L’ucraina, grande favorita della vigilia per l’oro nella sciabola femminile, esce al primo turno contro la cinese Yang. E ancora una volta fa i conti con la sua personalissima maledizione olimpica.
Faccia a faccia con i propri demoni. Ancora una volta. E ancora una volta, trovarsi dolorosamente a fare i conti con essi. La gara che Olga Kharlan attendeva da cinque anni, quella messa nel mirino per poter finalmente completare una collezione già ricchissima di medaglie è durata meno del previsto. Trasformando un sogno in un incubo a occhi aperti, a questo giro senza nemmeno una medaglia di bronzo a lenire seppur parzialmente il dolore. O una gara a squadre da tirare a pochi giorni di distanza per cercare una riscossa dopo aver pianto fino all’ultima lacrima e oltre.
Per Olga Kharlan l’Olimpiade di Tokyo è durata un solo assalto, quello contro la cinese Yang. Che delle tre asiatiche era le meno quotata. E a cui, nell’ultimo incrocio prima di oggi, aveva rifilato un netto 15-4. Storia di due anni fa, nella gara di Coppa del Mondo al Cairo. La storia di oggi, invece, è stata diversa. Dice 15-11 Yang, che prosegue la sua corsa, mentre alla fuoriclasse ucraina rimangono solo lacrime e tanta, tanta amarezza.
È lo sport, in tutta la sua crudeltà. Dove non ci sono numeri, statistiche o algoritmi che tengano, ma solo l’elemento umano e le mille variabili che questo comporta. È una gara, l’Olimpiade, che non fa sconti a nessuno. Nemmeno a una quattro volte campionessa del Mondo, partita per il Giappone con la sacca carica di sogni, i favori del pronostico e la voglia di liberarsi una volta per tutti di quella maledizione Olimpica. Finendo, però, nuovamente respinta con sanguinose perdite.
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Foto Bizzi