Tre anni fa ai Mondiali di Budapest la sfida fra Velikaya e Kharlan per il titolo di sciabola femminile. E una fotografia che con gli occhi di oggi fa emergere sentimenti contrastanti.
A riguardarla ora, quella fotografia in cui una sorridente Sofya Velikya strozza scherzosamente l’amica-rivale Olga Kharlan (che l’aveva appena battuta nella finale iridata di sciabola a Budapest) è un colpo al cuore tremendo. Uno scatto allora iconico, copertina perfetta di una rivalità meravigliosa fra due atlete irripetibili, ma che ora suscita sentimenti contrastanti e rischia di essere l’ultima testimonianza di un dualismo che molto probabilmente non godrà (e non farà godere tutti gli appassionati) di altre repliche. Questo l’assurdo, paradossale tributo che lo sport si trova a pagare al conflitto che vede, dallo scorso 24 febbraio, Russia e Ucraina l’una contro l’altra. Non una guerra metaforica combattuta sulla pedana di scherma, ma una guerra vera combattuta con carri armati, bombe e altre armi che vede i due Stati l’uno nei panni dell’invasore l’altro dell’invaso.
C’eravamo quel giorno alla Syma Hall e con ancora negli occhi lo spettacolo offerto dalle due campionesse, ci stavamo già pregustando i successivi capitoli della storia. Avevamo sognato di vederle nuovamente l’una di fronte all’altra a Tokyo, nell’Olimpiade dapprima rinviata per Covid quindi disputata nello scenario surreale di un palazzetto senza pubblico. Ma il pensiero stupendo di noi appassionati di scherma di un nuovo incrocio nella finalissima era durato meno di un amen, giusto il tempo necessario alla cinese Yang Hengyu per confezionare la più atroce delle delusioni a Kharlan, estromettendola al primo turno dalla caccia all’oro e spedendola di nuovo a tu per tu con i propri demoni.
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Rimaste senza corona anche in Giappone, le due hanno rilanciato la sfida verso Parigi. Senza troppo pensarci la russa, prendendosi i suoi tempi per smaltire la delusione e riabbracciando il primo amore, la danza, l’ucraina. Ma di mezzo, questa volta, ci si è messo qualcosa che non lo sport non ha nulla a che vedere e che dello sport è tremendamente più grande. I venti di guerra hanno spazzato via tutto, cambiando esistenze, priorità e, probabilmente rapporti personali. La Russia è stata cancellata dallo sport internazionale e chissà se e quando potrà tornare alle gare. Gli atleti ucraini, dal canto loro, hanno dovuto reinventarsi la vita altrove trovando la solidarietà e l’aiuto concreto della comunità schermistica internazionale, che ha dato loro ospitalità e un posto dove allenarsi. Ricercando, per quanto possibile, la giusta tranquillità per poter preparare gli impegni agonistici malgrado una situazione psicologica difficilmente comprensibile da chi non si trova a dover quotidianamente fare i conti con le drammatiche notizie di morte e distruzione provenienti da casa.
E in queste condizioni, cercando di incanalare nel migliore dei modi la rabbia che le scorre dentro, Olga Kharlan andrà all’assalto del quinto titolo individuale prima di prendere per mano le compagne nella prova a squadre che le vedrà subito opposte all’Italia in un match dal significato emotivo enorme. Tra le avversarie, però, questa volta non troverà Sofya Velikaya, la rivale con cui assomma 90 podi in Coppa del Mondo, 6 titoli Mondiali e 10 Europei. Del resto, da quel 24 febbraio tutto è cambiato alla velocità della luce. Anche l’occhio e la prospettiva con cui si guarda una fotografia.
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Foto Pavia/Bizzi