Per Dershwtiz prima vittoria in Coppa del Mondo a poco più di vent’anni. Abedini si dimostra atleta in crescita.
La prima volta di un Campione annunciato e la maturazione di un ragazzo che, a 32 anni, trova la miglior stagione della sua vita e aggiunge definitivamente l’Iran alla mappa di uno sport, la scherma, che sempre di più vola verso una dimensione globale e globalizzata. Eli Dershwitz, dagli Stati Uniti, e Mojataba Abedini, dall’Iran, si sono trovati l’uno di fronte all’altro nella finalissima del Grand prix di Seul, dopo aver estromesso d’autorità rappresentanti di scuole tradizionali come quella italiana (Diego Occhiuzzi) e russa (Nikolay Kovalev). Risultati che sono tutt’altro che sorprendenti: l’uno è il nuovo che avanza, il ragazzo che dopo aver fatto grandi cose a livello Giovani, sembra pronto per raccogliere tanto anche fra i “grandi”; l’altro è più esperto, ma che con grande lavoro è arrivato stabilmente ai piani alti delle classifiche e, ad ogni gara, rappresenta un avversario pericoloso da incontrare si spera il più in là possibile.
Si sono trovati l’uno di fronte all’altro per giocarsi una vittoria Grand Prix con punteggio maggiorato. Ha vinto il più giovane, il talento cristallino che già nell’Under 20 imponeva la sua legge: un bronzo e un argento, prima del meritato trionfo finale a Tashkent lo scorso anno, giusto all’ultima occasione buona prima di salutare la Categoria e volare in pianta stabile fra gli Assoluti, sebbene già allora vantasse qualche apparizione in Coppa del Mondo. Veloce, tecnico, spettacolare: c’è tutto in lui per poter sfondare anche a livelli altissimi. Lo rivedremo in azione a Rio, dove andrà assieme a Daryl Homer, altra colonna portante di una nazionale – quella americana – che a pian piano si è issata in testa al ranking di categoria e che guarda con assoluta fiducia ai prossimi Mondiali di aprile. Con il compagno che al momento appare in leggera difficoltà, adesso sembra proprio il giovane Eli la carta forte in mano agli Usa per la gara a Cinque Cerchi.
I quarti di finale a Varsavia, ora la vittoria d’autorità a Seul, costruita anche prendendosi scalpi di prestigio come quelli di Max Hartung, Bongil Gu e Nikolay Kovalev, tutti battuti con punteggi abbastanza netti: difficile metterlo fra i favoriti assoluti per agosto, ma un posto fra gli outsider scomodi se lo è ampiamente meritato, al netto del fatto che in una gara secca con quella posta in palio tutto e di più può accadere.
Non ci sarà, invece, a Rio Abedini, con l’Iran che sarà invece rappresentato dal compagno Ali Pakdaman. Un peccato, vista la stagione messa in pedana dal trentaduenne atleta che sta trovando in questa annata il suo magic moment. La finale di Seul è solo la punta dell’iceberg di una stagione che lo ha visto quasi sempre fra i protagonisti: due finali a otto a Tbilisi e Padova (dove ha fatto sudare non poco Aldo Montano, prima di alzare bandiera bianca al livornese poi vincitore), gli ottavi di finale a Varsavia. In mezzo, un unico vero passo falso, a Budapest quando non riuscì a centrare il tabellone principale. Problema che ora non è più nell’elenco, perché grazie a questa super stagione, Abedini ha raggiunto la dodicesima piazza del ranking.
Scherma essenziale e senza troppi fronzoli la sua, che spesso e volentieri mette in difficoltà i big: detto di Montano a Padova, che però è riuscito a piegarlo, sotto la sua lama sono caduti – giusto per rimanere all’ultima gara – Aron Szilagyi e il coreano Kim Junghwan oltre a Diego Occhiuzzi, mentre anche Tiberiu Dolniceanu ha avuto non pochi grattacapi contro di lui, perdendo a Padova e vincendo solo all’ultima stoccata a Tbilisi. Un brutto cliente per tutti, quindi, il ragazzone iraniano, prodotto dell’ennesima nuova scuola che comincia ad affacciarsi in una scherma che scova i suoi attori da sempre più parti del Mondo. Talenti puri, ma anche chi con pazienza e tanto lavoro riesce finalmente ad arrivare in alto. E gli amanti di questo sport sentitamente ringraziano.
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Fotografia Mark Deibert/Fie/Facebook