Un premio per Lucrezia Sinigaglia: “Non ho mai avuto paura di salire in pedana”

Atleta sfortunata e di talento, persona semplice dai mille interessi. La redazione di Pianeta Scherma sceglie la sciabolatrice padovana per un Pianeta Scherma Award Speciale. Ecco l’intervista.

Uscire dalle categorie giovanili con un ricco bagaglio di medaglie, presentarsi agli Assoluti con tutte le difficoltà del caso, ingranare, un po’ alla volta, fino ad arrivare in prima squadra e poi, sul più bello farsi male. Riprendere e farsi male ancora. E poi ancora. La storia di Lucrezia Sinigaglia è quella di una sciabolatrice il cui talento è stato superato solo dalla sua sfortuna. Quattro gravi infortuni ai legamenti, ginocchia e caviglie da risistemare ogni volta, ma sempre la voglia di ricominciare, ripartendo da zero o quasi. Ai Campionati Italiani Sorgenia Milano 2018, Lucrezia si è presentata senza gare sulle gambe, con un paio di settimane di allenamento in pedana, sfiorando il podio. L’abbiamo vista tirare quel giorno, col volto concentrato dell’atleta sicura di sé ma mai arrogante e presuntuosa, col sorriso della persona positiva e disponibile che è, e abbiamo pensato che meritasse un premio. Un premio che la redazione di Pianeta Scherma assegna per la prima volta senza ricorrere al voto dei lettori, un Pianeta Scherma Award Speciale che quest’anno vede la sua prima edizione e finisce nelle mani di una ragazza che lo merita per tanti motivi e che abbiamo intervistato per annunciarle la nostra scelta.

Per la positività con cui ha affrontato ogni infortunio, per la forza con cui si è rialzata, per il coraggio con cui è tornata in pedana ogni volta”. Per tutto questo ti abbiamo scelta per il Pianeta Scherma Award Speciale. Ti ci riconosci?
Sì, mi ci riconosco e vi ringrazio per queste parole. È un atteggiamento che mi ha sicuramente aiutata, senza queste caratteristiche probabilmente non ci sarei riuscita. Ho fatto quattro interventi in due anni e in particolar modo l’ultimo mi ha messo a dura prova, con la riabilitazione durata una stagione intera, da ottobre fino ai campionati italiani, la mia unica gara dell’anno.

Allora parliamone di questi infortuni. Noi, da fuori, ti abbiamo sempre vista sorridere anche nelle foto che pubblicavi, ma non deve essere stato semplice.
Foto non ne ho mai messe tantissime, perché non mi piace ostentare il fatto che mi sono fatta male. Quelle poche che ho postato volevo fossero anche un po’ da esempio per tutti gli atleti che spesso si piangono addosso per infortuni anche molto meno gravi. E poi perché io sono così, anche se spesso sono più silenziosa rispetto alle altre sciabolatrici, una persona solare che crede molto in se stessa e una grande lavoratrice.

 

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Porto su di me le cicatrici come fossero medaglie. . #surgery #fourthtime #knee

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Come si supera non uno ma quattro gravi infortuni in due anni?
Con le qualità di cui ho parlato e capendo che questi sono infortuni che ti mettono alla prova e sono stancanti, con lunghe riabilitazioni, ma ci sono anche tante altre cose più difficili da affrontare. Io in famiglia ho una sorella che combatte ogni giorno con una malattia, per me è un grande esempio. Vedendo lei penso sempre che io ce la posso fare, che alcuni ostacoli sono messi lì per superarli e diventare ancora più forte.

Agli Assoluti di Milano sei arrivata a un passo dal podio. Te lo aspettavi?
Sinceramente no. Sapevo di stare bene, innanzitutto con la mia coscienza perché mi ero allenata bene anche se di pedana avevo alle spalle solo poche settimane. Ma anche la fisioterapia, le lezioni, gli assalti durante l’anno sono sempre stati fatti con l’obiettivo di rientrare. Mi sono divertita tantissimo, mi mancava veramente tanto stare in pedana.
È frustrante vedere le altre che tirano e fanno risultati mentre tu sei ferma. Ero leggera come devo essere per affrontare una gara non semplice. Sicuramente non mi aspettavo di fare finale e probabilmente mi ha aiutato il fatto di tirare molto libera, senza ansia da prestazione o la paura di rifarmi male.

