Bebe Vio: “Sogno di unire in un’unica Federazione il mondo Olimpico e quello Paralimpico”

In un’intervista concessa alla Gazzetta dello Sport, la fuoriclasse azzurra della scherma in carrozzina parla del suo sogno di unire Olimpiadi e Paralimpiadi in un unico evento. E intanto si prepara per le sfide di Tokyo.

 

L’immediato, per Beatrice “Bebe” Vio, si chiama Tokyo. Il futuro, invece, è una sfida ancora più grande e per questo motivo, per la ragazza che non conosce la parole impossibile, ancora più stimolante. Unire un giorno Olimpiadi e Paralimpiadi in un unico, grande evento all’insegna dell’integrazione. Al momento più un’utopia, ma chissà che un giorno non possa diventare realtà.

“Il lavoro è lungo” ha detto Bebe in un’intervista concessa all’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport “stiamo mettendo i mattoncini dal basso”. Il modello da seguire è quello della Federazione Italiana Scherma, pioniera dell’unificazione sotto un’unica “bandiera” dei due Mondi: “Il mio sogno sarebbe quello di riunire tutte le Federazioni Olimpiche e Paralimpiche assieme, tipo quelle della scherma: noi siamo stati i primi a farlo, ancora prima di Londra 2012, dando pari opportunità a tutti gli atleti”.

Prima però di pensare alla carriera nel comitato paralimpico, c’è da affrontare la nuova sfida dei Giochi di Tokyo. “Io ho avuto qualche intoppo per colpa d un infortunio al gomito ma i ragazzi si stanno allenando bene: la nostra fortuna è che noi della Nazionale Paralimpica facciamo parte del Gruppo Sportivo delle Fiamme Oro e abbiamo tecnici e preparatori molto bravi”.

Impossibile, poi, non tornare indietro a Rio 2016 e alla prima Paralimpiade. Vissuta, assaporata in ogni momento e, soprattutto, impreziosita da due medaglie: l’oro individuale e il bronzo a squadre. E proprio quest’ultima, malgrado il colore meno prezioso, rappresenta il ricordo più dolce di quella Paralimpiade: “L’oro individuale lo volevo a tutti i costi, ma la gara a squadre è stata l’apoteosi, la realizzazione di quello che per me significa lo sport: un volerci credere tutti assieme”.

Prosegue Bebe: “Noi non dovevamo nemmeno esserci, come squadra eravamo nate da poco: siamo rientrate perché la Russia è stata buttata fuori per doping. Il nostro motto era: non succede, ma se succede…”.

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Foto Augusto Bizzi