Filippo Romagnoli, maestro di Alessio Foconi, racconta la brillante stagione del suo allievo.
L’ha messo in guardia, poi hanno ricominciato a lavorare insieme qualche anno fa, Filippo Romagnoli ci parla dell’exploit che ha portato Alessio Foconi sulle pedane di Tbilisi e Lipsia, partendo dalla vittoria in Coppa del Mondo a Torino, attraverso l’ottima stagione appena conclusa, il mestiere di Maestro e gli obiettivi futuri.
La stagione di Alessio è stata straordinaria, non vorrei dire inaspettata perché era evidente che fosse forte, però forse ad Ottobre questo non era lo scenario più prevedibile per il futuro della Nazionale
Aveva dato dei segnali sicuramente negli anni recenti, ma forse mancava soprattutto la costanza nel rendimento, quest’anno è riuscito a trovare la giusta consapevolezza, più sicurezza in quello che può fare e sicuramente costanza. La cosa che mi conforta è che ci sono ancora enormi margini di miglioramento, può solo migliorare.
Se non erro non è molto che lavorate insieme
Io ho iniziato ad insegnare quando ho smesso di tirare, nel ’98, ed ho messo Alessio in guardia. Quando è arrivato Giulio Tomassini, nel 2000, ho affidato alle sue cure quelli un po’ più forti ed ho cercato di lavorare accanto a Giulio per assorbire il più possibile dal suo lavoro. Io ho insegnato fino al 2007, quando ho smesso per motivi di lavoro, ed ho ricominciato quando Tomassini è andato ad Avignone, nel 2012. A Terni serviva un altro maestro, anche per gestire un numero importante di bambini, non c’è voluto molto per convincermi, visto che questa è una malattia (ride, nda). Mi sono preso una bella responsabilità sia con Alessio che con Elisa Vardaro, che si sono trovati senza maestro in modo abbastanza inaspettato. Ho accettato ed è andata bene, almeno danni non ne ho fatti (ride, nda)
Alessio ha fatto una bella esplosione, anche Elisa ha avuto una buona stagione
Certo, anche considerando che Elisa due-tre anni fa era contenta di essere stata convocata in nazionale, ormai è tra gli azzurri in pianta stabile, è stata seconda in Coppa del Mondo a Cancun, seconda agli Assoluti Italiani. Io comunque l’ho detto a loro e lo dico sempre, per me poter lavorare con atleti evoluti che ti danno delle sensazioni importanti, chiare, non dico che sia stato facile ma ho forse imparato più io da loro che loro da me.Noi parliamo molto, con Alessio, con Elisa, ma anche con i bambini, per decidere insieme in modo che non vi sia imposizione. Cerco sempre di parlare con loro per capire le loro sensazioni, ovviamente con atleti maturi il dialogo è differente, si parla di cose molto più importanti e difficili. E con questo dialogo siamo cresciuti tutti credo, io sicuramente.
Il lavoro è cambiato molto?
No, la linea è sempre la stessa. Io sono nato e cresciuto magistralmente con Giulio, quindi ho condiviso tutto con lui, mi ricordo che mi doveva cacciare via, finché non accendeva il motore per andare via io gli chiedevo le cose con il finestrino abbassato (ride, nda). Tutt’ora ci sentiamo, condividiamo, parliamo, non solo con lui ma anche con gli altri maestri, Fabio Galli soprattutto, mi piace condividere e capire. Questo è uno sport per il quale non vale una ricetta assoluta, parlando, vedendo anche gli altri maestri, confrontandosi si può capire. Una lezione non può essere giusta o sbagliata, magari si è portati a giudicare, cosa sbagliata in assoluto, non solo nella scherma ma nella vita, certo bisogna capire se se è qualcosa che si può far proprio e trasmettere a qualche atleta oppure no. Questo sport è in continua evoluzione, quindi bisogna stare con le antenne dritte.
