Portando all’oro l’Ucraina nella prova a squadre di sciabola femminile, Andrea Terenzio diventa il primo tecnico italiano a vincere il titolo Olimpico in questa gara. Il capolavoro dopo due anni di lavoro.
Appena messa la stoccata che ha regalato all’Ucraina il secondo titolo Olimpico della propria storia nella prova a squadre di sciabola femminile, Olga Kharlan abbraccia in pedana Andrea Terenzio e indica alla folla chi ha reso possibile quanto appena accaduto al Grand Palais. «Sicuramente un giorno qualcuno sulla nostra storia scriverà un giorno un libro o un film» ha scritto la fuoriclasse di Mykoaliv in apertura del post social dedicato al suo tecnico. Difficile negarlo, la storia di questa medaglia d’oro ha tutti i crismi della sceneggiatura hollywoodiana, un capolavoro che porta inesorabile il marchio di fabbrica di un tecnico italiano capace di far risorgere dalle ceneri una squadra e portarla fino all’Olimpo.
Quando nel 2022 Terenzio accetta l’incarico di CT della Nazionale ucraina, la situazione che si trova ad affrontare è sportivamente tragica: rimasta fuori dai Giochi di Tokyo, la squadra è precipitata fino al diciannovesimo posto nel ranking internazionale e la sua stella Olga Kharlan è uscita mentalmente distrutta dalla tremenda delusione patita a Tokyo con l’eliminazione al primo turno della prova individuale, al punto che la stessa quattro volte campionessa del Mondo aveva meditato persino di chiuderla lì con la scherma. A complicare ulteriormente la strada, lo scoppio della guerra dopo l’invasione russa dell’Ucraina con le sue inevitabili conseguenze. Per alcune ragazze le priorità cambiano e la scherma inevitabilmente scivola in fondo alla classifica, chi decide invece di provare a proseguire lo fa fra mille difficoltà tecniche, logistiche e psicologiche : «Ho chiuso l’accordo con la Federazione Ucraina circa dieci giorni prima che scoppiasse la guerra» ci racconta Andrea Terenzio «ma proprio a causa di questo molte si sono ritirate e quindi ho potuto contare su un numero minore di atlete. Due ragazze appena hanno potuto si sono trasferite a Bologna dove già c’era Olga che lavorava con me alla Virtus Scherma. L’ultima ad aggregarsi è stata Alina Komashchuk, che aveva già deciso di smettere e si era spostata in Spagna ma alla fine sono riuscito a “convincerla” ed è arrivata anche lei».
Come avete impostato inizialmente il lavoro?
Le ragazze erano ovviamente ridotte come stracci, allenarsi era veramente difficile e serviva ottimizzare al massimo giorno per giorno quello che le loro potevano darmi. Serviva spirito di adattamento, soprattutto in relazione a quanto succedeva in Ucraina. Per dire, io non ho mai permesso a nessuno di tenere il telefono in sala durante l’allenamento ma con loro ho dovuto fare ovviamente un’eccezione sperando che da un momento all’altro non ricevessero qualche brutta notizia. Dal punto di vista sportivo, poi, partivamo da una situazione difficilissima: la mancata qualificazione a Tokyo le aveva fatte precipitare in diciannovesima posizione, il che significava avere sempre dei match difficilissimi fin dai primi turni. E se non li vincevi, non si saliva nel ranking.
Come è stato il percorso verso Parigi 2024?
Il punto di svolta indubbiamente è stato il Mondiale di Milano 2023, ma sapendo già i nostri potenziali avversari e sapendo che saremmo potuti finire sull’Italia, siamo riusciti a prepararla un po’ meglio. Se avessimo perso il match contro le Azzurre per entrare nelle otto di fatto saremmo rimasti fuori da ogni discorso di qualificazione. Ma avendo vinto e poi chiuso al quarto posto la prova iridate. ci siamo rilanciati e abbiamo capito che la missione era possibile. All’Olimpiade invece ci siamo arrivate molto bene e molto convinte dei nostri mezzi perché venivamo da quattro gare sempre a podio fra Coppa del Mondo ed Europei.