Ecco, la paura di rifarti del male? L’hai mai avuta? Che rapporto hai ora col tuo corpo? Riesci a convivere col pensiero e il ricordo degli infortuni?
Non ho mai avuto paura di farmi ancora male, ogni volta che torno do il 100%. Mi sono rotta il legamento crociato e il menisco esterno, un legamento della caviglia, poi un menisco, quindi la cartilagine. Sono abbastanza provata ma ho sviluppato molta consapevolezza e confidenza col mio corpo cambiando anche determinati movimenti, conoscendomi molto di più e quasi diventando un po’ più intelligente in pedana. Quando la fisicità non è quella di prima devi riuscire a trovare qualcosa in più che vada a coprire quelle mancanze. So che devo essere molto forte muscolarmente, so come ascoltare il mio corpo e le esigenze che ha, magari non riesco a fare 10 assalti in una giornata o per due giorni di seguito come le mie compagne, ma ho imparato molto bene come gestirmi. Andare col freno a mano non aiuta a rimettersi in gioco, sapere cosa devo rinforzare e migliorare sì.

Torniamo indietro nel tempo. Under 20, vittorie e podi in Coppa del Mondo, due ori e un bronzo agli Europei. Eri una delle grandi promesse della sciabola femminile.
È il periodo che ricordo con più felicità, dopo tanta fatica avevo raggiunto i risultati sperati, mi allenavo con uno stress diverso rispetto alla categoria assoluti e riuscivo a raccogliere tanto del mio lavoro. Anche io speravo di crescere, poi in realtà nella mia carriera sono anche arrivata in prima squadra ma purtroppo sono stata bloccata. Sono comunque felice, vivo tutto con molta serenità anche se so di essere stata parecchio sfortunata: 10 anni fa non avrei mai potuto pensare a tutti questi infortuni, all’epoca il mio fisico era solido ed ero una delle più forti sotto questo aspetto.

Nel 2013, all’indomani delle Olimpiadi di Londra, il ct Sirovich decide di puntare su di te, Rossella Gregorio e Martina Petraglia per affiancare Irene Vecchi. Un progetto giovani che doveva puntare a Rio 2016. Per diverse ragioni le cose sono andate un po’ diversamente. Che ricordi hai di quel periodo e di quel gruppo?
Era una squadra parecchio in crescita, molto giovane come comunque lo è anche la attuale, in un grande momento di cambiamento perché alcune delle più grandi stavano smettendo e si aprivano le porte alle più giovani. Ci mancava un po’ d’esperienza, ovviamente non parlo di Irene ma di noi tre e del fatto che eravamo ai primi approcci con la prima squadra. Il materiale c’era, anche perché gli anni in cui sono stata in squadra è arrivato un bronzo europeo che non si raggiungeva dal 2011 e poi al Mondiale fummo quarte ma molto vicine al podio. Sicuramente ci mancava un po’ d’esperienza e ora si vedono i risultati delle mie compagne, due che sono rimaste e due cambiate: c’è stata una crescita negli anni.

Intanto sei cresciuta anche fuori dalla pedana. Ti sei laureata.
Durante gli anni degli infortuni ho finito la triennale e anche la magistrale, ho preso la lode in entrambe le occasioni e anche questa è una grande vittoria per me. Ho sempre cercato di portare studio e sport in parallelo, credo che lo studio sia una valvola di sfogo e mi ha sempre aiutato nella concentrazione e nella ricerca delle energie, a coltivare l’idea di stringere i denti. Gli infortuni e i periodi di riabilitazione sono stati un male per la mia carriera agonistica ma un bene per lo studio, perché mi hanno dato più tempo per completare il mio percorso. Invito gli sportivi a studiare, abbiamo la fortuna di fare come lavoro la nostra più grande passione e non vedo perché non riuscire a ritagliare tempo per lo studio. Aiuta nello sport e nella vita.

