Marco Fichera, Enrico Garozzo, Paolo Pizzo e Andrea Santarelli conquistano la medaglia d’argento nella prova a squadre di spada maschile a Rio 2016. Eppure prima del Mondiale di Mosca erano stati a un passo dall’eliminazione dai Giochi.
Italia – Francia non è mai una sfida banale. È una rivalità che, di sport in sport e non solo nello sport, si nutre e si infiamma senza esclusione di colpi. Il calcio, ovviamente. Il ciclismo, ça va sans dire. La scherma, bien sûr. Due scuole storiche che nel corso dei secoli hanno fatto man bassa di medaglie e scritto pagine uniche del grande libro schermistico universale. E proprio sul filo fra l’Italia e la Francia corre questa storia, quella di un quartetto che in un luglio moscovita si era trovato a un passo dall’inferno salvo poi ritrovarsi alle porte del paradiso nemmeno un anno dopo, con al collo un argento Olimpico che mai come in quell’occasione ha il sapore dell’oro.
Mosca, 18 luglio 2015. O dentro o fuori. Dopo l’eliminazione agli ottavi di finale maturata a Montreux contro la Repubblica Ceca, Marco Fichera, Enrico Garozzo, Paolo Pizzo e Andrea Santarelli sono con le spalle al muro: un altro cattivo risultato ai Mondiali in Russia e le Olimpiadi sarebbero di fatto sfumate. E il giorno prima ci era mancato poco che l’incubo si materializzasse. Di mezzo, la solita Repubblica Ceca. A un minuto dal termine della nona frazione l’Italia è sotto di tre botte, ma un guizzo di Marco Fichera mette dapprima i conti in pari e poi permette di operare il sorpasso.
Il peggio è al momento scongiurato, ma il tabellone mette di fronte agli azzurri della spada maschile il peggiore degli ostacoli possibili: la super Francia di Ullrich Robeiri, Gauthier Grumier, Daniel Jerent e Ronan Gustin. Più che una squadra, una corazzata inaffondabile che fino a quel momento aveva messo a contabilità una stagione di Coppa del Mondo fatta di due vittorie, altrettanti secondi posti e un terzo posto. Con la ciliegina dell’oro Europeo.
Lo sport è bello perché, vivaddio, non è matematica. Gli azzurri imbastiscono il match perfetto, non permettono alla Francia di scappare e nell’ultima frazione completano il capolavoro: la sfavorita Italia ferma la corazzata francese contro ogni pronostico. Le sconfitte successive contro Ucraina e Svizzera – segnatevi questi nomi, torneranno – certificano il quarto posto finale, ma i punti messi in cascina quel giorno sono ossigeno puro. E benzina potentissima per il morale della truppa azzurra, che da quel momento in poi diventa una macchina da guerra quasi imbattibile. Un Gruppo cementato anche dal grande lavoro di Luigi Mazzone, fondamentale per il Rinascimento della squadra di spada maschile.
La stagione successiva di Coppa del Mondo vede gli azzurri presenza fissa sul podio, con tanto di vittoria ancora contro la Francia ad Heidenheim che è timbro sul via libera per i Giochi di Rio. E ancora, l’argento Europeo a Torun. Di mezzo sempre loro, i francesi. Ma rispetto a 365 giorni prima la musica in casa Italia è totalmente cambiata. Il quartetto azzurro è un gruppo coeso, una Squadra. Pronta a dare filo da torcere a tutti quando in palio ci saranno le medaglie Olimpiche.
A Rio, la prova a squadre di spada maschile chiude il programma della scherma. L’Italia punta a chiudere con un’altra medaglia un’Olimpiade che sino a quel momento aveva fruttato un oro, grazie a Daniele Garozzo, e due argenti firmati da Rossella Fiamingo ed Elisa Di Francisca. Il tabellone che attende gli azzurri ha tutti i tratti di un classico tappone di alta montagna nei grandi giri infarcito di Gran Premi della Montagna di prima categoria con ascesa finale Hors Categorie.
Il primo cliente, infatti è la Svizzera di Max Heinzer. A Mosca le due squadre si trovarono una di fronte all’altra nella finalina per il bronzo. Vinsero gli elvetici, non senza polemiche da parte degli azzurri per qualche decisione arbitrale non troppo digerita. In Brasile, però, non c’è partita: 45-32 Italia e primo ostacolo superato. Avanti i prossimi, gli ucraini campioni del Mondo e fra le bestie nere della squadra italiana. Ma anche per Nikishin e soci, non è giornata. 45-33 e trasmissioni chiuse. L’Italia è in finale e di fronte ci sono ancora loro, i cugini d’Oltralpe.
E se si parla di Italia – Francia alle Olimpiadi, la mente non può non correre a 16 ani prima. A Sidney 2000 lo squadrone d’Oltralpe sembrava poter marciare spedito verso la medaglia d’oro. Ma sulla loro strada, Hugues Obry – presente anche a Rio 2016 ma nei panni di Commissario Tecnico – Jean Francois Di Martino ed Erick Srecki trovano un ragazzo milanese deciso a prendersi tutto il palcoscenico. Il suo nome è Alfredo Rota, professione giustiziere dei sogni francesi.
A Rio, purtroppo per l’Italia, la storia non si ripete. La Francia, che pure qualche fatica l’aveva fatta nei turni precedenti, alza l’asticella del proprio livello schermistico verso limiti invalicabili per i pur meravigliosi azzurri visti in pedana fino a quel momento. Pizzo, Garozzo, Fichera e Santarelli le provano tutte per provare ad arginare avversari che per tutte e nove le frazioni non sbagliano assolutamente nulla.
La Francia vince l’oro nella prova a squadre di spada maschile, l’Italia chiude seconda ed è argento. Argento vivo si dice, spesso ammantando la delusione con una patina di circostanza. Non in questo caso. Non quando una squadra arrivata a un passo dal baratro dell’inferno è arrivata a bussare alle porte del paradiso, respinta soltanto da quattro francesi che avevano messo sulla pedana centrale della Carioca Arena un assalto perfetto o quasi.
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Foto: Augusto Bizzi