Camilla Fondi: «Il coronavirus non è una passeggiata, usiamo sempre le mascherine»

La testimonianza della sciabolatrice azzurra, risultata positiva al tampone. E un invito a rispettare sempre le protezioni individuali e rispettare le distanze.

 

Sono Camilla Fondi ho 25 anni e sono un’atleta della Nazionale italiana di scherma e del Gruppo Sportivo dell’Aeronautica Militare.

Il 23 ottobre 2020 sono risultata positiva al Covid-19, ho fatto il test il giorno dopo la comparsa della febbre.

Quando sono andata a fare il tampone ero estremamente convinta che fosse un’influenza stagionale o che avessi preso freddo perché il lunedì della stessa settimana mi ero allenata nella saletta pesi della mia palestra con la porta spalancata per far circolare l’aria, perché più in sicurezza. Non riuscivo a sospettare fosse Covid perché comunque ero sempre stata attenta, disinfettavo sempre gli attrezzi che usavo in palestra e gli ultimi due giorni avevo anche deciso di allenarmi con la mascherina. Inoltre, non uscivo più per evitare situazioni a rischio perché si, il virus c’è e te lo puoi prendere in qualsiasi momento, ma meglio non andarselo a cercare frequentando tante persone e luoghi affollati.

Dopo ore e ore di fila per fare il tampone rapido e l’attesa del risultato arrivato dopo 1 ora, scopro la mia positività. Mi è crollato il mondo addosso, perché mi sono sentita vulnerabile e anche io, che ho dedicato la mia vita all’allenamento e a cercare di avere uno stile di vita sano, sempre stata accorta sia per me che per la mia famiglia, sono stata raggiunta da questo virus tanto invisibile quanto subdolo e talvolta letale.

Cosi è iniziata la mia quarantena, durata ben 21 giorni. Ho avuto febbre, mal di testa, spossatezza, dolori muscolari per i primi 4-5 giorni ho però poi continuato ad avere poche energie, fiato corto e filtrato come se avessi un sasso sul petto. Al decimo giorno sono riandata a fare il tampone convinta anche qui di essere negativa, mi è arrivata un’altra batosta che mi ha portato ad vere un crollo emotivo perché dovevo rimanere chiusa dentro un appartamento di 60 metri quadrati senza poter uscire, senza poter prendere una boccata d’aria fresca, senza poter vedere i miei genitori, mia sorella, mia nonna, i miei animali, o senza poter andare a fare una passeggiata tra i boschi e sentirmi libera. Non sapevo ancora che sarebbe durata più a lungo e che avrei dovuto affrontare altri crolli psicologici e non solo. Il Covid non è una semplice influenza, ma mette a dura prova la nostra forza fisica e psichica perché è infimo e si insinua nelle nostre vite da un momento all’altro come se nulla fosse e ci blocca, blocca tutto quello che stiamo costruendo, blocca le persone intorno a noi e tutto quello che loro stanno costruendo. Inizialmente mi sono buttata giù, mi era passato l’appetito e non avevo voglia di reagire, mi ero fatta sopraffare dalla malattia.

Non pensavo che potesse essere successo proprio a me, cosa avevo sbagliato? Non lo so, ma non potevo sottomettermi ancora, allora ho deciso di lottare e mi sono rimboccata le maniche, anche se al livello fisico ero debilitata, la mia mente doveva lavorare, rimanere attiva, stimolata cosi ho iniziato a studiare.

Sapete, la differenza con il lockdown nazionale fatto tra febbraio e maggio era proprio che in quel momento IO stavo in un lockdown personale, costruito a pennello su di me in quanto positiva, era il mio lockdown mentre il mondo intorno a me continuava ad andare avanti. Tutto l’impegno, tutto il lavoro che avevo fatto i mesi precedenti volati via in un attimo.

Al diciassettesimo giorno sono riandata a fare il tampone, non mi rassegnavo perché anche stavolta ero convinta di essere negativa e anche stavolta il test smentiva i miei pronostici. Altra crisi, non ne potevo più, mi sentivo in una gabbia dorata. Vi dico dorata proprio perché consapevole della mia fortuna: anche se non mi allenavo, ogni mese avevo lo stipendio, avevo una casa con balcone e una vista panoramica, avevo i miei parenti che puntualmente mi portavano qualsiasi cosa di cui avessi avuto bisogno. Questo mi ha fatto apprezzare tutto quello che ho, a cui prima davo poco peso perché sapevo che non tutti avevano queste possibilità. Ringrazio per questo la mia famiglia e l’Aeronautica militare.

Il ventunesimo giorno sono uscita, da protocollo della Asl, anche se positiva. Era bello respirare, camminare all’aria aperta, vedere i miei genitori, mia nonna, mia sorella, i miei animali era bello poter riprendere in mano la mia vita. Dopo altri tamponi ancora positivi, finalmente dopo 34 giorni risulto negativa.

Tutto bello, finalmente lo avevo debellato del tutto, ma non sapevo che era ancora dentro di me.

Sono andata a fare le visite mediche per riottenere l’idoneità sportiva come da prassi, pensavo di tornare a fare scherma nel giro di due giorni, che sarebbero andate tutte bene, ma mi hanno detto che il corpo non aveva ancora recuperato dal virus e che avrei dovuto attendere ancora un po’ di tempo prima di ricominciare ad allenarmi, stando a riposo.

Non mi sono mai sentita cosi piccola e inutile, non potevo fare nulla, non potevo né sentirlo né vederlo. Mi si era ancorato dentro e non voleva lasciarmi. Mi aveva colpita e affondata.

Non prendetela sottogamba perché potrebbe essere peggio di quello che pensate, non aspettate di farne esperienza per capirlo perché su di me ha avuto questi effetti ma altri hanno avuto problemi ancora più gravi, fino alla morte. Il virus non guarda in faccia nessuno, puoi essere un’atleta e avere uno stile di vita sano oppure no, ma al virus non interessa perché di fronte a lui siamo tutti uguali non distingue tra chi se lo merita e chi no, tra chi è stato attento e chi no, ma attacca ciecamente. Quindi non pensiamo solo a noi stessi, non siamo soli.

Continuiamo a mettere le mascherine, a mantenere la distanza e a lavarci sempre le mani nel nostro e nell’altrui rispetto, siamo esseri sociali che hanno bisogno di vivere in comunità, prendiamocene cura perché ci serve per sopravvivere, ci serve per cacciarlo via.

Camilla Fondi (@FondiCamilla)

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Foto Bizzi