Tra le tue grandi passioni c’è l’arte. Come è nata?
È nata verso l’ultimo anno del liceo quando ho iniziato a chiedermi cosa volessi fare. Non sono mai stata una grande lettrice, ma lì ho iniziato a leggere, mi piaceva andare per musei, visitare città. Sono di indole molto curiosa e ho pensato che sarebbe stato più facile studiare qualcosa che mi piaceva, così mi sono iscritta in Storia e tutela dei Beni Culturali.

Quali sono i tuoi artisti preferiti e le correnti che apprezzi di più?
Non saprei citare un artista preferito, ma apprezzo l’arte contemporanea, tutto ciò che è dall’800 in su, il 900 soprattutto, i primi del 900. E poi sono una grande appassionata dell’arte concettuale dagli Anni 50-60 in poi. Mi incuriosisce, per esempio, capire perché il pallone da basket di Jeff Koons sia considerato un’opera d’arte. Amo meno i secoli precedenti, eccetto i grandi nomi come Caravaggio e Tiziano.

Poi la musica: spesso frequenti concerti, quasi sempre di autori non banali, fuori dal circuito mainstream. Cosa stai ascoltando ora?
Sono reduce da un concerto dei Bon Iver e dei The National che sono tra i miei artisti preferiti, quindi in questo momento sto ascoltando tantissimo loro. Da poco Justin Vernon dei Bon Iver hanno fatto una collaborazione col chitarrista dei The National, il gruppo si chiama Big Red Machine e il disco è appena uscito: invito tutti ad ascoltarli.

Un’altra tua grande passione sono i viaggi. Sotto il tuo profilo Instagram ti definisci flâneuse, la tua foto profilo ti ritrae mentre ammiri il panorama della Monument Valley. Qual è il paesaggio che ti ha emozionato di più?
Sono un’amante della fl
ânerie, mi piace l’idea passeggiare osservando e guardandosi intorno. Mi piace tantissimo viaggiare e provo ad approfittare anche delle gare, prima di partire per le trasferte cerco di capire cosa potrò visitare nel tempo libero. Quest’anno ho fatto un viaggio bellissimo e durissimo, 4000 chilometri in 2 settimane e uno dei posti più belli è stata proprio la Monument Valley, ma forse mi ha colpito ancora di più la Death Valley, un paesaggio difficile da trovare altrove, un deserto di sabbia, 50 gradi, senza mare né anima viva: è stata un’esperienza quasi alienante, un paesaggio lunare.

 

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MONUMENT VALLEY io come John Wayne . . . #usa #arizona #monumentvalley #navajo #oldwildwest #wilderness #nature #roadtrip

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Quale è il prossimo viaggio che vuoi fare?
Io sono una ricercatrice di paesaggi, mi piace la natura e mi piacciono i viaggi dove non trovo eccessivo turismo. La California è già più mainstream, ma l’anno scorso ho fatto le isole Lofoten che sono a Nord del Circolo Polare Artico, mi hanno impressionato per gli scarsi insediamenti umani e la natura che prevale sull’uomo. Tra i viaggi che mi piacerebbe fare c’è l’Asia, mi piacerebbe visitare la Cambogia, il Vietnam, o anche il Giappone tra le nazioni più industrializzate, poi Cile e Argentina, la Patagonia.

E dalla stagione schermistica che sta per cominciare che viaggio ti aspetti?
Voglio viverla molto serenamente, ricominciando dalle basi. Dovrò riprendere in mano quello che ho lasciato a giugno. Le motivazioni sono sempre le stesse, se ricomincio è perché ci credo e lavoro per ottenere dei risultati. Spero di avere la possibilità di rimettermi nel circuito assoluto di Coppa. So che quest’anno sarà un anno particolare perché a marzo comincia la qualifica olimpica, ma se mi saranno date delle possibilità per rimettermi in pedana anche all’estero, o me le guadagnerò, voglio provare a sfruttarle. Sono positiva, non ho nessuna ansia, sono consapevole che se si lavora e si ha un pizzico di fortuna i risultati non tardano ad arrivare.

E tu con la fortuna hai un grosso credito
Già… Spero di raccoglierne un po’ in qualsiasi campo.

 

Twitter: GabrieleLippi1

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