A Budapest la prima finale per un titolo tra le due, il 22esimo incrocio totale. Undici vittorie a testa, 6 mondiali e 10 europei in due. E un solo obirttivo: Tokyo 2020. Storia della rivalità più bella di questo sport.
La finale più scontata possibile, tra le due atlete più forti del mondo, eppure inedita. Perché Olga Kharlan e Sofya Velikaya non si erano mai incrociate nell’ultimo atto di un Mondiale o di un Europeo, manco a dirla di un’Olimpiade, visto che paradosso vuole che alla carriera di entrambe manchi “solo” l’oro più prestigioso di tutti. Olga Kharlan e Sofya Velikaya, sono nomi che conosciamo bene e non scorderemo mai. Le più grandi interpreti di un’arma, la sciabola femminile, che è ancora piuttosto giovane ma già stabilisce dei record con cui sarà difficilissimo misurarsi per chi seguirà.
Olga e Sofya, 90 podi di Coppa del Mondo in due, sei titoli mondiali, dieci continentali. La prima è in vantaggio su tutto (50 podi di Coppa a 40, quattro Mondiali a due, sei europei a quattro), ma questo è secondario. Il punto è che il Mondiale che sotto il profilo dei pronostici ha deluso qualsiasi tipo di aspettativa, ci ha comunque offerto una finale di sciabola femminile che attendevamo da un decennio abbondante, la più scontata e allo stesso tempo la meno prevedibile. Finalmente le abbiamo viste affrontarsi per un titolo, con addosso la tensione delle grandi occasioni, ed è finita nell’unico modo possibile: 15-14 dopo un assalto vissuto per tutto il tempo sul filo dell’equilibrio.
Kharlan-Velikaya è il nostro Federer-Nadal, a voi scegliere chi è chi. Per i numeri, certo, e perché due così chissà quando le rivedremo. Insieme esprimono il livello più alto possibile della loro specialità, le altre passano e si alternano, loro restano, sempre lì, da un decennio abbondante. Il conto complessivo delle sfide è impressionante: sono 22, con 11 vittorie a testa. La prima volta fu una finale, la vinse una Olga Kharlan allora diciannovenne ma già campionessa olimpica a squadre e star in ucraina. Era il 15 febbraio 2009, Gp di Mosca, in casa di quella che sarebbe diventata la sua più grande rivale. Per dirla tutta, Sofya Velikaya ha dovuto attendere altri due anni e la sfida numero 5 per imporsi sull’ucraina. Si sarebbe rifatta ampiamente, con 7 successi consecutivi incluse le semifinali dei Mondiali di Catania 2011 e dell’Olimpiade di Londra 2012.
Vittorie pesanti, che sembravano poter spostare l’asse della rivalità verso la russa, che intanto aveva già vinto il suo primo Mondiale nel 2011. Poi la storia è cambiata a Budapest, la stessa città in cui ieri abbiamo assistito al ventiduesimo scontro tra le titane della sciabola. Era il 2013 quando Olga Kharlan sceglieva proprio l’Ungheria per il suo primo oro iridato, sfruttando anche la pausa post olimpica di Sofya, che nel frattempo dava vita a Oleg, il primo dei due figli nato dal matrimonio con il lottatore Aleksey Mishin. A Kazan, Kharlan concesse il bis, superando ai quarti la Velikaya, che si sarebbe rifatta vincendo il Mondiale di Mosca l’anno dopo.
Prima della finale di quest’anno c’è stato tempo per un altro oro dell’ucraina, a Lipsia 2017, con la russa ancora ferma per anno sabbatico post olimpico e per la seconda maternità, in attesa di Zoya. Il fatto di aver vinto due Mondiali su tre con la rivale assente, forse, ha dato qualche stimolo ulteriore a Olga, che ieri, mentre Sofya piangeva in zona mista, ha potuto festeggiare quello che è forse il suo oro più bello. In attesa dell’unico che manca, quello che conta di più. Dieci anni così, sfidandosi in pedana e osservandosi da lontano, avendo voglia persino di strozzarsi, qualche volta, ma solo per gioco. Dieci anni di attacchi diretti, controtempi, parate e risposte a fondo pedana. Olga c’è sempre stata, Sofya si è presa le sue pause ma poi è tornata, per due volte, forte come prima e se è possibile anche di più.
Tra un anno, a Tokyo 2020, c’è un appuntamento cerchiato in rosso sulle agende di entrambe. Velikaya avrà 35 anni, Kharlan 30 e probabilmente un altro ciclo olimpico davanti a sé. Ma l’attesa è durata anche troppo, per entrambe è tempo di prendersi un titolo olimpico. E per noi di goderci ancora una volta lo spettacolo di una sfida tra le due, che finora contano due bronzi (Kharlan) e due argenti (Velikaya). Tenetevi pronti, perché allora sì che saranno urla di gioia e lacrime di dolore. Maledizione a Cinque Cerchi e avversarie permettendo, si strozzeranno ancora, metaforicamente, ma solo in pedana perché sul podio ci sarà poca voglia di scherzare per chi non avrà vinto. Noi, che due così possano chiudere senza un oro olimpico, non riusciamo a crederlo.
Twitter: GabrieleLippi1
Fotografia Bizzi