Il peso dell’assenza della Russia, l’en plein (e i problemi extra pedana) della Francia, la Germania senza squadre qualificate e con al momento solo 2 rappresentanti. Il bilancio extra Italia del percorso verso Parigi 2024.
Les jeux sont faits, rien ne va plus. Chiuso il lungo e stressante periodo di qualificazione, passato anche dagli ultimi Mondiali di Milano lo scorso luglio, la scherma ha conosciuto i nomi di tutte le 48 squadre che si giocheranno sotto le iconiche vetrate del Grand Palais le medaglie a Cinque Cerchi a cavallo fra fine luglio e inizio agosto. Un anno intensissimo, iniziato lo scorso aprile e chiusosi da poco. E ora che scorrono i titoli di coda – in attesa di conoscere chi saranno i selezionati dai singoli comitati olimpici e di conoscere gli ultimi nomi usciti dai singoli tornei di qualificazione individuale zonale di fine aprile- si possono fare analisi e approfondimenti su quello che ci ha raccontato questa Road to Paris.
Quanto pesa l’assenza della Russia
Quella di Parigi sarà la prima Olimpiade da Los Angeles 1984 a questa parte che non vedrà al via atleti Russi. Dinamiche diverse, ma identico risultato: una delle più importanti scuole schermistiche mondiali non sarà ai nastri di partenza della più iconica competizione sportiva esistente. Allora fu una scelta volontaria in riposta al boicottaggio attuato dagli Stati Uniti alle precedenti Olimpiadi di Mosca 1980, mentre sulla mancata partecipazione a Parigi pesa il ban internazionale scattato dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. Un’assenza ovviamente che avrà un peso specifico enorme sulla futura lotta alle medaglie, soprattutto in armi come fioretto – tanto al femminile quanto al maschile – o sciabola femminile, disciplina quest’ultima in cui le russe hanno dominato in lungo e in largo nelle ultime due Olimpiadi sia a livello individuale che a squadre. Non che l’impatto sulla stesso percorso di qualificazione sia stato per questo secondario, e non serve lanciarsi in esercizi di ucronia sportiva per dimostrarlo. A Tokyo, prima edizione dei Giochi con il tanto sospirato programma completo, la Russia – anche se in Giappone gareggiò con la sigla ROC e senza inno per questioni legati all’affaire doping – fu infatti una delle tre Nazioni a qualificare tutte le squadre assieme a Italia e Stati Uniti, chiudendo poi le Olimpiadi giapponesi con la vittoria nel medagliere grazie a un bottino di 3 medaglie d’oro, 4 d’argento e 1 di bronzo. Mancheranno a questo giro nomi del calibro di Inna Deriglazova, Sofia Podznyakova, Sofya Velikaya; e, ancora, i fratelli Borodachev e tanti campioni e campionesse che la Russia ha alla sua faretra.
Francia, en plein fra i veleni
In quanto padrona di casa, la Francia avrebbe potuto comunque disporre di un massimo di sei slot per tappare eventuali “buchi” lasciati da qualche squadra durante il percorso di qualificazione. Ma il fatto che non si sia reso necessario usarne alcuno è la prima notizia rassicurante per chi, a fine luglio, si trova a dover ospitare un’Olimpiade in casa con il dovere di non fallire assolutamente l’obiettivo di vincere quante più medaglie possibile. Intanto il primo passo è stato fatto, unica nazione oltre all’Italia a portare tutte le squadre in gara. Importante l’obiettivo centrato dagli sciabolatori, che dopo aver mancato le ultime 3 edizioni (anche se a Rio la colpa fu della rotazione delle armi che tolse dal programma proprio la gara a squadre di sciabola maschile) dopo la cavalcata d’oro di Pechino 2008, sono tornati a qualificarsi e a poter giocare tre carte anche nella prova individuale. Le loro colleghe della sciabola femminile hanno marciato a ritmo insostenibile per la concorrenza, così come hanno portato a termine la loro missione senza eccessivi patemi agonistici le restanti armi. Tutto bene, quindi? No. Tutt’altro. Perché sin dall’inizio di questa stagione a turbare i sonni dalle parti di Parigi (inteso in questo caso come sede FFE) ci hanno pensato diversi problemi. Le dimissioni del responsabile del fioretto femminile appena dopo Milano, la diaspora dei fratelli Patrice e Max Pianfetti – colonne peraltro del quartetto assieme ad Apithy Bolade – dall’Insep, lo scontro in seno alla spada maschile fra tre pesi massimi schermistici come Alenxadre Bardenet, Yannick Borel e Romain Cannone da una parte e il ct (ora ex) Hugues Obry dall’altra. E, ancora, le dimissioni dalla carica di Presidente Federale di Bruno Gares, poi finito anche sotto inchiesta per cattiva gestione finanziaria della Federazione. Ultimo in ordine cronologico, la positività a un controllo anti doping di Ysaora Thibus con conseguente corsa contro il tempo per dimostrare l’assoluta involontarietà dell’assunzione della sostanza incriminata (ostarina) da parte dell’iridata 2022 cercando sposare la teoria che questa sarebbe avvenuta a seguito di un rapporto intimo con il fidanzato Race Imboden. L’entusiasmo dell’immediato post Tokyo, che aveva portato l’allora ancora in carica Gares a sbilanciarsi su un bottino possibile di 12 medaglie, ha lasciato ora spazio a un misto di piedi di piombo e timori per il futuro del movimento. Cinque medaglie allora un obiettivo maggiormente realistico, ma in generale serve portare a casa risultati per mettere a tacere le cassandre che vedono un futuro nero all’orizzonte in caso contrario.
