Tre giorni, due medaglie, tutte siciliane. Come siciliani sono gli altri due migliori piazzamenti, quelli di Avola e Gulotta. La scherma italiana ha la potenza di un vulcano. Il commento di Dino Meglio.
Primi tre giorni di gara, e due medaglie azzurre. Guardando bene, si tratta di metallo forgiato nello stesso cratere, l’altoforno che troneggia su quell’isola che pare quasi calciata via dallo stivale italiano. E anche gli altri due migliori piazzamenti sinora conseguiti – quelli di Avola e Gulotta fermatisi negli otto – sono frutto della medesima terra.
Sicilia, terra di schermitori. Guardando ancor meglio la spedizione azzurra a Rio, si rileva che la presenza siciliana nella nostra compagine è strabordante. Militarmente occupata la spada, con tutti e quattro gli atleti titolari provenienti dall’isola dei ciclopi (Fiamingo, Fichera, Garozzo e Pizzo). Quasi altrettanto si può dire per quel che riguarda il fioretto maschile, con Avola e Garozzo e un terzo – Cassarà – che pur bresciano di cultura e nascita porta un cognome fieramente siculo. Completa la costellazione, un po’ più in là nella sciabola femminile, Loreta Gulotta
Già ai miei tempi ce n’erano in giro un bel po’: tra i miei compagni Arcidiacono e Scalzo, coi quali ho vinto l’oro olimpico a Los Angeles (e anche allora, nella squadra di spada, tirava Mino Ferro). Siciliano è il presidente federale, siciliano (d’origine) era il suo predecessore. Schermitori emigranti. Dei sette siciliani Doc presenti a Rio ben sei hanno fatto i bagagli e sono andati a cercare fortuna nel “continente”. Enrico Garozzo e Fichera a Milano, Gulotta e Pizzo a Roma, Avola a Livorno e Daniele Garozzo a Frascati. È rimasta a casa, sempre, la sola Fiamingo.
Gente tosta, abituata da generazioni a prendersi il futuro con le proprie mani. Così legati alla terra, così riconoscibili per quell’ipnotica cantilena che armonizza le loro parole, eppure pronti a fare fagotto senza guardarsi indietro, perché così va la vita ed è inutile gingillarsi in nostalgie da ricchi. Questo spirito pervicace appartiene a tutti i siciliani, anche alla borghesia da cui proviene la gran parte dei nostri eroi. Quel braccio di mare che separa l’isola dal resto della nazione ha preservato un’identità speciale, che sulla pedana trova una delle migliori tra le sue possibili esplicazioni. Guardateli, ascoltate l’urlo delle generazioni che apparenta la flessuosa leggerezza di Rossella e l’aspra ferocia di Daniele. Il denominatore sottostante, ritto e chiaro come il loro sguardo, è l’ostinata voglia di spuntarla contro ogni destino, senza indecorosi fronzoli. In una parola: combattere.
È proprio tutto ciò che serve per tirare giù la maschera e avventurarsi nei propri sogni più alti.
Dino Meglio
Fotografia Augusto Bizzi per Federscherma
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