Gianluca Farinelli e Riccardo Masini, tecnici delle armi della delegazione italiana, raccontano il loro lavoro ai Mondiali di Lipsia 2017
Lavorano dietro le quinte, ma sono sempre a bordo pedana per sostenere gli atleti, pronti ad ovviare ad ogni problema tecnico. Abbiamo incontrato Gianluca Farinelli e Riccardo Masini mentre il Mondiale volgeva al termine, e ci hanno raccontato di più del loro delicato lavoro all’interno della squadra.
Iniziamo con un bilancio di questa spedizione
Gianluca Farinelli – Assolutamente positivo, i risultati sono lì che lo dicono. Quando ci sono risultati significa che anche il nostro lavoro tecnico è andato a buon fine.
Riccardo Masini – Confermo. Inoltre è stato un mondiale abbastanza particolare e difficile, abbiamo dovuto superare anche alcune difficoltà presentate al momento, e speriamo di esserne usciti bene. Per ora i risultati ci danno ragione.
Volevo chiedervi proprio questo: ci sono stati intoppi o imprevisti?
Farinelli – Siamo in Germania, quindi c’è una certa rigidità anche doverosa che può mettere talvolta in difficoltà, i vari guasti in pedana dovuti al sistema wireless, che di fatto ha rallentato parecchio la competizione, non solo all’Italia ma anche agli altri. Il nostro ruolo è questo, siamo chiamati a far fronte a questi problemi.
Masini – Non ci sono solo difficoltà, anche note positive. Io percepisco molto anche un feeling che si crea con gli atleti, che in questa edizione è stato ancora più esaltato, forse perché facciamo una preparazione nel tempo per arrivare a questi appuntamenti. È molto bello il rapporto che si è creato con i ragazzi, le ragazze e tutto il resto del team.
Quanto è importante il sostegno del tecnico delle armi, che immagino debba far percepire all’atleta che tutto è sotto controllo?
Farinelli – Molto. Di fatto l’arma, che è il prolungamento del suo braccio, ti viene affidata. L’atleta ti delega completamente il compito di fare in modo che l’arma funzioni, ti chiede «è a posto?» se dici di sì, lui si fida. Devi appunto essere affidabile ed è importantissimo. Non è solo questione di confidenza o di intimità
O di amicizia
Farinelli – No, quella c’è perché sono assolutamente tutti bravi ragazzi, però sicuramente bisogna essere credibili ed affidabili.
Masini – Penso che lo scopo principale sia far sì che l’atleta faccia una prestazione in base alle sue capacità, deve uscire dalla gara sapendo di aver fatto bene per le sue capacità e non certamente per le nostre incapacità (ridono, nda). Penso che la cosa più gratificante sia riuscire a far esprimere l’atleta in base alle sue potenzialità. A chi non conosce bene questo sport dico sempre che è come portare una persona a fare il tiro a piattello con il fucile storto, può essere bravissimo ma il piattello non lo prenderà mai. Per ora penso che ci stiamo riuscendo, vediamo l’ultima ora.
Riguardo alle esigenze, ci sono differenze tra gli atleti o le armi?
Farinelli – Ci sono differenze tra gli atleti ed in base all’arma, le caratteristiche dell’arma dal punto di vista funzionale, elettronico e meccanico sono diverse tra di loro. Poi ci sono le peculiarità soggettive, caratteriali, di ognuno di noi, non solo dei ragazzi, che determinano una maggiore attenzione a certi particolari piuttosto che ad altri. Una maggiore precisione o attenzione quasi al livello della fobia, proprio per trovarsi in una situazione di sicurezza, dicevamo prima di essere affidabili e rigorosi, alcuni hanno la necessità di sentire questa sicurezza in modo costante e maggiore. Altri…tipo la sciabola (ridono, nda), anche per il carattere estroso degli atleti che la praticano, ha sicuramente meno attenzione ai particolari ed alle finezze.
Quindi i più esigenti sono fiorettisti e spadisti
Farinelli – Sì chiaramente le armi di punta sono fioretto e spada. La sciabola non ha grandi problemi di elettrificazione, quindi si elimina una parte piuttosto consistente ed importante. Cionondimeno anche lì c’è da fare, ma in modo diverso.
Masini – Io alcune volte dico che un pochino psicologi dobbiamo essere anche noi, perché siamo vicini agli atleti nel momento massimo della loro tensione agonistica. Trovare il giusto punto di incontro per chiedere se hanno bisogno di qualcosa, per intervenire al momento giusto, per trovare un ruolo nella sala, che a volte è un luogo ben determinato, è una parte importante del nostro lavoro. Preparare queste persone alla nostra vicinanza, frequentandoli, conoscendoli: ognuno di loro ha uno spunto, un’esigenza, un approccio, ognuno completamente diverso dall’altro. Bisogna essere preparati anche a non scambiarli, altrimenti viene fuori un disastro, questa è forse una delle cose più difficili che dobbiamo affrontare. Credo che a volte conoscere già gli atleti faccia la differenza, anzi, sia determinante per avere un risultato più che positivo a questi appuntamenti.
Twitter: @Ariariasally
Fotografia Augusto Bizzi