Enrico Berré scalpita in vista del ritorno in pedana a Budapest per il prossimo marzo. Le sensazioni dello sciabolatore romano.
Gli ultimi ricordi di una gara sono relativi al fine settimana di Lussemburgo e quando assieme ai suoi compagni di squadra Enrico Berrè ha potuto brindare alla matematica qualificazione ai Giochi Olimpici di Tokyo. Dopo quasi un anno sembra esserci uno spiraglio di luce e le gare di Budapest del prossimo marzo si stanno avvicinando.
A due settimane dall’appuntamento nella capitale Ungherese, il portacolori delle Fiamme Gialle scalpita per poter tornare a calcare le pedane e respirare ancora, pur in uno scenario che risentirà pesantemente delle norme per evitare i contagi, l’atmosfera di una competizione internazionale.
Finalmente c’è una data e un obiettivo a breve termine: che sensazioni si provano?
C’è decisamente più entusiasmo nell’allenarsi. Prima farlo senza un fine apparentemente concreto è stato veramente duro, perché fatichi a trovare lo stimolo giusto per farlo. Ovviamente mi rendo conto che io come i miei compagni siamo ragazzi fortunati che possiamo fare comunque quello che ci piace mentre nel Mondo ci sono situazioni ben peggiori, quindi non mi lamento. Però ecco diciamo che l’umore in questo periodo è decisamente migliore.
Stai facendo il conto alla rovescia per il ritorno o te la vivi più tranquillamente?
In realtà non faccio nessun countdown per il fatto che, come tutti gli sportivi, sono molto scaramantico. E siccome qui possono dire tutto e il contrario di tutto, finché non sarò effettivamente in pedana a Budapest ancora non ci crederò che siamo tornati alle gare. Quindi aspetto tranquillamente quel giorno senza troppe paranoie.
Facciamo un rewind all’ultima gara, quella del Lussemburgo. A distanza di un anno, che ricordi ed emozioni serbi della giornata che vi ha dato il biglietto ufficiale per Tokyo?
È strano, perché effettivamente è passato un anno in cui purtroppo sono successe tante cose che hanno segnato tutti noi. Ma poi basta fare un passo indietro a quella gara e malgrado tutto ancora ho i brividi, perché è stato il primo tassello della realizzazione di un sogno che coltivo sin da bambino. Sportivamente è senza dubbio stato il più bel giorno della mia vita, non posso ancora oggi descrivere la felicità provata quando Luca ha messo a segno la stoccata che ci ha fatto qualificare. E sarà bello ripartire da qui, come a riannodare un filo.
Tornando a quello che è stato l’ultimo anno e al discorso da te fatto prima sulla mancanza di obiettivi concreti, come avete fatto a tenere alto sempre il focus sulla scherma in attesa di tempi migliori?
Ci ha salvato l’entusiasmo del nostro gruppo, la voglia di fare e di sperimentare soluzioni nuove ogni volta che ci ritrovavamo. Abbiamo fatto tantissimi ritiri collegiali, e anche quando c’è stato il periodo del lockdown comunque ci sentivamo su zoom per sedute di allenamento, video analisi o anche solo per rimanere in contatto fra di noi facendo gruppo e provando a tenere alto il morale malgrado le brutte notizie che arrivavano dal telegiornale. Poi ovviamente, essendo atleti a cui non piace perdere, anche gli allenamenti li affrontavamo con spirito battagliero.
Cosa ti aspetti dalla gara di Budapest?
Sinceramente non saprei. In un anno può essere successo di tutto. Quanto a noi, abbiamo continuato a lavorare come nostro solito, partendo dalle basi di un quartetto molto rodato e comunque titolato visto che siamo raramente scesi dal podio nelle ultime stagioni. E naturalmente vorremmo continuare su questa lunghezza d’onda. Però come detto c’è tanta incertezza, non sappiamo nemmeno se dopo questa ce ne saranno altre dopo Budapest. Di fatto potrebbe anche essere l’unica occasione per fare il punto della nostra preparazione. Quel che è certo è che la affronteremo con lo spirito di sempre.
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Foto Bizzi