Rossella Fiamingo è medaglia d’argento a Rio. Oro per Emese Szasz, bronzo per Yiwen Sun.
È mancato solo il lieto fine. Un paradosso amaro, dopo una gara fenomenale, in cui si è vista la vera Rossella Fiamingo, quella di Kazan e Mosca. Un finale crudele, rimontata sul più bello dopo tanti recuperi che avevano fatto, nel corso della giornata, la sua fortuna. Una gara spesso passata a rincorrere e a rimetter in piedi assalti che sembravano persi. Prendete la semifinale contro Yiwen Sun – poi bronzo a fine serata dopo la vittoria su Lauren Rembi – che sull’8-11 sembrava essere scappata definitivamente verso la finale e che invece si è vista rimontare e soffiare sul più bello il biglietto per la finalissima. E invece, quando ormai la medaglia d’oro sembrava incamerata sul +4 e la Szasz ormai alle corde, è sembrato che la luce si fosse spenta: da lì un monologo della magiara, che arriva sul 14-12 e poi chiude con un colpo doppio la più bella giornata di una carriera di altissimo profilo ma a cui era mancato il vero acuto.
Che per Rossella quella di oggi potesse essere una giornata particolare lo si è intuito fin da subito. Leonora Mackinnon infiocchetta l’eliminazione della Pop regalandole un debutto più agevole che non quello con la scorbutica romena, mentre dall’altra parte del tabellone succede di tutto e di più: Tatiana Logunova si auto-elimina andandosi a schiantare sulla punta della giapponese Nozomi Sato, mentre Anqi Xu, l’altro spauracchio della Fiamingo, cade per mano di Marie Florence Candassamy. E se poi anche le altre russe, Violetta Kolobova e Lyubov Shutova salutano prima del dovuto la lotta per le medaglie, il discorso si fa davvero interessante.
Eppure la Fiamingo pare contratta: una prima manche di studio, poi via a costruire i suoi successi nelle altre due parti dell’incontro. Succede così con la Mackinnon, e lo stesso copione viene poi ripetuto nella triplice sfida alle asiatiche. E allora vai con il filotto: prima la cinese di Hong Kong Vivian Man Wai Kong, quindi la coreana Injeong Choi (che aveva appena dato una cocente delusione ad Ana Maria Popescu) e il capolavoro alla Vezzali fatto contro la cinese Yiwen Sun, a guadagnarsi il pass per la storia: in palio c’è la medaglia d’oro numero 200 della storia azzurra alle Olimpiadi ma non solo. C’è il biglietto per la leggenda, per completare un’impresa mai riuscita nemmeno a chi è considerata la più grande spadista di sempre, ovvero Laura Flessel: vincere l’oro Olimpico dopo due Mondiali di fila.
A ribellarsi alla storia, ci a però pensato Emese Szasz. Campionessa vera l’ungherese, donna da 10 vittorie in Coppa del Mondo e sedici podi complessivi, che a 33 anni vive la giornata più bella della sua vita schermistica e non solo. Brava a non mollare nulla, a non arrendersi anche quando, dalle corde di bordoring, vedeva allontanarsi sempre di più la medaglia d’oro. Da lì la rimonta, il controbreak che dal -4 l’ha portata alla parità e quindi al sorpasso. Fino al colpo doppio che mette la firma sul 15-13 definitivo.
Resta una bellissima medaglia d’argento, tutta da godersi e da baciare sul podio con il sorriso di chi in una gara ha spazzato via dubbi e critiche che si erano addensate su di lei dopo una stagione difficile, decisamente sotto le aspettative di una bicampionessa del Mondo. Ma a soli 25 anni e con un posto già assicurato nel gotha della scherma non solo azzurra – è la prima italiana a salire su un podio individuale nella spada femminile -per fare il grande passo c’è tutto il tempo.
Classifica – 1. Szasz (Hun), Fiamingo (Ita), Sun (Chn), 4. Rembi (Fra), 5. Besbes (Tun), 6. Moellhausen (Bra), 7. Choi (Kor), 8. Sato (Jpn)
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