«Essere andato così vicino al titolo Olimpico e averlo mancato per così poco brucia ancora e brucerà sempre, anche se un giorno in futuro riuscirò a realizzare questo sogno». A tre mesi dall’Olimpiade di Parigi, da cui è tornato a casa con il doppio argento tanto nella prova individuale quanto in quella a squadre, Filippo Macchi è tornato sulla sua esperienza ai Giochi ospite della Domenica Sportiva su Rai 2. «Tutto però sta nel saper accettare quello che non è andato quel giorno, come ad esempio non aver chiuso l’assalto prima quando ero in vantaggio per 14-12. Chiaro è difficile perché quando uno pensa alle Olimpiadi pensa sempre alla vittoria e io sognavo fin da bambino di poterlo fare».
Nel corso dell’intervista, il fiorettista pisano è tornato anche sul discusso finale dell’assalto contro Cheung Ka Long e sulla sua reazione al presunto torto subito: «Di norma sono una persona molto istintiva e in un primo momento mi sono meravigliato pure io. Ma poi ho pensato che se si vogliono raggiungere determinati traguardi, serve crescere e diventare uomini. E per questo ho lavorato tanto con il mio Maestro (Marco Vannini, ndr), con il ct Stefano Cerioni e con il mio psicologo».
Proprio sul ct jesino, Macchi ha poi speso parole al miele, elogiandone la fondamentale presenza per il percorso di crescita personale che lo ha condotto sino all’argento: «Per tutta la gara è stato al mio fianco e mi ha tenuto sempre sul pezzo. Anche dopo la semifinale vinta contro Itkin, Stefano è venuto da me e mi ha dato tante indicazioni su come affrontare la finale, facendo in modo che io non uscissi mai dalla gara e non perdessi la concentrazione una volta avuta comunque la certezza di una medaglia. E in questo lui è fortissimo, un vero numero uno».
Non poteva mancare un tenero ricordo di nonno Carlo, il suo primo Maestro e l’uomo che ha acceso in Filippo Macchi la scintilla della scherma: «Con lui ho fatto i primi passi e ho ottenuto i primi successi, fra cui un campionato europeo Cadetti, ma poi lui si è ammalato e ha dovuto passare il testimone. Tante volte mi sono chiesto e mi chiedo cosa potrebbe dire nonno di quello che sono diventato e di quello che ho fatto. Quando guardavamo insieme le Olimpiadi alla televisione tante volte gli ho detto “magari un giorno sarai tu a vedermi in televisione”, ma purtroppo non ce l’ha fatta».
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Foto Alessandro Gennari