Lo sciabolatore ungherese è a un solo successo dal poter portare a casa per sempre il prestigioso Trofeo Luxardo. Un’impresa riuscita a pochi altri grandi della disciplina. L’ultima vittoria nel 2015.
Un amore enorme e potentemente corrisposto, a cui manca solo il suggello finale: quello fra Aron Szilagyi e il “Trofeo Luxardo” è un rapporto speciale come pochi, ma perché possa essere davvero perfetto serve solo una terza vittoria. Quella che permetterebbe al tre volte campione Olimpico di tornare a Budapest con il bellissimo trofeo cesellato dal Maestro gioielliere Massimo Antonelli e arricchire la sua bacheca lasciando definitivamente il segno in una delle gare più iconiche e prestigiose dell’intero circuito Mondiale.
La prima firma nel 2010, a vent’anni, quindi il bis quattro anni dopo. Da quel momento in poi i tentativi del fuoriclasse ungherese di mettere le mani sul trofeo, sono andate sempre frustrati: nel 2016 ci si mise di mezzo un monumentale Aldo Montano, mentre nel 2018 fu Eli Dershwitz a spegnere sul più bello il sogno di Szilagyi di aggiungere il proprio nome a quelli di Viktor Sidyak, Michele Maffei, Imre Gedeovari e Stanislav Podzniakov nell’elenco di chi è stato capace di vincere almeno tre volte la gara padovana. Il Trofeo Luxardo è stato assegnato anche a Luigi Narduzzi – che però non ha mai vinto la gara – e al bulgaro Vasil Etropolski, che si è imposto soltanto in due occasioni.
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Una pandemia e un terzo oro Olimpico al collo dopo, l’uomo che ha riscritto i libri di storia torna in Veneto per un nuovo tentativo. Di fronte a lui, una concorrenza spietata e una pattuglia di italiani desiderosi di ben figurare nella gara di casa a rendere tutt’altro che agevole l’impresa. La storia ha già però dimostrato che quando l’ungherese si mette in testa un obiettivo, difficilmente lo manca. Londra, Rio e Tokyo sono lì a dimostrarlo. E se a fine giornata la figura del magiaro si staglierà al centro del podio, siamo certi che al magnifico e competente pubblico del “Luxardo” non dispiacerà poi tanto se a risuonare non sarà l’inno di Mameli.
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Foto Bizzi