Giancarlo Toran: «Con “Una serata al museo” faccio conoscere la scherma e le sue storie. E altro sta bollendo in pentola…»

 

L’Agorà della Scherma, a Busto Arsizio, è il museo che fin dal 2012 fa vivere insieme passato, presente e futuro della scherma mettendo al centro Storia, cultura e, appunto, scherma. E che ora si arricchisce di una nuova iniziativa: “Una serata al museo” è il progetto culturale e divulgativo di Pro Patria et Libertate che si articolerà in diversi appuntamenti destinati a condurre per mano i visitatori attraverso le curiosità e gli aneddoti del club e della disciplina sportiva in generale.

Ne abbiamo parlato con il Maestro Giancarlo Toran, cuore e voce della serie di conferenze, che ci ha raccontato i dettagli dell’iniziativa e qualcosa in più sull’Agorà della Scherma.

Che cos’è il progetto “Una serata al Museo” e com’è nata l’idea? Come e quando si svolgeranno gli appuntamenti e a quale pubblico sono rivolti?

La programmazione generale dell’attività della Pro Patria Scherma di Busto prevede una parte importante dedicata al Museo. Si è pensato di puntare ad un maggior coinvolgimento sia dei genitori dei nostri ragazzi, sia di altre persone che fanno parte di altri Enti che operano sul nostro territorio (Comune, Panathlon, Rotary, Lions, associazioni varie). Se l’iniziativa avrà successo, nulla ci impedisce di coinvolgere altre persone ed Enti, anche fuori dal nostro territorio. La cadenza degli appuntamenti non è fissa, per la difficoltà di inserire le date in un calendario già molto fitto. Se ne prevede al momento uno ogni sei-otto settimane. Il primo appuntamento aveva per argomento “Storia e storie della Pro Patria”, e si è svolto il 6 novembre. Era rivolto soprattutto ai genitori di alcune categorie di schermidori. Il secondo è previsto per gennaio, e avrà come argomento il famoso e mortale duello fra Felice Cavallotti e Ferruccio Macola. In tutte le città d’Italia c’è una via Cavallotti, ma ben pochi conoscono la storia che c’è dietro questo personaggio. A Busto, inoltre, da pochi mesi la via Cavallotti, molto centrale, è stata trasformata in zona pedonale. Potrebbe essere, questo, il primo appuntamento dedicato a famosi duelli. Appuntamenti successivi dovrebbero riguardare la trasformazione della scherma (“Dal sangue del duello alla scherma olimpica”); le parole della scherma (“La scherma quotidiana. Gesti e parole che non sospetti”); “Capire la scherma, lo sport più bello del mondo”. È un esperimento, e sarà anche la reazione del pubblico a orientarci verso argomenti nuovi o diversi.

“Una serata al Museo” si integra nelle attività dell’Agorà della Scherma, che nel 2024 spegne le 12 candeline: tornando indietro nel tempo, come nacque l’idea alla base dell’Agorà e come vi siete mossi per realizzarla?

L’idea di dar vita a un Museo, che è stato realizzato e battezzato Agorà della Scherma, nasce all’indomani delle Olimpiadi di Sydney e della medaglia olimpica di Daniele Crosta, ancora oggi l’unica dello sport bustese. Nel corso degli anni avevo già accumulato molto materiale ma la spinta decisiva la diede l’incontro con Silvio Longhi, eclettico psichiatra fiorentino, studioso e appassionato collezionista di armi bianche. Lo scambio reciproco di informazioni e la pubblicazione di alcuni libri, oltre che un rapporto che si trasformò presto in amicizia, lo indussero a donarmi una prima parte della sua collezione, che poi trasferimmo alla Pro Patria e che poco dopo fu ufficializzata dal notaio. Presto seguì una seconda donazione, mentre l’idea del Museo prendeva piede, e trovava eco favorevole anche nell’Amministrazione cittadina, che inizialmente puntava ad un Museo dello Sport. Nel 2006, in occasione dei Campionati del Mondo assoluti di Torino, realizzammo una bella mostra riempiendo 24 vetrine nei locali del Palazzo della Provincia di Torino. Poco dopo riuscii ad acquistare l’archivio delle carte di Nedo Nadi, il famoso campione, icona dello sport italiano fra le due guerre, impedendo così che venisse disperso irreparabilmente. Partecipammo in quegli anni ad un concorso indetto dal CONI, per un Museo collegato a una sala di scherma. Il nostro progetto era poco costoso e avevamo già tutto il necessario per realizzarlo, ma fu scartato a favore di altri.

