L’allargamento della famiglia, la carriera magistrale per allenare i più piccoli. Ma anche la voglia di proseguire a gareggiare, per dire la sua e farsi un altro regalo a Parigi.
“Scappo che vado a visitare il Museo”. Ospite della giornata conclusiva del Festival dello Sport di Trento e protagonista, assieme alle compagne di squadra e ad Alice Volpi, di un incontro tenutosi al Museo della Scienza della città trentina, Mara Navarria non perde occasione per soddisfare la sua curiosità e la sua voglia di conoscere ed esplorare.
Da Tokyo la spadista friulana è tornata a casa con una medaglia di bronzo a squadre, ma anche con tanti progetti per il futuro. L’incertezza sul prosieguo della carriera che l’aveva accompagnata nel percorso verso Tokyo, ora sembra essersi diradata. C’è ancora voglia di dare tanto sulla pedana, strizzando l’occhio ai Giochi di Parigi 2024, sebbene l’idea di allargare la famiglia sia sempre ben alta nella classifica delle priorità che animano la trentaseienne di Carlino.
Allora Mara, proseguiamo fino a Parigi?
Non avevo mai fatto mistero del fatto che volessi allargare la famiglia e fare altro oltre la scherma. Ma finché in pedana mi diverto e, soprattutto, finché occupo questa posizione nel ranking non vedo perché debba smettere. Quindi sì, abbiamo iniziato a pianificare il percorso verso Parigi 2024 assieme al mio staff. Anche se nei piani miei e di Andrea (il marito, ndr) la genitorialità e l’idea di allargare la famiglia rimane sempre viva.
La concorrenza però non ti manca, quanto è stimolante per te questa sfida?
Tanto. Ma più che altro sotto un aspetto: migliorare me stessa. Voglio aumentare le difficoltà, migliorare il mio allenamento, oltre naturalmente a puntare a portarmi a casa un altro regalino individuale e a squadre da Parigi. Le ragazze più giovani e la loro spinta sono sicuramente un ottimo metodo di confronto, ma come detto io punto soprattutto a migliorare me stessa.
Il tuo percorso tecnico proseguirà sempre in Friuli?
Sì, il fatto di essere nella mia terra mi aiuta molto. Ora abbiamo ristrutturato casa a Carlino e viviamo lì. Roberto Cirillo comunque rimane il mio tecnico.
Oltre agli impegni in pedana e fuori pedana (gli studi), stai anche intraprendendo il percorso Magistrale. Cosa pensi e, soprattutto, cosa vuoi trasmettere ai tuoi Allievi?
Mi ha colpito molto il fatto che, in tutti i camp che sin qui ho fatto, i ragazzi mi facevano, prima ancora che domande tecniche, domande su di me come persona, come atleta e sulla mia vita di tutti i giorni. Io cerco di trasmettere tutto quello che mi chiedono, ma vedo che quando comincio a dare consigli tecnico-tattici gli occhi dei ragazzi si illuminano. E questo mi appaga non solo dal punto di vista “magistrale” ma anche e soprattutto sotto quello di mamma e donna: i ragazzi mi ascoltano e mettono in pratica quello che dico.
Come pensi che si possano conciliare i due aspetti, ovvero quelle delle gare e quello dell’insegnamento?
Una cosa per volta! Mi era già stato proposto di allenare e la cosa mi aveva anche allettato prima dell’Olimpiade. Ma allora ancora non sapevo se e come avrei continuato con la scherma agonistica. Ora che ho le idee più chiare in tal senso, sicuramente posticiperò questa fase, anche se nel mentre faccio tutta quella parte di studio e conoscenza sugli aspetti fisici e mentali della scherma. Un aspetto, quest’ultimo, che ritengo tutt’altro che di poco conto.
La guida della spada azzurra è cambiata, passando da Sandro Cuomo a Dario Chiadò: cosa comporta per te?
Mi aspetto molto da Dario come tecnico. Lo conosco benissimo perché con lui ho già lavorato in passato: c’era quando ho vinto la mia ultima gara di Coppa del Mondo Under 20, e c’era lui a fondo pedana quando vinsi a Doha il Grand Prix appena successivo alla morte di Oleg Pouzanov. Inoltre lo stimo tanto come tecnico e come persona. In questi giorni abbiamo avuto un primo assaggio in ritiro e devo dire che c’è tanto entusiasmo.
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Foto Alessandro Gennari/Pianeta Scherma