Italia: Torun è solo una tappa verso Rio

Sei medaglie, una sola d’oro. Ma nell’anno olimpico, l’Europeo è poco indicativo. 

 

Né soddisfatti (e come potremmo esserlo) né preoccupati. Tanto meno sorpresi. Chi si aspettava un Europeo di Torun pieno di medaglie per l’Italia, forse, aveva dimenticato Legnano, e quella cadenza quadriennale che fa rima con Olimpiadi e rende il penultimo appuntamento della stagione poco più che un impegnativo allenamento di rifinitura da condurre con carichi di lavoro pesantissimi sulle spalle e nelle gambe.

L’Italia non ha brillato. Un solo oro, ma di capitale importanza. Perché vincendo la prova di fioretto femminile, Arianna Errigo si è presa uno dei due titoli che mancavano al suo palmarès (il secondo, indovinate un po’, se lo giocherà tra 45 giorni in Brasile). E ha dimostrato, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che anche quando la sua scherma non è al massimo lei rimane al top mondiale. Quattro argenti, tutti nelle prove a squadre, e il bronzo di Giorgio Avola nella gara di fioretto maschile individuale.

Segnatevi bene il numero delle medaglie – sei – perché è quello che potremmo avere anche a Rio. Personalmente immagino le due dal fioretto femminile individuale, quelle delle prove a squadre di fioretto e spada maschile, poi metto in conto almeno un paio di acuti da individualisti che a Torun non hanno fatto bene. Gli spadisti hanno tutti le carte in regola per andare a podio, presi singolarmente e come gruppo. L’argento europeo conquistato dopo aver superato l’Ucraina è un segnale chiaro. Non ci sono più tabù, persino la Francia, che ci ha battuti in finale, è un avversario alla nostra portata. E con un Marco Fichera in più nel motore l’impressione è che ci si divertirà molto in Brasile.

Discorso simile per i fiorettisti, con Giorgio Avola in grande condizione, Andrea Cassarà e Daniele Garozzo un po’ più indietro ma comunque sulla strada giusta, Andrea Baldini che disputerà solo la prova a squadre dove sarà la solita sicurezza. Se devo poi indicare una possibile sorpresa, direi la sciabola femminile. Le qualità alle ragazze non mancano (Vecchi, Gregorio e Bianco hanno – nella loro storia – medaglie internazionali pesanti e grandi prove in Coppa del Mondo, Gulotta sta bene come non le capitava da anni), ma i risultati recenti raccontano di una squadra che non riesce proprio a salire sul podio, fermandosi spesso a un passo dalle semifinali o al quarto posto. E se quel passetto in più dovesse arrivare proprio ai Giochi?

Ma la differenza, rispetto a Torun, potrebbero farla soprattutto Rossella Fiamingo e Aldo Montano. Il secondo ha saltato l’Europeo per recuperare al meglio dopo l’operazione alla spalla, sarà alla sua ultima Olimpiade, vuole vincere e all’ultimo Luxardo ha dimostrato di essere in grado di farlo anche se non è al 100% della condizione (eufemismo per raccontare di una gara dominata con una spalla fuori uso e una gamba quasi inutilizzabile dai quarti di finale). La prima, in Polonia, c’era, ma non ha brillato: undicesima nell’individuale e settima con la squadra. Ma Rossella è una che negli ultimi anni ci ha abituato a stagioni così così e acuti formidabili nei momenti decisivi. I titoli mondiali vinti nel 2014 e nel 2015 sono nati così. Ecco perché quello di vederla sul podio a Rio è decisamente più che un auspicio.

Se Torun ha dato qualche promozione e ha rimandato qualcuno ad agosto, una bocciatura secca è arrivata. Quella della spada femminile. La squadra non sarà a Rio perché ha mancato la qualificazione scivolando in un anno dal primo posto del ranking all’ottavo, si sta rinnovando e sembrava poter ritrovare la strada giusta. Ma il quinto posto di Legnano, con la sconfitta ai quarti con la Cina arrivata solo alla priorità e una serie di prove di grande autorevolezza, è stato immediatamente smentito dal settimo di Torun, con la pesantissima eliminazione nelle otto targata Estonia. Qui non possono esserci discorsi di condizione da trovare (per tre quarti del quartetto, l’Europeo era l’impegno fondamentale dell’anno) né ci si può appigliare alla superiorità delle avversarie. Kirpu, Beljajeva, Embrich e Kuusk non sono più forti di Fiamingo, Navarria, Rizzi e Santuccio. Non è un problema di qualità individuali, ma forse di dinamiche di squadra, di distribuzione di compiti e suddivisione del lavoro, e magari anche un po’ di convinzione. Se la spada maschile è riuscita a diventare una delle migliori squadre del mondo in un anno, costruendo un gruppo unito e sicuro dei propri mezzi, perché non si può tentare lo stesso percorso anche al femminile?

 

Twitter: GabrieleLippi1

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Foto di Augusto Bizzi per Federscherma
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