Il catanese si prepara a difendere il titolo del Mondo vinto lo scorso anno a Lipsia e rilancia la sfida Olimpica. Con vista ben oltre Tokyo 2020.
A Wuxi, nello splendido palazzetto che ospita i Mondiali di scherma, si aggira da giorni un ragazzo di 35 anni che porta dipinto sul volto l’entusiasmo di un giovane esordiente. Paolo Pizzo ha in bacheca due titoli Mondiali individuali e un argento olimpico a squadre, eppure sorride sinceramente felice di esserci anche qui in Cina. Poter difendere l’oro conquistato un anno fa a Lipsia non era cosa scontata. Quel maledetto gomito destro si era messo in mezzo, tra lui e il Mondiale, proprio quando le cose andavano nel migliore dei modi e osservava gli avversari dalla posizione numero 1 del ranking individuale di spada maschile.
Operato dal dottor Riccardo Foti, Pizzo ha iniziato una rincorsa lunga 7 mesi per potersi presentare in Cina con una sola gara alle spalle, i Giochi del Mediterraneo chiusi ai quarti di finale. La condizione non può essere al top, ma il gomito regge, e l’ambizione, quella no, non conosce momenti di crisi.
Come stai?
Ormai mancano due giorni alla gara, quindi è presto per fare bilanci, ne possiamo parlare tra qualche giorno. Sono relativamente sereno, sto sentendo finalmente la gara, è stato un percorso a ostacoli però sono qui e posso vincere come gli altri 63 del tabellone. Questo è quello che conta.
Il test dei Giochi del Mediterraneo come è andato?
In un mese e mezzo non si fanno miracoli, i Giochi del Mediterraneo sono venuti ancora prima, ero ancora più indietro, ho preso mazzate sia fisicamente che tecnicamente, il braccio però ha retto nonostante i carichi importanti in così poco tempo. Quello è l’importante: non avere ricadute.
Ora però non è più tempo di test.
No, qua come tutti gli iscritti voglio un risultato importante, non mi basta che il braccio non mi faccia male.
Sandro Cuomo ci ha raccontato che fosse stato per te avresti tirato già agli Europei. L’hai vissuto come un leone in gabbia questo stop.
Per fortuna non tutte le decisioni dipendono da me, c’è gente adatta per fare queste scelte e loro hanno deciso bene. Era troppo presto, poi è chiaro, io sarei rientrato anche da mancino dopo un mese, però certe cose vanno fatte coi tempi giusti, soprattutto a 35 anni. C’è uno staff apposito che mi ha indirizzato verso questa scelta del Mondiale e ringrazio chi mi ha dato fiducia convocandomi nonostante l’unico test negli ultimi sette mesi siano stati i Giochi del Mediterraneo.
Quanto ti è mancata la pedana?
Beh, è chiaro che la vita è un’altra cosa, ma una grandissima fetta della nostra giornata noi la passiamo in pedana o in trasferta. Mi è mancata da impazzire ma per fortuna sono successe tantissime altre cose in questo periodo della mia vita.
Cose belle.
Sì, ho potuto dedicarmi a mia figlia, che è appena nata, seguire l’ultimo periodo di gravidanza di mia moglie cercando di supportarla il più possibile con la testa che appena poteva fuggire in pedana lo faceva.
Primo Mondiale da papà.
Sì, si sogna sempre una dedica in questi casi. È quasi un iter classico, fare la gara e poter dire il nome di tua figlia, però sono qui innanzitutto per me stesso e dimostrare a me che non è finita fino a quando non lo decido io.
Ti sei fermato quando eri numero 1 del ranking e campione del mondo in carica. È stata più dura anche per questo?
Banalizzando la mia situazione, è sempre paradossale, ma non è niente di nuovo per me. Dopo aver vinto i Mondiali di Catania mi sono operato, ora è successo ancora dopo Lipsia, sempre un ciclo, un loop, ma finché poi riesco a riemergere in questa maniera va tutto bene. Adesso ho una squadra fortissima, come direbbe qualche comico, e spero davvero di essere di nuovo parte di qualcosa di grande. Il percorso guarda a Tokyo e tutti sappiamo che ogni passo è importante. Certo che prima si passa dall’individuale ma l’obiettivo a lungo termine è una gara a squadre solida, compatta per portare a casa le medaglie qui e nelle altre rassegne importanti.
Il percorso guarda a Tokyo, ma se ti chiedo di fare uno sforzo e pensare al dopo Tokyo?
È chiaro, tutto passerà da tante cose, ma il mio obiettivo è fare ancora due Olimpiadi. Poi una cosa è dirlo, altra è farlo. Sappiamo tutti quanto sia difficile qualificarsi, nella spada ancora di più, ma la mia ambizione è questa. Spero, anzi non mi piace dire spero, voglio farlo. Poi ci sono anche altre persone da ascoltare a casa mia e nei prossimi anni, ma se troviamo un equilibrio sarà quello che voglio fare.
Nel 2024 avresti 41 anni. Geza Imre ha fatto un’Olimpiade e l’ha quasi vinta a 42.
È proprio lui il mio punto di riferimento. Lui ha chiuso in quella maniera con due medaglie (l’oro ai Mondiali del 2015 e l’argento di Rio 2016, ndr), per quanto una molto amara. Perché non provare a ripercorrere i passi di questa leggenda che ancora riecheggia nei palazzetti. Io non so come vengo visto dagli altri avversari, guardo solo a me stesso e voglio ancora tanto da questa parte ci carriera.
Anche perché rispetto ad altri atleti hai cominciato tardi a toglierti le tue soddisfazioni. Quindi forse è anche giusto che te la goda un po’ più a lungo.
È ovvio, io il primo Mondiale l’ho fatto a 27 anni, sono ancora fresco come un esordiente, tutto l’entusiasmo che ho è dato da quello. Sono a questo Mondiale dopo 7 mesi d’assenza dal circuito e dal primo giorno tutti mi vedono sorridente e mi prendono quasi per un pagliaccio, ma me la sto godendo. Almeno per adesso, poi quando sarà il momento di salire in pedana dovrò trovare la mia dimensione al meglio possibile.
La squadra è forte, l’hai detto, siete vice campioni olimpici. Ora come state?
Anche qui faccio fatica a esprimermi a pochi giorni dalla gara. Posso dire che per quello che ho visto in queste settimane di allenamento, i ragazzi hanno il livello di preparazione giusto. Ci sono, ci siamo, poi è chiaro che queste parole lasciano il tempo che trovano, però se uno fa tutto al meglio in preparazione della gara già si pone nella maniera migliore. Anche io ce l’ho messa tutta e non ho rimpianti per questi due mesi di rincorsa.
L’avversario da battere è sempre stata la Francia. Questa Francia senza Lucenay e Jerent fa un po’ meno paura?
No, ho già avuto modo di incrociare uno dei nuovi, Gally, e di constatare quanto sia difficile batterlo. Cambia poco, anche perché i due principali trascinatori ci sono, soprattutto Borel che è un treno, è costantissimo ed è capace di ribaltare qualunque match a squadre. Sicuramente è una defezione importante Jerent, non lo nascondo, ma il problema vero è che non c’è solo la Francia qui da noi, i ragazzi l’hanno dimostrato in stagione, si può vincere e perdere con tutti, bisogna davvero alzare il livello.
Twitter: GabrieleLippi1
Fotografia Augusto Bizzi