16 Nazioni rappresentate
Alla fine della finestra di qualificazione verso Parigi, sono ben 16 le Nazioni che possono brindare al pass. En plein sfiorato per Stati Uniti ed Egitto, che saranno in lizza in 5 gare su 6. In casa Usa manca all’appello la spada maschile, che paga a caro prezzo la follia di Curtis McDowald ai Panamericani, un cartellino nero costato squalifica e un pesantissimo 0 in classifica che ha di fatto spento sul nascere le velleità Olimpiche degli spadisti americani. L’Egitto non è invece riuscito a qualificare la squadra di sciabola femminile, con lo slot africano andato all’Algeria. Bene anche il Giappone (4 squadre) e un folto gruppo con 3 team qualificati: Corea, Ungheria, Polonia, Canada e Cina, mentre l’Ucraina ha portato 2 squadre. Una squadra a testa anche per la già citata Algeria oltre che per Kazakistan, Venezuela, Repubblica Ceca e Iran.
Germania, notte fonda
Nessuna squadra qualificata e, al momento, soltanto due rappresentanti nelle prove individuali: Anne Sauer nel fioretto femminile e Matyas Szabo nella sciabola maschile. Questi i numeri impietosi per la Germania al termine del percorso di qualificazione verso Parigi. Incredibile se si pensa ai campioni espressi dalla scuola tedesca fino a non pochi anni fa. Atleti del calibro di Peter Joppich, Nicholas Limbach o Britta Heidemann solo per fare qualche esempio. Il ricambio generazionale procede con difficoltà e la perdita del gioiellino Colin Heathcock è errore di cui ci si pentirà a lungo. Non mancano tuttavia delle attenuanti: la squadra di fioretto femminile si è trovata senza Leonie Ebert, infortunatasi gravemente a Novi Sad lo scorso dicembre, quando era in vantaggio sulla Polonia nella lotta per il pass Europeo. Gli sciabolatori hanno lottato con grande coraggio fino all’ultimo, dando vita a un appassionante testa a testa con l’Italia durato fino all’ultima gara. La storia dello Sport però, insegna, che dopo aver vissuto momenti brutti c’è sempre una resurrezione. E la Germania ha tutto per potersi risollevare.
La maledizione dell’oro Olimpico nella spada femminile
Per la seconda edizione di fila (da quando peraltro è stato introdotto il programma completo senza la rotazione delle armi), non sarà presente la squadra detentrice del titolo Olimpico nella spada femminile. L’Estonia, trionfatrice tre anni fa sulle pedane di Tokyo grazie a Julia Beljajeva, Irina Embrich, Erika Kirpu e Katrina Lehis, non è infatti riuscita a qualificarsi per Parigi 2024. Un cammino molto difficile quello delle baltiche, complicato anche dalle divisioni interne e dal muro contro muro fra Katrina Lehis e lo staff federale, che aveva severamente criticato il bronzo individuale di Tokyo 2020 e il suo coach Nikola Novosjolov dopo la brutta prestazione al Mondiale di Milano. Il tutto, malgrado Lehis fosse reduce da un serio infortunio al ginocchio e dalla successiva, faticosa, riabilitazione. Nel 2020 fu la Romania a mancare l’appuntamento con la difesa del titolo conquistato quattro anni prima a Rio, ma la corsa alla qualificazione fu pesantemente condizionata dal ritiro in blocco delle protagoniste di quella cavalcata trionfale (Loredana Dinu, Simona Gherman, Simona Pop, Ana Maria Popescu). La stessa Popescu, tornata poi in pedana dopo un anno sabbatico, sarebbe riuscita a qualificarsi individualmente vincendo poi l’argento in Giappone.
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Foto copertina: Augusto Bizzi