Scherma, femminile singolare: storie di atlete che hanno lasciato il segno dentro e fuori le pedane

Scherma paralimpica - Bebe Vio torna in gara a Pisa

L’8 marzo ci fornisce l’occasione per una riflessione su alcune delle schermitrici che hanno lasciato il segno non solo nel nostro sport ma anche nella Storia, frantumando barriere che sembravano infrangibili e indicando nuove strade a chi è venuto dopo di loro.

 

Non fiori ma fioretti, spade e sciabole per questa festa della donna 2022 e, soprattutto, storie di volontà, di primati e di barriere superate. L’8 marzo, tradizionalmente, celebra l’universo femminile in tutte le sue sfumature e noi abbiamo scelto di raccontare una parte della scherma in rosa, in un ideale viaggio nel tempo che ripercorre un tragitto fatto di prime volte e di impatto sociale che parte dallo sport e si propaga all’infinito. Protagoniste sono le schermitrici che hanno lasciato un segno indelebile in pedana e non solo, facendosi manifesto vivente del concetto che sì, impossibile è davvero solo una parola.

Il nostro viaggio parte dall’Italia con un’atleta che, grazie alle sue vittorie in pedana, ha aiutato a trasmettere il messaggio dell’unità nazionale in un momento storico in cui era fortemente compromesso: Irene Camber, medaglia d’oro nel fioretto femminile alle Olimpiadi di Helsinki 1952.

Irene Camber, figlia del poeta Giulio Camber Barni, nasce a Trieste nel 1926 e vive un’epoca di contrasti: in quegli anni sono poche le donne che si dedicano allo sport e lei non solo ne pratica uno ma riesce anche molto bene; è triestina in un periodo storico in cui la città è divisa in zona A, di pertinenza italiana e zona B, appartenente alla Jugoslavia e la sua popolazione è spaccata in due, il senso di appartenenza nazionale labilissimo.

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L’impresa più grande di Irene Camber avviene nel 1952, quando, alle Olimpiadi di Helsinki, sconfigge l’allora regina del fioretto Ilona Elek, conquistando la medaglia più ambita. È la seconda atleta italiana a vincere una medaglia individuale alle Olimpiadi (la prima era stata Ondina Valla nel 1936) ma soprattutto, con il suo successo, è in grado di unire la sua città e il resto d’Italia, ricordando al governo centrale che la questione triestina è ancora drammaticamente aperta. Solo due anni più tardi, Trieste tornerà definitivamente all’Italia.

Una medaglia d’oro nel fioretto fondamentale ma non la prima: per risalire all’esordio della scherma femminile alle Olimpiadi dobbiamo tornare indietro fino al 1924, quando a Parigi la specialità del fioretto viene finalmente aperta anche alle donne. A scrivere il suo nome nella storia è in questa occasione la danese Ellen Osiier, che conquista l’oro e diventa la prima campionessa olimpica nella scherma. Ellen Osiier, cognome acquisito dal marito Ivan (anche lui schermidore da record), sbaraglia tutte le avversarie e segna un primato storico, aprendo la strada a tutte le fiorettiste che verranno. Per una prima partecipazione da parte di una delegazione italiana si dovrà attendere il 1948, mentre il primo oro sarà proprio quello conquistato da Irene Camber nel 1952.

Laura Flessel, leggenda della spada e idolo di tante future campionesse

Se la strada delle donne nel fioretto olimpico è iniziata relativamente presto, non si può dire lo stesso per le altre due specialità, dove l’ammissione delle categorie femminili arriva decisamente più tardi. Per quanto riguarda la spada, la prima Olimpiade al femminile risale al 1996 ad Atlanta. Ad aprire la strada alle colleghe stavolta è la francese Laura Flessel, che conquista l’oro individuale e, per non farsi mancare niente, agguanta anche quello a squadre. In quell’edizione, l’Italia segue a ruota nella competizione a squadre, portando a casa l’argento. Per quanto riguarda il titolo individuale, per il momento non è stato ancora conquistato da un’atleta italiana: ad andarci più vicina, finora, è stata Rossella Fiamingo, medaglia d’argento a Rio de Janeiro nel 2016.

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Ultima ad entrare nel programma olimpico per le categorie femminili è la sciabola, che vede la partecipazione delle donne solo a partire dal 2004. A scrivere per prima il suo nome nell’albo d’oro è la statunitense Mariel Zagunis, che non si accontenta solo di questo: la sua è la prima medaglia nella scherma per gli Stati Uniti dal 1904. Inoltre è lei, ad oggi, l’unica sciabolatrice ad aver conquistato il metallo più pregiato nella sciabola due volte di seguito: Zagunis salirà sul gradino più alto del podio, infatti, anche a Pechino nel 2008.

In anni più recenti, con le competizioni femminili già pienamente avviate, c’è comunque spazio per nuovi primati e per nuovi limiti da infrangere. Un nome che non passa inosservato, in questo, è quello di Ibtihaj Muhammad, sciabolatrice statunitense che di barriere ne ha spezzate tante. È infatti la prima donna musulmana a competere a livello internazionale per gli Stati Uniti, per di più indossando l’hijab in ogni gara. La sua esperienza, anche grazie al bronzo a squadre conquistato alle Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016, ha contribuito a normalizzare l’immagine delle donne musulmane nel mondo occidentale, obiettivo a cui la stessa atleta concorre in prima persona attraverso la sua linea d’abbigliamento per donne musulmane, Louella. L’impatto di questa sciabolatrice è tale che, proprio in seguito alle Olimpiadi di Rio, Mattel ha creato una Barbie con le sue fattezze: la prima Barbie con il velo, ispirata alla schermitrice, è entrata a far parte della linea Shero della casa, che celebra le donne che sanno superare i limiti.

Ibtihaj Muhammad, l'eroina in hijab diventa una Barbie

Ibtihaj Muhammad, l’eroina in hijab diventa una Barbie

E ispirazione per la Mattel  è anche l’ultima schermitrice del nostro viaggio tra le prime volte: eravamo partiti dall’Italia e chiudiamo con lo Stivale raccontando l’esperienza di Beatrice Vio, fiorettista paralimpica che ha ridefinito il concetto di impossibile. Colpita da meningite fulminante all’età di 11 anni, quella che è conosciuta da tutti semplicemente come Bebe, è la prima atleta quadriamputata al mondo a gareggiare nella scherma: priva del braccio armato, utilizza una protesi creata per la prima volta appositamente per lei. E non si limita solo a gareggiare, Beatrice Vio, perché le piace vincere: il suo palmarès ha all’attivo già due ori paralimpici (Rio de Janeiro 2016 e Tokyo 2020) e c’è da scommettere che molte altre medaglie si aggiungeranno alla lista.

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Se prima la scherma era considerata uno sport impraticabile per un atleta con una disabilità di questo genere, l’esperienza di Bebe ha ridefinito completamente il concetto di impossibile e posto lo sport paralimpico sotto una nuova luce, anche grazie ai risultati agonistici della “ragazza magica” e al suo atteggiamento mediatico. Non a caso, nel 2019 Mattel l’ha eletta a ispirazione per una sua Barbie all’interno del Dream Gap Project per i 60 anni della popolare bambola.

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