Il campione della spada francese, che ha detto addio alla scena agonistica lo scorso maggio, si racconta a Pianeta Scherma. Fra passato, presente e futuro. Suo e della spada transalpina.
Con la Francia ha vinto tutto quello che poteva vincere: sette Mondiali (di cui uno individuale, a Kazan nel 2014), un Oro olimpico a squadre e tante gare in Coppa del Mondo. Lo scorso maggio, al termine del Trofeo Monal, Ulrich Robeiri ha maturato la decisione di apprendere la spada al fatidico chiodo e porre fine a una carriera straordinaria.
Ora il campionissimo francese si prepara alla sua nuova vita, lontano dalle pedane e senza più girare il Mondo per gareggiare. Nel frattempo, si racconta a Pianeta Scherma, parlando della sua carriera, del suo futuro e di quello della spada francese, attesa – una volta che si saranno spente le luci olimpiche – da una rivoluzione tecnica e da un ricambio generazionale che vedrà molti dei vecchi bucanieri lasciare la scena.
Quando e perché hai deciso di ritirarti?
Ho scelto di lasciare il mondo della scherma già un po’ di tempo fa. Nel 2012, infatti, quando ho deciso di continuare il mio percorso di atleta, l’ho fatto con la consapevolezza che questo sarebbe terminato non più tardi del 2016. Ovviamente speravo di poter terminare la mia carriera con la partecipazione ai giochi olimpici ma, sfortunatamente, non ci sono riuscito. Dal 2012 fino ad oggi, ho avuto la sensazione che, anno dopo anno, tutto in pedana fosse più difficile: non sono più veloce e performante come un tempo. Soprattutto dal punto di vista fisico, nonostante lavori più di prima, tutto mi risulta più faticoso. Sono consapevole di non di essere più in grado di tirare avendo come obbiettivo la vittoria, cosa che ho sempre fatto finora. Ma la cosa che mi ha maggiormente portato a prendere questa decisione è la voglia che ho di occuparmi di altro: gran parte della mia vita ruota attorno alla scherma ed è dunque giunto il momento di cambiare.
È stato difficile prendere questa decisione?
Non particolarmente. Credo sia il momento giusto per fermarsi. Tuttavia sono 20 anni che mi alleno tutti giorni, quindi, smettere così, di punto in bianco, è per me molto strano. Ma allenamenti e gare a parte, la scherma per me è anche i bei momenti condivisi con i miei amici e i nuovi legami che ho stretto nel corso degli anni.
Quali sono i tuoi progetti per l’avvenire?
Lavoro da più di 6 anni come ingegnere informatico, quindi, il mio futuro professionale è già delineato. Tuttavia credo che avrò bisogno di altro per maturare e crescere ulteriormente. Ho bisogno di trovare qualcosa che mi appassioni, ho bisogno di adrenalina. Non so ancora cosa sarà questo “altro”, ma sono certo di voler sperimentare qualcosa di nuovo, magari un altro sport di combattimento. In questo momento non sono certo di cosa farò, il mio addio alla scherma è così recente che ho bisogno di prendermi un po’ di tempo.
Se potessi tornare indietro nel tempo, cambieresti qualcosa del tuo percorso o lasceresti tutto così com’è?
Ho avuto alcuni momenti difficili nel corso della mia carriera, ma credo che siano stati legati alla mia personalità, al mio modo di essere. Alcune sconfitte hanno influenzato il mio percorso e mi hanno, a volte, portato a vincere. Certo, c’è qualche match che avrei potuto gestire diversamente, per esempio ai Giochi Olimpici del 2008, ma è andata così. Ci sono delle volte in cui, nel nostro sport, tutto va molto, troppo veloce. Sicuramente avrei potuto ottenere qualcosa di più, ma nella vita non si può lottare da soli, anche gli incontri sono importanti. Ci sono delle persone che ci aiutano nel nostro percorso, che ci fanno andare avanti.
Qual è stato l’avversario più ostico che tu abbia mai incontrato?
Ce ne sono stati tantissimi! Ho affrontato molti ottimi tiratori. Farne una lista, che risulterebbe comunque lunghissima, sarebbe troppo difficile.
Nel tuo futuro resterai nel mondo della scherma o cambierai totalmente vita?