Certo, poiché è uno sport in cui la mente ha una grande importanza, immagino che il rapporto personale con ogni atleta conti molto
Sì, assolutamente, è fondamentale. Poi ecco, saper prendere Alessio in un modo, Elisa in un altro, ed il bambino in un altro ancora, ed entrare in sintonia, è importantissimo per far sì che ognuno tiri fuori al meglio le sue doti. Con Alessio abbiamo fatto un gran bel lavoro da questo punto di vista, perché lui ha preso man mano sicurezza, ed ancora ne può tirare fuori altra. Questo secondo me per lui è stato l’anno in cui si è davvero reso conto di quello che gli ho sempre detto, da quando ho iniziato a lavorarci: lui può giocarsela tecnicamente con tutti.
Ero a Torino, una bellissima gara e sicuramente ho notato una forza nuova e diversa.
Sì, abbiamo anche lavorato molto sulla misura. Ecco, se c’è una cosa su cui abbiamo lavorato ed ancora ci sono tante cose da fare che ho ben in mente, è la misura: ora lavora ad una misura molto più idonea per il suo tipo di scherma. Se sei stata a Torino poi, quella secondo me è stata la gara per lui perfetta. Poi chiaramente il maestro può dire all’atleta «sei forte, puoi batterti con tutti» però quando è l’atleta stesso a dimostrarlo a se stesso, si innescano tanti altri ragionamenti positivi. L’ha vissuto in prima persona e da protagonista, glielo si può dire ma se non raggiunge determinati risultati rimane sempre un’eterna promessa. Invece è stato lui a dimostrarlo e questo è stato fondamentale nel suo percorso per fare la stagione che ha fatto.
La squadra a Rio ha vissuto un momento difficile, e poi invece a Parigi in Coppa del Mondo ha avuto un bel risultato, fino all’oro di Lipsia. L’inserimento di Alessio ha portato una scossa negli equilibri?
Diciamo che Alessio non avrebbe faticato con nessun altro tipo di squadra, perché è un ragazzo empatico, che porta entusiasmo, allegria, poi sicuramente l’amicizia con Daniele Garozzo è trainante, ma lui è anche molto amico di Giorgio Avola, ha grandissima stima di Andrea Cassarà. Poi a Parigi non c’era Cassarà ma Lorenzo Nista, con il quale probabilmente c’è un rapporto diverso perché è più giovane.
Sì sono quasi coetanei, mentre Cassarà è il veterano
Sì è il decano. Però sia a Parigi che ai Mondiali ho visto una squadra. C’era la partecipazione di tutti ed è stato molto bello. La scherma alla fine è uno sport individuale, però la partecipazione totale di tutti è stata una bella cosa, che fa ben sperare. A parte Daniele che è il leader indiscusso, come carattere e come forza, e non è quasi mai mancato schermisticamente, quando mancava qualcuno gli altri erano pronti a recuperare.
Tutto questo lavoro è in vista di Tokyo o è troppo presto per pensarci?
No, secondo me dobbiamo pensarci. Come ho detto ad Alessio ed anche lui ne è consapevole, è sicuramente importantissima questa stagione, gli Europei ed i Mondiali, ma sono tappe per Tokyo. Il suo obiettivo è quello, e non dev’essere un peso, ma un percorso naturale. Se continua a fare bene ed a migliorarsi, sono tutte tappe di avvicinamento per arrivare alle Olimpiadi nella migliore condizione possibile. L’anno scorso Alessio mi ha detto una cosa che mi ha fatto piacere, io ne ero convinto ma sentirla dire a lui mi ha fatto ancora più piacere. Parlavamo della sua stagione, delle mancate Olimpiadi, giustamente ci sono state persone che l’hanno meritata più di lui, e lui mi ha detto «mi dispiace di non essere andato a fare l’Olimpiade chiaramente, di non essere riuscito a dimostrare quest’anno quello che valevo, ma a me di andare a fare le Olimpiadi per dire che le ho fatte non frega niente, se le vado a fare è perché le voglio vincere». Lui questi Mondiali voleva vincerli, certo era contento di aver raggiunto questo obiettivo ma per vincere non per partecipare. È un agonista e questo, da maestro, fa piacere, perché è bello lavorare con qualcuno che lotta.
Twitter: @Ariariasally
Fotografia Augusto Bizzi