I Giochi Olimpici di Parigi 2024 sono stati l’ultima gara dell’arbitro italiano. La chiusura perfetta del cerchio e di una carriera che hanno visto Gaspare Armata fra i giudici più apprezzati e stimati nel mondo della scherma.
«Il mio sogno nel cassetto è quello di andare alle Olimpiadi. Sarebbe lo step successivo. Quando fai qualcosa con passione devi sempre avere degli stimoli e degli obiettivi nuovi». Queste parole Gaspare Armata ce le aveva lasciate a chiosa di un’intervista concessaci nel 2019 nella quale ci aveva raccontato come era nata e si era sviluppata la sua carriera di arbitro. Cinque anni dopo sogno si è realizzato nella cornice da brividi del Grand Palais, sancendo la perfetta conclusione di un percorso caratterizzato non solo dal fuoco sacro della passione ma anche e soprattutto da una correttezza e da un professionalità che hanno fatto del siciliano il miglior arbitro del Mondo per due volte di fila fra il 2022 e il 2023.
Partiamo dalla fine: com’è stato arbitrare alle Olimpiadi?
È stato qualcosa di veramente unico. Si percepisce un’emozione e una tensione come mai se ne vedono in altre gare, malgrado nei fatti si tratti di una competizione come tutte le altre: gli assalti sono quelli e i protagonisti generalmente sempre gli stessi che si vedono in Coppa del Mondo o ai Mondiali. Ma fare tutta la differenza è stato il contesto e l’atmosfera del Grand Palais: sono venuto tante volte in Francia ad arbitrare al CIP di fioretto e già si sentiva un’atmosfera particolare, ma 8000 persone per una gara di scherma è stata una roba da brividi. Quando mi hanno presentato confesso che mi sono venuti, e anche gli atleti a vederli in faccia erano molto tesi. Mi è capitato di entrare in camera di chiamata prima degli assalti e ho visto nei loro volti un livello di nervosismo mai visti prima. Tantissimo silenzio, concentrazione massima, poca voglia di scherzare e sdrammatizzare anche se qualcuno ci ha provato.
L’hai sentita anche tu questa tensione?
Io normalmente non sono uno che va in ansia, ma ovviamente la tensione ce l’abbiamo anche noi arbitri, soprattutto in una vetrina come le Olimpiadi. E comunque che fosse qualcosa di completamente diverso dalle gare che sono abituato ad arbitrare me ne sono accorto eccome. Complessivamente va detto che è stata un’Olimpiade ottimamente organizzata sotto tutti gli aspetti. Dal luogo di gara al tifo sugli spalti, davvero pazzesco. Certo c’è stato qualche “rumoreggiamento” di troppo soprattutto quando veniva data la stoccata contro all’atleta francese, ma va anche detto che hanno sostenuto e spinto tutti.
In una precedente intervista ci avevi confessato che arbitrare ai Giochi è sempre stato il tuo sogno. Ora che lo hai realizzato, cosa significa per te aver arbitrato un’Olimpiade?
Andare ai Giochi Olimpici è il sogno di tutti i bambini e bambine che iniziano ad allenarsi e anche io ovviamente non ho fatto eccezione. Con il passare degli anni poi ho cambiato il mio cammino, orientandomi sempre di più verso l’arbitraggio e quando ho visto che acquisivo sempre più riscontri positivi in tal senso, ho cominciato a crederci. La carriera di un arbitro è molto lunga e io devo dire che sono stato anche molto fortunato ad avere avuto al mio fianco una Federazione che ha sempre creduto in me e mi ha sempre sostenuto. E così sono riuscito a realizzare da arbitro il mio sogno di atleta, il coronamento migliore di una carriera piena di soddisfazioni.
Cosa hai provato quando finalmente è arrivata l’ufficializzazione della designazione?
L’emozione è stata tanta, ma non nascondo che in parte me l’aspettavo: sapevo di essere nel gruppo di quelli designati per il fioretto, ma finché non è tutto nero su bianco resta sempre il dubbio. Inoltre per me è stato un periodo molto particolare, segnato dalla morte prima di mia madre quindi di mio padre. Peraltro l’ufficialità della convocazione è arrivata un mese dopo che mio padre se ne era andato. Tanto di questo traguardo è loro, che quando ero giovane hanno fatto sacrifici per portarmi alle gare in tutta Italia e che mi hanno sostenuto tantissimo permettendomi di studiare e portare avanti la carriera di arbitro sempre con il massimo appoggio.
Quanti assalti hai arbitrato a Parigi?
Per fortuna relativamente pochi. Scherzi a parte, il fatto che gli italiani fossero andati sempre in fondo e le severissime regole sulla neutralità degli arbitri rispetto agli atleti presenti in pedana hanno fatto sì che il mio impegno fosse limitato, ma ho comunque avuto modo di divertirmi e togliermi le mie soddisfazioni. Tre assalti del tabellone femminile individuale, qualcosa nel tabellone maschile e nelle prove a squadre dove ovviamente non era presente l’Italia e i match per i piazzamenti. Non nego che una finale mi sarebbe piaciuto arbitrarla, ma tutto sommato va bene così: Parigi è stato comunque un premio alla carriera.
Ritornando indietro nella tua carriera ti chiedo: l’assalto più bello che ti sia capitato di arbitrare…
Su questo nessun dubbio: la finale del Mondiale Under 20 a Plovdiv 2017 fra Stati Uniti e Giappone. Un match bellissimo, negli Usa c’era Nick Itkin mentre nel Giappone c’erano Matsuyama e Shikine. Fu un assalto incredibile, finito 45-41 per gli Usa e tirato a un livello schermistico stellare, con tante rimonte e controrimonte. Alla fine io e il collega di Singapore con cui ho arbitrato ci siamo guardati e ci siamo detti “Che match che abbiamo arbitrato!”.
…e uno o più aneddoti divertenti che ti siano capitati
Su due piedi non saprei cosa risponderti, però ecco ti posso raccontare questo perché é proprio fresco fresco di Parigi. Sono appena entrato in pedana per arbitrare se non ricordo male l’assalto di Toldo contro Mo Ziwei e a un certo punto sento urlare fortissimo il mio nome dalle tribune. Era una delegazione del Friuli Venezia Giulia, dove sono delegato arbitrale, che era lì a fare il tifo per me. Peraltro una della “clacque” era la mia computerista. Confesso che mi ha fatto molto sorridere perché non me lo aspettavo di avere un mio…fan club.
E ora che farà da grande Gaspare Armata?
Sicuramente ho bisogno di stimoli nuovi. Io ora mi sono messo a disposizione della Federazione, magari per una commissione arbitrale o italiana o internazionale. Ovviamente spero di rimanere nel mondo della scherma perché una volta che uno è schermidore, lo è per sempre.
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Foto Augusto Bizzi