#FencingBestOf2021 – Tokyo 2020, Italia sei bella anche senza la medaglia d’oro

#FencingBestOf2021 - Tokyo 2020, Italia sei bella anche senza la medaglia d'oro

Per la prima volta dopo quarant’anni, l’Italia chiude senza ori ai Giochi Olimpici. Ma arrivano comunque cinque medaglie ognuna con un peso specifico importantissimo. 

 

Zero ori a referto, cosa che non accadeva da quarant’anni tondi, perdipiù proprio nell’edizione delle Olimpiadi più ricca di medaglie che lo sport azzurro ricordi. L’immediato post Tokyo, è stato tutt’altro che tranquillo per l’Italia della scherma, condannata da una storia di successi a essere la fucina di metalli preziosi ai Giochi Olimpici e passata in poco tempo come il settore più deludente della luccicante spedizione italiana in Giappone.

Eppure i numeri sono tutt’altro che deludenti: cinque medaglie complessive, tre d’argento e due di bronzo. Risultati non propriamente da buttare, malgrado non siano ovviamente mancate delusioni e prestazioni lontane dalle attese e dalle speranze della vigilia. Se poi si vanno a mettere sulla bilancia, i metalli conquistati sulle pedane Giapponesi hanno un peso specifico tremendo.

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Lo ha l’argento di Daniele Garozzo, al termine di una gara di pura sofferenza. Nel terreno migliore dove il talento e la determinazione dell’acese si possono accendere ed esaltare. Finché il fisico ha retto, ha tenuto botta al nuovo che avanza, a quel Cheung Ka Long pronto a mettere sulla mappa anche Hong Kong. Per molti il “solo un argento” – come lo stesso Daniele ha fatto piccatamente notare qualche giorno dopo il suo rientro in Italia – per tutti un pezzo di storia della scherma e la conferma della forza di un campione con la C maiuscola.

Valgono oro anche gli argenti arrivati dalla sciabola maschile. La rimonta di Luigi Samele contro Kim Junghwan nella semifinale della gara individuale è qualcosa da raccontare in loop alle generazioni future, il capolavoro all’interno del capolavoro dipinto dal foggiano quel giorno. L’argento a squadre coincide con la Last Dance di Aldo Montano, chiamato in pedana presto per il ko dello stesso Samele e decisivo nella semifinale contro l’Ungheria. Gli ultimi sprazzi di classe di un fuoriclasse unico, che si congeda nel migliore dei modi possibili da una carriera leggendaria.

Come i migliori possibili sono stati gli avversari che contendono agli Azzurri il bersaglio grosso. Da una parte un uomo lanciato verso la leggenda, Aron Szialgyi; dall’altra una corazzata ingiocabile, ovvero il quartetto della Corea del Sud.

Il bronzo delle spadiste è un’altra storia tutta da raccontare. Dalle macerie della mancata qualificazione a Rio 2016, ai sorrisi giganti sul podio di Tokyo. Chicca Isola è il futuro che si fa spazio sgomitando, Rossella Fiamingo e Mara Navarria le veterane cariche di titoli ed esperienza, Alberta Santuccio la quarta che si è fatta trovare pronta nel momento in cui è stata chiamata in causa.

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E poi c’è la medaglia che più di tutte ha spaccato la critica, quella delle fiorettiste. Alla vigilia si sognava l’oro o comunque la sfida con le eterne rivali, ma all’appuntamento con Deriglazova e compagne si è presentata la Francia. Alla fine è arrivato un bronzo perfettamente incasellabile nell’espressione latina “in medio stat virtus”: non il risultato che ci si attendeva ma la reazione di rabbia e orgoglio di Martina Batini, Arianna Errigo ed Alice Volpi- con il prezioso contributo di Erica Cipressa, che il suo contributo l’ha portato eccome – contro gli Stati Uniti ha certificato che anche se non più Dream Team il quartetto azzurro è fatto di campionesse vere.

Twitter: agenna85

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Foto: Augusto Bizzi