Quanto ha impattato sul vostro avvicinamento a un assalto così importante ciò che era successo durante la prova individuale con Anna Smirnova?
Nei giorni fra la gara individuale e quella a squadre credo che Olga abbia perso dai due ai tre chili. Stava malissimo, anche perché questa cosa penso l’abbia vissuta come un’umiliazione: dapprima era stata rassicurata che era sufficiente il saluto in voga ai tempi del Covid, quindi quando è in camera di chiamata arriva l’arbitro in lacrime a darle il cartellino nero. Sono cose che tagliano le gambe e che ha finito inevitabilmente con l’impattare sull’umore di tutta la squadra. E infatti nella seconda giornata del torneo la prestazione della squadra intera è stata decisamente sotto tono. Ma quello che più mi ha colpito è stato il fatto che malgrado tutto le ragazze hanno sempre dimostrato di avere delle risorse pazzesche persino nelle situazioni più complicate e questo l’ho sempre ricordato loro, anche prima della gara di Parigi. Perché ero sicuro che nel momento determinante, le avrebbero tirate fuori.
Veniamo alla gara di Parigi: il vostro percorso è stato tutt’altro che banale, incontrando squadre forti e con l’Italia che a un certo punto sembrava aver rimesso tutto in discussione. Quale è stato il quid in più nei momenti decisivi?
Il fatto di venire da una serie di gare in cui avevamo fatto molto bene e in cui avevamo vinto tanti match sul filo del rasoio ha permesso di allenare sul campo questo tipo di atteggiamento nei momenti clou. Una sorta di percorso di crescita allenato direttamente in gara che le ha portate poi a farsi trovare pronte quando il momento era veramente delicato, riuscendo spesso a girarli a proprio favore. Va inoltre aggiunto che oltre a Olga ho in squadra un’atleta come Alina Komashchuk che ho sempre reputato molto ma molto forte.
Se a spiccare sono i numeri di Olga Kharlan, soprattutto le 22 stoccate della finale contro la Corea, la vostra è stata però una vittoria frutto di una grande prestazione corale di tutto il gruppo in cui ognuna ha dato il proprio contributo.
Sono davvero una squadra. Ti faccio un esempio: quando all’Europeo abbiamo perso contro la Francia per 45-44, Olga è stata l’unica a fare un parziale negativo, al punto che si era anche un po’ preoccupata in vista di Parigi. Ma malgrado il risultato finale, quella gara ha dato la dimostrazione che se una delle tre si trova in difficoltà, tutte le altre sono comunque sul pezzo, non mollano e anzi trascinano le compagne.. Chiaramente abbiamo la fortuna di avere una campionessa come Kharlan che spesso e volentieri ci ha risolto situazioni spinose, ma di base le ragazze sono una vera e propria squadra, un gruppo compatto e coeso.
Se dovessi tornare indietro al Grand Palais, cosa provi?
Ho ancora un po’ di adrenalina da smaltire e fatico a prendere sonno (ride, ndr). Quando è arrivata l’ultima stoccata ho visto scorrere davanti a me tante immagini di quello che è stato il percorso, di quanto amore ci abbiamo messo nel costruirlo. Come gruppo ci siamo compattati tantissimo in mezzo a tante difficoltà, diventando una seconda famiglia. E ciò è stato possibile grazie all’intelligenza di tutti, che ci ha permesso da una parte di lavorare con estrema professionalità dall’altra di creare un clima disteso e familiare. Ho davvero trovato un gruppo di ragazze fantastiche e se la vittoria è stata clamorosa, quello che umanamente mi ha regalato questa avventura vale molto ma molto di più della medaglia d’oro.
Cosa c’è ora nel futuro di Andrea Terenzio?
Innanzitutto la vacanza. Per il resto il futuro è un grosso punto interrogativo, quando torno poi parlo con le ragazze e con la Federazione Ucraina e farò le mie valutazioni.
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Foto Augusto Bizzi