E da lì è nata la vostra storia

Il Museo quindi nacque, per volontà della Pro Patria e di Cesare Vago che ne fu il principale sostenitore, quando l’Amministrazione cittadina assegnò alla società di Busto i locali adiacenti alla sala di scherma. Fu realizzato grazie al lavoro gratuito e volontario di molti (mi piacerebbe citarli tutti), e fu inaugurato nel 2012, suscitando l’ammirazione anche di chi in un primo momento non ci aveva creduto. Da quel momento abbiamo realizzato ben quattro successivi allestimenti, modificando anche la struttura interna, per poter disporre di un maggiore spazio espositivo: speriamo che in un futuro non troppo lontano il museo si possa ulteriormente espandere, per esporre il copioso materiale che giace negli armadi e che non trova spazio nelle vetrine (circa 40) già allestite. L’ultimo allestimento in ordine di tempo è stato realizzato per rendere omaggio a Silvio Longhi, che intanto ci aveva lasciati, riservandomi una sorpresa: nel suo testamento mi aveva destinato quanto restava della sua collezione, la parte più bella, comprendente armi e libri di gran pregio.

Nel tempo il Museo è cresciuto: 12 anni dopo, qual è il bilancio dell’Agorà?

Il Museo è cresciuto negli anni, pur nei limiti imposti dalla struttura. Aumento del materiale disponibile, notorietà nel mondo della scherma ben oltre i confini nazionali, visite di scolaresche internazionali (in un anno abbiamo contato circa 1400 presenze), enti e privati, esposizioni in altre città d’Italia, partecipazione a iniziative culturali con varie Università, pubblicazione di articoli e saggi, di libri  -in proprio e con la FIS- e costante collaborazione per fornire informazioni storiche e tecniche ai richiedenti, come risulta da citazioni e ringraziamenti su molti libri realizzati da altri. Lavori che hanno preceduto, accompagnato e seguito lo sviluppo e la realizzazione dell’idea del Museo. Ricordo, tra gli altri, i due volumi sulla storia della FIS, in occasione del centenario della nascita; il capitolo sulla scherma dell’Enciclopedia dello Sport della Treccani; il libro “Stoccate in biancoblù” sulla storia della Pro Patria; la biografia di Marisa Cerani; il libro sulle memorie di Giuseppe Mangiarotti, e altri ancora.

Sono in corso progetti per ingrandire ulteriormente il Museo?

C’è la speranza, come già detto, di un allargamento della struttura esistente per poter ampliare il percorso espositivo e organizzare eventi culturali che coinvolgano un pubblico più numeroso. Oltre alle visite, gran parte dell’attività culturale del Museo si svolge via web, rispondendo alle numerose richieste di documentazione che arrivano quotidianamente. Non posso fare a meno di citare la collaborazione di Elena Merlin, maestra di scherma storica, curatrice del Museo e grande appassionata della materia. Speriamo sempre in una maggior attenzione da parte di CONI e Federazione, da cui siamo stati molto lodati: un contributo concreto ci permetterebbe di fare un bel passo avanti.

Ci sono altre iniziative in cantiere?

Iniziative in progetto ce ne sono molte e speriamo di realizzarne almeno qualcuna: ad esempio, collaborazioni con l’Università di Cagliari e con quella di Firenze, già sperimentate anche in passato. Recentemente abbiamo avuto uno scambio culturale importante con il mondo del Karate e proveremo ad allargarlo ad altre arti marziali. Abbiamo in programma articoli storici e tecnici da pubblicare sul blog della Pro Patria. Abbiamo in programma corsi tecnici rivolti sia agli istruttori di scherma olimpica, sia a quelli della scherma storica. E tanto altro che non dico, un po’ per scaramanzia, e un po’ per non guastare la sorpresa…

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