Per la capitale egiziana si tratta di una seconda volta per quanto concerne l’organizzazione dei Mondiali di scherma. Nel 1949 solo D’Oriola ed Ellen Preis impedirono l’en plein italiano.
Settantatré anni. E in mezzo il Mondo e la scherma che sono completamente cambiati. Dopo il 1949, Il Cairo si prepara ad accogliere nuovamente un’edizione dei Mondiali di scherma che a suo modo è storica. Perché se quella precedente fu la prima in assoluto a essere disputata fuori dai confini Europei, quella che scatta fra una settimana esatta è quella della ripartenza vera e proprio dopo il lungo stop pandemico. Di fatto, però, le analogie finiscono qui. Perché se l’Italia spera di poter rinverdire i fasti di quella ricchissima edizione, dall’altra parte si deve confrontare con uno scenario schermistico totalmente mutato.
Cannibali – Era quella l’Italia dei grandi campioni tramandati ai libri della leggenda. L’Italia dei Edoardo Mangiarotti e Dario Mangiarotti e di Renzo Nostini. Una scuola schermistica di prim’ordine che uscì da quell’edizione dei Mondiali con il pieno di medaglie, facendo propri cinque dei sette titoli in palio e aggiungendo alla conta anche due argenti e altrettanti bronzi. A livello individuale arrivarono gli ori di Dario Mangiarotti nella spada e Gastone Darè nella sciabola, in una gara che vide il podio completato da Giorgio Pellini e Vincenzo Pinton. A squadre fu invece en plein di ori dopo le sfide con eterni rivali della Francia nel fioretto e nella sciabola mentre nella spada a inchinarsi fu la Svezia.
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Eccezioni – Le uniche medaglie d’oro a sfuggire all’Italia quell’anno furono quelle del fioretto individuale. Al maschile a imporsi fu l’imbattibile Christian D’Oriola, con il fenomenale francese che mise in fila Renzo e Giuliano Nostini, rispettivamente argento e bronzo. Al femminile, unica gara donne disputata, vinse l’austriaca Ellen Muller mentre Silvia Strukel chiuse fra le prime otto.
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