno o un’ossessione?

Ovvio che ci penso tutti i giorni, ma ci penso in maniera tranquilla. Quando una ha un sogno, è normale che ci pensi tutti i giorni, ma non in maniera ossessiva. Chiaro, è una medaglia che io vorrei ottenere, il mio sogno è sempre stato quello di vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi: l’esserci arrivata così vicina a Londra ma averla persa mi ha chiaramente dato quello stimolo in più. Io quella medaglia d’argento non me la scorderò mai, tutti i giorni ho un flash di quella finale. Però, ripeto, sempre in maniera molto tranquilla: il dispiacere e il rammarico ci sono, ma ora bisogna pensare solo a tirare bene a Rio. Giorno dopo giorno questa voglia cresce, e sono consapevole che comunque è una gara secca, che si svolge in un giorno e che ci sono molti fattori che la possono condizionare, ma so anche che se mi faccio trovare pronta quel giorno, il risultato lo si può ottenere.

Saranno ancora Di Francisca e Deriglazova le tue avversarie più accreditate?

Sono quattro assalti, io voglio solo tirare al massimo e non pensare a come si chiama l’avversaria. Altrimenti diventa ancora più difficile: quella Olimpica è una gara a sè, basta sbagliare un assalto e si rischia di buttare via quattro anni di lavoro. Preferisco concentrarmi su me stessa per cercare di tirare bene quel giorno e avere sensazioni positive indipendentemente dalla mia avversaria del momento, senza star lì a pensare di voler una piuttosto che l’altra o l’altra ancora: alla fine se si vuol vincere l’oro le devi battere tutte!

Nel frattempo però “giocherai” anche a fare la sciabolatrice…

Si, farò il campionato a squadre, che peraltro ho già vinto. Per quest’anno faccio solo la gara a squadre, per l’individuale magari per il prossimo anno (ride, ndr). La mia scherma è molto aggressiva, quasi da sciabolatrice e anche se con il tempo fioretto e sciabola si sono un po’ allontanate come concezione, io sono rimasta con quell’impronta.

Confesso che sarebbe intrigante un giorno vederti sfidare le grandi campionesse della specialità, hai mai pensato di rendere continuativo il tuo impegno nella sciabola?

No, non credo che passerò dal fioretto a sciabola, anche se Rio dovessi vincere l’oro. Prima di Londra però l’avevo detto, che in caso di oro ci avrei fatto un pensiero al cambio di arma. Perlomeno ci avrei provato per un anno, due. Dopo il Brasile sicuramente continuo, anche perché il bello è arrivato adesso. Poi dopo il Brasile non escludo possano succedere tante altre cose, come avere una famiglia o fare esperienze al di fuori della scherma, però continuo assolutamente

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Fotografia Augusto Bizzi per Federscherma
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