In questo momento non saprei rispondere. Attualmente lavoro in un ambito che non ha nulla a che vedere con la scherma, quindi non credo che farò l’allenatore, ad esempio. In ogni caso ho riflettuto anche su questo, sul restare in un qualche modo in contatto con il mondo della scherma. Nel corso della mia carriera ho analizzato diversi aspetti del nostro sport, mi sono concentrato sugli allenamenti e, soprattutto, sul come migliorarli, ma anche sulla resa durante le gare. Mi piacerebbe poter condividere queste mie riflessioni con qualcuno ma, per il momento, non saprei in che modo farlo.
Hai visto scendere in pedana diverse generazioni di spadisti francesi, chi è stato il tiratore più forte?
Lo schermitore francese più dotato con il quale io abbia mai avuto a che fare è sicuramente Fabrice Jeannet. Ti dava l’impressione che tutto fosse facile. Penso che se oggi lo si svegliasse nel bel mezzo della notte per tirare, non si noterebbe nessuna differenza rispetto a quando tirava con regolarità. La sua capacità di rispondere “presente” in occasione dei grandi appuntamenti e nei momenti chiave dei match era sorprendente. È lo schermitore più imprevedibile che io conosca e carcare di stabilire in anticipo come possa concludersi un assalto contro di lui è pressoché impossibile.
E la squadra?
La squadra più forte, invece, potrebbe essere quella del 2008 composta da Fabrice Jeannet, J. Jeannet, J. M. Lucenay ed io. Quell’anno abbiamo vinto gli Europei e le Olimpiadi. Siamo arrivati assieme al termine di un percorso durato 4 anni e e fra di noi c’era grande intesa.
Chi potrebbe essere il tuo “successore” nella spada francese?
Ci sono già dei tiratori, come Daniel Jérent e Yannick Borel, che hanno dimostrato di avere grandi capacità. Hanno le potenzialità per vincere un Campionato del mondo ma spetta soltanto a loro scrivere la propria storia… E poi ci saranno sicuramente altri atleti promettenti che emergeranno dopo la mia partenza.
Che Francia lasci?
Ci saranno molti cambiamenti il prossimo anno: alcuni atleti esperti smetteranno e ci sarà un nuovo allenatore. Per esempio, Jean Miche Lucenay, Gauthier Grumier ed io siamo stati gli ultimi ad essere allenati da Michel Sicard e Stephane Riboud. Due allenatori che hanno molto influenzato il nostro modo di tirare e la nostra mentalità in pedana. Quando sono arrivato al centro di allenamento nazionale (INSEP), ho imparato tanto guardando gli altri allenarsi e ascoltando i consigli dei più esperti del gruppo. In seguito ho provato a trasmettere ai miei compagni di allenamento la mia visione di gioco, la serietà che bisogna avere ogni giorno durante gli allenamenti e il sostegno necessario in un gruppo come il nostro. La storia dei tiratori che verranno sarà sicuramente diversa dalla mia, ma la squadra francese resta forte.
C’è un assalto che ricordi con particolare emozione?
La mia vittoria ai campionati del mondo di Kazan è stato qualcosa di particolare. Ho tirato in finale contro il coreano Park K., con il quale, in tre precedenti scontri, avevo sempre perso. Quel giorno, però, sentivo che avrei potuto vincere e non volevo farmi scappare questa occasione. Ho vinto diverse gare di CDM ma non ho mai provato un totale soddisfazione, sentivo che ero alla ricerca di altro. Quando ho vinto a Kazan ho capito che quella era la vittoria che stavo cercando da tutto l’anno.
Cosa significa per te la scherma?
La scherma ha dato il ritmo alla mia vita per molti anni. Non soltanto il mio calendario era scandito dagli impegni sportivi, ma io stesso pensavo sempre alla scherma, cercando di trovare un modo per migliorarmi. Ero sempre pronto ad allenarmi per cercare di raggiungere la perfezione. Anche se mi diverto molto quando tiro, penso sempre a cosa potrei fare per migliorarmi. La bellezza della scherma e, in particolare, della spada è che si tratta di uno sport in cui tutti hanno una possibilità. Ognuno può mettere in mostra le sue qualità: tecniche, fisiche e tattiche. Ci sono molti parametri che possono determinare il risultato di un match. E’ questo che rende difficile il nostro sport.
Indica tre aggettivi per descrivere la spada
Decisione, creatività e combattività
Ha collaborato Francesca Forno
Twitter: @RenaBoschetti
Fotografia Marie – Lan Taÿ Pamart
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