Il 24 febbraio del 2022 la Russia attacca militarmente l’Ucraina. Nello stesso momento, a Sochi, va in scena uno dei più surreali fine settimana di gara che la scherma ricordi.
Il tintinnio delle spade, lo squittio della scarpe sulla pedana, il rumore degli apparecchi elettrici, le luci rosse e verdi a segnalare le stoccate da una parte; il tuono dei cannoni, le sirene d’allarme, il sibilo dei missili, il panico dall’altra. In mezzo, il Maro. Quello che separa la Russia dall’Ucraina, l’invasore dall’invaso. I venti di guerra che irrompono sulla scena di quello che fino a qualche giorno prima sarebbe dovuto essere un nuovo fine settimana di Coppa del Mondo, la scherma messa di fronte a un nuovo sconvolgimento dopo il periodo di stop causa covid da cui stava, pur con protocolli e restrizioni, lentamente ripartendo. “Operazione militare speciale” la chiamano dalle parti del Cremlino, nei fatti un vero e proprio attacco ai danni di uno stato sovrano.
Nel mentre, a Sochi, va in scena la tappa di Coppa del Mondo di spada femminile. Ovvero, quello che Rossella Fiamingo ha perfettamente dipinto come il weekend «più lungo, più strano e più surreale di sempre». Un weekend di scherma in un contesto di guerra, con gli effetti che si ripercuotono anche sulla tappa di fioretto maschile al Cairo, su quella di fioretto femminile a Guadalajara e sugli Europei Cadetti e Giovani di Novi Sad. In Egitto, così come in Messico e nella rassegna giovanile, iniziano in serie i boicottaggi ai danni degli atleti russi. Dalla Serbia fanno il giro del web le immagini dell’abbraccio fra le fiorettiste azzurre e quelle ucraine, con queste ultime che ringraziano le colleghe per il gesto di essersi rifiutate di tirare contro la Russia; ma da Novi Sad arriva anche lo sfogo di chi, come la spadista Anastasia Rustamova, era partita con l’idea di dare il massimo in pedana e si è trovata suo malgrado coinvolta in qualcosa di molto più grande dei suoi diciassette anni non ancora compiuti.
Ma è sulle sponde del Mar Nero che tutto assume i contorni di una sorta di incubo a occhi aperti. L’aspetto agonistico da un momento all’altro perde ogni importanza, superato dalla necessità di trovare quanto prima la via del ritorno verso casa e lasciarsi tutto alle spalle. Eppure, nella giornata di venerdì tutto procede come da programma, con le fasi preliminari di qualificazione al tabellone principale che vengono regolarmente completate. Sabato invece tutto precipita, mentre la giornata acquisisce ora dopo ora un aspetto sempre più grottesco: c’è chi abbandona il palazzetto prima dell’inizio, chi invece nel pieno della gara, su cui ormai regna il caos più totale. A Tatyana Andryushina, una delle quattro semifinaliste, bastano solo due vittorie “sul campo” per trovarsi proiettata fra le prime quattro. Rossella Fiamingo, Alessandra Bozzi e Nicol Foietta portano a casa il loro primo assalto, ma è qualcosa che va bene per le statistiche e nulla più. Quindi la precipitosa fuga dalla Russia, con rientri diventati autentiche odissee dopo la chiusura degli spazi aerei in tutta Europa.
Voli cancellati, altri bloccati prima del decollo, altri ancora costretti a tornare indietro quando ormai la meta sembrava vicina. Il ritorno verso casa che diventa una lotteria, in cui chi è più fortunato o previdente riesce ad arrivarci per via diretta mentre ad altri tocca in sorte un vero e proprio giro del Mondo con scali e coincidenze ricalcolati ogni volta fra autentici funambolismi organizzativi. «Da Sochi siamo arrivate all’aeroporto secondario di Mosca (Domodedovo, ndr), ma lì abbiamo scoperto che il volo per Parigi era cancellato così come tutti quelli per l’Europa» aveva raccontato al tempo Alice Clerici che assieme ad alcune compagne di squadra aveva dovuto affrontare un viaggio tutt’altro che lineare «Allora abbiamo preso armi e bagagli, attraversato in macchina la città e siamo arrivate all’aeroporto internazionale. Lì abbiamo trovato posto su un volo per Milano, ma poco prima di decollare ci hanno bloccato per la chiusura dello spazio aereo italiano. Alla fine siamo dovute andare a Doha quindi a Roma e finalmente a casa»
Da quel weekend di fine febbraio è passato un anno e ancora in Ucraina infuria la guerra. Gli atleti russi, bannati da ogni competizione per input del CIO, da allora non hanno più fatto alcuna apparizione su palcoscenici internazionali e sperano che il prossimo 10 marzo la situazione possa cambiare, seppur sotto bandiera neutrale. Dall’altra parte l’opposizione di chi, Ucraina in testa, spinge perché lo status quo rimanga fino al cessate il fuoco e la fine delle ostilità. In mezzo l’idea di molti che, a prescindere da quello che si deciderà nel congresso straordinario della FIE, nulla sarà comunque più come prima di quello sciagurato 24 febbraio 2022.
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Foto Eva Pavia/Bizzi Team