Non c’è due senza tre, l’Italia del fioretto è ancora d’oro!

Dopo Mosca e Lipsia, ancora titolo mondiale per i fiorettisti azzurri. Battuti gli Usa in finale, bronzo per la Russia.

 

Dopo Mosca, Lipsia; dopo Lipsia, Wuxi: sul tetto del Mondo nella gara a squadre di fioretto maschile, ci sono ancora gli azzurri. Per la terza volta di fila, lasciando da parte l’amara parentesi olimpica. Addio sogni di gloria – e di imbattibilità – invece  per gli Stati Uniti, che ancora una volta si devono inchinare a quella legge  che Andrea Cipressa ripete come un mantra: l’Italia negli appuntamenti che contano c’è sempre. Un dogma assoluto ormai, che lastrica nuovamente di oro il cammino dei fiorettisti italiani.

E al termine della gara, il sapore è ancora più dolce. Perché questa volta il favore del pronostico era tutto dalla parte del quartetto statunitense, che dopo aver dominato in lungo e in largo per tutta la stagione, aveva già segnato la data del 27 luglio con il proverbiale circoletto rosso. E che aveva cominciato ad accarezzare il colpaccio dopo aver surfato senza eccessivi patemi nel tabellone principale, giocando con la Cina e lasciando giusto l’illusione di scappare alla Russia, ripresa e poi fagocitata fino a spedirla a giocarsi la finalina per il bronzo. Tuttavia la baldanzosa -e forse un po’ presuntuosa – truppa americana non aveva fatto i conti con la forza di una squadra che può persino permettersi il lusso di tenere come riserva un fuoriclasse del calibro di Andrea Cassarà.

Ecco, il bresciano si è rivelato fattore chiave: buttato nella mischia in finale al posto di Giorgio Avola infortunato alla caviglia proprio nelle ultime rifiniture prima dell’assalto per l’oro, Cassarà – che già nel corso della giornata era stato impiegato ai quarti di finale contro la Polonia ma non in semifinale contro la Corea – fa la differenza in tutti suoi parziali. Il resto del lavoro lo fanno Daniele Garozzo e Alessio Foconi, che con il il 5-1 inflitto a Massialas nel quarto parziale, pone fine al precario equilibrio durato lo spazio di un giro di assalti. Da quel momento in poi è monologo azzurro e apnea statunitense, fino alla stoccata del 45-34 griffata dall’oro di Rio 2016.

La firma in calce al capolavoro della Banda Cipressa e alla cocente, nuova bocciatura di Imboden e compagni all’esame più importante dopo un percorso entusiasmante. Prendere 109 quando già si pregustava il 110 e lode fa tanto, tanto male.

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Fotografia Augusto Bizzi