I campioni del Mondo in carica della Corea del Sud restano i favoriti per la corsa al titolo, ma sono privi di Kim Junghwan. L’Italia ritrova Berrè e vuole giocarsi le sue chance di medaglia. Francia pericolosa mina vagante.
La sciabola maschile a squadre è uno sport semplice: si parte in tanti e alla fine vince (quasi) sempre la Corea del Sud. Ed è a quelle cinque lettere di speranza che si aggrappano i pretendenti alla medaglia d’oro ai Mondiali di Milano per sovvertire la citazione con licenza del famoso assunto linekeriano sul calcio e sull’ineluttabilità della vittoria dei tedeschi nelle grandi manifestazioni calcistiche per Nazionali. Ora, non sappiamo se la mitica punta inglese abbia dimestichezza con la scherma, ma dando una scorsa ai numeri fatti registrare nelle ultime stagioni dalla corazzata coreana, siamo certi approverebbe senza battere ciglio lo spostamento dal prato verde alla pedana della sua massima più famosa. Campioni del Mondo a Lipsia nel 2017, fotocopiare la frase e sostituire le date mettendo anche 2018, 2019 e 2022. Campioni Olimpici a Tokyo 2021 per non perdere l’abitudine e per entrare di diritto nella hit parade dei “Dream Team” capaci di segnare un’epoca della scherma.
E la stagione che si appresta a vivere il suo culmine a Milano ha dimostrato che i cannibali hanno ancora fame: tre vittorie in Coppa del Mondo, un terzo posto e l’ennesimo sigillo ai campionati Asiatici sono il biglietto da visita con cui Oh Sanguk e compagni si presentano all’ombra del Duomo. Ma qui si innesta quel “quasi” citato in apertura dell’articolo: la Corea del Sud non è imbattibile. Lo ha dimostrato l’Italia a Padova, mettendo in ginocchio gli asiatici nella semifinale del Trofeo Luxardo con tanto di super parziale di Matteo Neri ai danni di Gu Bongil; lo ha dimostrato la Georgia dell’onnipotente Bazadze, che ha infiocchettato a Madrid la polpetta avvelenata che ha costretto i coreani a dover lottare per un nono posto nella prima gara di qualifica Olimpica. A Milano, inoltre la Corea sarà priva di Kim Junghwan, fermato da un infortunio: toccherà a Kim Junho e Ha Hansol sostituirlo, accanto agli ovviamente confermatissimi Gu e Oh.
Piccole crepe, quasi invisibili, in un muro solidissimo. Ma sufficienti per alimentare sogni e speranze di chi sogna lo sgambetto. L’Ungheria, in prima battuta, con l’ormai immutabile “quadrato” Decsi – Gemesi – Szatmari – Szilagyi, sin qui sempre respinti alle porte del paradiso e pronti a un nuovo assalto dopo gli argenti del 2017, del 2019 (in una finale fra le più belle degli ultimi anni) e del 2022. E poi la Francia, rinata con la cura Alain Coicaud dopo un turbolento cambio della guardia ai vertici tecnici prima della tappa di Madrid. L’azzardo al momento ha pagato ricchi e immediati dividendi, con il quartetto transalpino capace di riportare a casa un titolo continentale che mancava da ben 14 anni.
E l’Italia, ovviamente. Incerottata, ferita ma non piegata da una stagione in cui a turno le colonne portanti della squadra hanno dovuto fare i conti con problemi fisici e infortuni. L’ultimo in ordine di tempo, quello che ha messo fuori gioco Matteo Neri a Cracovia, ha riaperto le porte del quartetto ad Enrico Berrè, con l’Italia che ritrova così tre quarti della formazione tipo arrivata a contendere il titolo Olimpico ai coreani sulle pedane di Tokyo. Il romano ha rivisto la luce in fondo al tunnel con il terzo posto di Madrid e seppur ancora a caccia della miglior condizione, è pronto a dare nuovamente il suo contributo alla causa. Perché a Milano ci sarà da stringere i denti e lottare stoccata su stoccata, spinti dal pubblico di casa e con l’obiettivo di mettersi al collo una medaglia (con annesso bottino di punti validi per Parigi 2024). Luca Curatoli, Michele Gallo e Luigi Samele sanno come si fa – vedasi Cracovia – e sono pronti a regalare una giornata memorabile. La sfida ai Cannibali è lanciata, il prossimo 28 luglio le pedane emetteranno la loro sentenza.
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Foto Augusto Bizzi