Sette medaglie complessive, un oro, tante luci, ma anche qualche ombra e motivi di rammarico. Il bilancio dell’Italia ai Mondiali Cadetti e Giovani di Plovdiv.
Confermarsi al vertice in una geografia schermistica sempre più in mutazione, come hanno dimostrato i 23 Paesi andati a medaglia e le difficoltà di alcune storiche scuole schermistiche. Appena calato il sipario sui Campionati Mondiali Cadetti e Giovani di Plovdiv 2023, per l’Italia è tempo di tracciare un bilancio e di dichiararsi comunque soddisfatti per come sono andate le cose sulle pedane bulgare. Sette medaglie con un oro, quattro argenti e due bronzi compongono il bottino finale della spedizione azzurra. Un piccolo passo indietro in termini meramente numerici rispetto allo scorso anno a Dubai, quando i piazzamenti a podio furono in totale 8 e i titoli iridati messi a referto due. Ma, a vedere il lato positivo, resta la certezza di essere rimasti al vertice in una scena che anche a livello giovanile sta diventando sempre più globalizzata.
Trazione fioretto – Cinque delle sette medaglie refertate sono arrivate dal fioretto, settore che è destinato a subire un completo rinnovamento in vista della prossima stagione con la classe 2003 che si congeda dalle categorie giovanili lasciando in eredità due argenti a squadre, il bronzo di Aurora Grandis (che si è aggiudicata anche la Coppa del Mondo chiudendo davanti a Druck e Jing) ma soprattutto il titolo iridato vinto da Damiano Di Veroli. All’ultima recita, il romano che già l’anno scorso era stato protagonista della cavalcata a squadre, si laurea campione del Mondo nel fioretto Giovani con una gara tutto cuore e talento. Di grande pregio anche gli argenti vinti a squadre, dove l’Italia si è fermata soltanto al cospetto delle due corazzate statunitensi dopo essersela giocata alla pari fino alla fine. Ma dietro al piazzamento delle Power Rangers e dei Fratellastri – il copyright appartiene alle ragazze e ai ragazzi che si inventati i soprannomi – c’è molto altro: il quartetto composto da Giulia Amore, Matilde Calvanese, Aurora Grandis e Carlotta Ferrari si è confermato nuovamente al vertice, bissando il piazzamento dello scorso anno e impegnando a fondo una squadra che poteva contare sull’oro e l’argento della prova individuale; quello maschile è stato riassemblato ex novo in questa stagione, ripartendo dal solo Di Veroli come unico superstite della squadra iridata lo scorso anno. Raian Adoul, Giuseppe Franzoni e Matteo Morini si sono uniti quest’anno e i quattro assieme hanno subito trovato la chimica per recitare da protagonisti in Coppa del Mondo ma, soprattutto, nella gara più importante della stagione. E se, come detto, l’asticella anagrafica impone il rinnovamento totale della squadra, Stefano Cerioni può comunque dormire sonni tranquilli perché da dietro i ricambi non meritano: lo ha dimostrato Greta Collini, splendida medaglia d’argento nella prova Cadette un mese dopo essere stata vice-campionessa continentale alle spalle di Vittoria Pinna. Sono loro i nomi da cui ripartire, senza dimenticare Matilde Molinari e Irene Bertini che hanno trovato porte chiuse a questo giro ma pronte a prendersi la scena. Al maschile non sono arrivate medaglie (Elia Pasin si è fermato alle porte del podio), ma anche qui non mancano prospetti interessanti per la ricostruzione.
Quella maledetta ultima stoccata – Il proprio contributo lo ha dato anche la sciabola con l’argento a squadre delle ragazze (Carlotta Fusetti, Michela Landi, Maria Clementina Polli, Manuela Spica) e il bronzo individuale di Emanuele Nardella nella prova Giovani al maschile. Avrebbero meritato il finale migliore le sciabolatrici, a maggior ragione dopo essere arrivate a una sola stoccata dal sogno e da un oro poi finito sul collo dell’Ungheria che ha potuto far conto sull’esperienza di un’atleta, Sugar Battai, con già in bacheca un titolo Mondiale assoluto a squadre e una vittoria individuale in Coppa del Mondo delle “grandi”. Ma passata la rabbia e le lacrime del momento, c’è da godersi una medaglia d’argento molto preziosa da cui edificare l’anno prossimo un nuovo tentativo, con una squadra che a parte l’uscita di Michela Landi, può ripartire da un telaio rodato. Ha il sapore della maledizione spezzata, invece, il bronzo di Emanuele Nardella dopo due Mondiali in cui suo malgrado ha dovuto fare da spettatore. Nel 2021 lo ha fermato la decisione dell’Italia di non inviare la delegazione al Cairo, lo scorso anno un infortunio proprio alla vigilia della partenza. A Plovdiv il foggiano ha colto alla sua ultima occasione il meritato compenso.
Spada a secco – Non è riuscita ad artigliare una medaglia invece la spada. Il sesto posto di Lucrezia Paulis nella prova individuale Giovani rimane il miglior piazzamento centrato dall’arma guidata da Dario Chiadò. Fra i più delusi sicuramente c’è Simone Mencarelli: il torinese, splendido protagonista in tutta la stagione di Coppa del Mondo in cui ha centrato due vittorie e altrettanti piazzamenti sul podio, non è riuscito a esprimere appieno il proprio valore a Plovdiv, chiudendo con un anonimo piazzamento alla casella 107 della classifica individuale. Anche nelle prove a squadre, vinte da Polonia (femminile) ed Egitto (maschile), i quartetti azzurri non hanno brillato appieno, chiudendo in quinta e sesta posizione rispettivamente
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Foto Bizzi