Daniele Garozzo, la ricetta di Dottor Fioretto per rilanciare la scherma azzurra: «Siamo a un crocevia, serve investire su numero di tesserati e metodi di allenamento»

Daniele Garozzo: «La scherma italiana è a un crocevia»

 

Nei mesi scorsi Daniele Garozzo aveva ufficializzato la propria candidatura come Consigliere Federale nella cordata che, capeggiata da Luigi Mazzone, sfiderà il prossimo gennaio l’attuale Presidente Paolo Azzi per il ruolo di massimo dirigente Federale. In attesa dell’esito delle urne il campione Olimpico di Rio 2016, costretto ad abbandonare l’attività per problemi cardiaci riscontrati a pochi mesi dai Giochi di Parigi 2024, ha fatto lo “screening” del momento attuale della scherma azzurra in un’intervista concessa al quotidiano Il Foglio. «La scherma italiana è a un crocevia, bisogna metterci le mani ora» ha esordito l’acese «Ci sono diverse criticità che possono essere di difficile risoluzione».

Quindi l’analisi più nel dettaglio di cosa sta succedendo: «È innegabile che i risultati siano calati, anche per una maggior globalizzazione della disciplina» continua Daniele Garozzo «Lo stato di salute del nostro movimento non è negativo, ma altri Paesi lavorano molto bene e lo si nota soprattutto a livello giovanile». Il riferimento in particolare è verso Stati Uniti – che nel fioretto ha fatto man bassa di ori a Parigi – e continente asiatico che grazie a Giappone, Corea e Honk Kong hanno dominato il medagliere al Grand Palais lasciando le briciole all’Europa una volta faro guida della scherma globale. «Ma la differenza è abissale anche rispetto ai nostri vicini. La Francia ha circa 350mila tesserati, i nostri sono 20mila. Inevitabile che con questi numeri si faccia fatica. Si deve intervenire subito per essere competitivi fra 8/12 anni».

Quindi qual è la ricetta suggerita da Dottor Fioretto per permettere alla scherma italiana di continuare a essere faro guida e resistere all’impetuosa ascesa delle nuove scuole schermistiche d’oltreoceano e orientali? Innanzitutto, un maggior rigore nell’insegnamento: «All’inizio può andare bene la componente ludica […] quindi deve subentrare un allenamento più rigoroso che preveda anche il rimprovero. Oggi ho come l’impressione che verso i bambini ci sia una maggiore protezione, ma serve che abbiano una predisposizione alla sconfitta e al mettersi davvero in gioco». Quindi Garozzo chiarisce meglio il suo concetto: «Sono felice che ci sia più sensibilità su certe tematiche, ma la sconfitta serve solo se diventa uno stimolo. Il campione deve volere sempre di più, accettare il risultato è giusto ma l’aver dato tutto non può trasformarsi in auto-compiacimento».

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Foto Alessandro Gennari