Rivoluzione d’argento

Dietro al podio olimpico degli spadisti c’è un lungo lavoro durato un anno. Che ha trasformato una squadra sull’orlo del baratro in una macchina quasi perfetta.

 

Dodici mesi sono lunghissimi. Un periodo in cui può succedere tutto e il contrario di tutto. Può capitare che la squadra più forte del mondo vada in crisi e resti fuori dalle Olimpiadi, come che un’altra che sembra in un tunnel senza via d’uscita trovi la luce per raggiungere un argento meraviglioso. Un anno fa, l’Italia della spada maschile faticava per battere la Repubblica Ceca. Oggi fa a pezzi Svizzera e Ucraina, piegandosi solo a una Francia perfetta come raramente la si era vista nell’ultimo periodo.

E tutto è cominciato 12 mesi fa, a Mosca, battendo proprio la Repubblica Ceca alla priorità e scoprendo che, uniti e compatti, si poteva superare anche la Francia. A quei Mondiali, gli Azzurri rimasero senza medaglia, fermandosi ai piedi del podio, sconfitti – indovinate un po’ – proprio da Ucraina e Svizzera. Ma fu l’inizio di un cammino straordinario, fatto di 5 podi nelle ultime 7 gare, e una certezza sancita, ora, anche dal ranking: dietro ai francesi, nella spada maschile, ci sono gli italiani.

Fin qui la cronaca di un argento che tutti avremmo voluto fosse oro (perché sapevamo che loro si potevano battere, era già successo due volte nell’ultimo anno) e che a ben vedere vale come l’oro. Poi ci sono i dettagli, le ragioni di questo successo, i segreti di un gruppo che gruppo non era, ma ha saputo costruirsi e cementarsi sulle piccole cose. Enrico, Paolo, Marco e Andrea non erano amici. Non tutti e quattro insieme e contemporaneamente. Caratteri diversi, personalità contrastanti, e qualche “vaffa” di troppo volato in allenamento. Ma hanno avuto la forza e il coraggio di guardarsi in faccia, parlarsi con franchezza, affrontare le divergenze e puntare, tutti insieme, verso un unico obiettivo. La svolta, si diceva, è arrivata dalle piccole cose. Per esempio con la completa catanizzazione del team, quando anche Andrea Santarelli, che è nato a Foligno, ha cominciato a urlare “Forza ‘mbare” da bordo pedana. Piccoli dettagli affinati e cementati nel duro lavoro di tutti i giorni, con la spada in pedana o davanti a un video. E nella costruzione di una nuovo psicologia vincente grazie a un lavoro enorme che porta la firma di Luigi Mazzone, già campione italiano di spada e neuropsichiatra infantile con un corso alla Lumsa di Roma.

Se avete seguito la gara di ieri, tutto questo non può esservi sfuggito. Non potete non aver notato la straordinaria forza mentale di quattro ragazzi che, per almeno due terzi della loro gara, hanno tritato avversari fortissimi, prendendosi rivincite dal Mondiale e cancellando ancora una volta quel vecchio tabù chiamato Ucraina che, fino a un anno prima, sembrava una bestia nera indomabile. Una rivoluzione, più che una semplice evoluzione, una metamorfosi, la piena realizzazione di un potenziale che prima era solo intuibile e ora è ammirabile da tutti, come una crisalide che si fa farfalla e spicca il volo sui cieli di Rio de Janeiro.

 
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