Scherma e Shoah, la storia di Attila Petschauer

Attila Petschauer

 

Il 27 gennaio ricorre ogni anno, ormai dal 2005, la Giornata della Memoria, commemorazione internazionale in ricordo delle vittime della Shoah. La data è stata scelta in continuità con la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, avvenuta appunto il 27 gennaio 1945 a opera delle truppe sovietiche. L’Olocausto ha significato una tragedia immane, scolpita per sempre nella Storia e ha riguardato anche il mondo della scherma, come dimostra la triste storia di Attila Petschauer.

Nato a Budapest nel 1904 da una famiglia di fede ebraica, Attila Petschauer ha rappresentato uno dei più fulgenti campioni della Sciabola ungherese di inizio Novecento. Cresciuto schermisticamente nella scuola italiana del Maestro Italo Santelli, ha collezionato successi fin da giovanissimo: a 19 anni è medaglia di bronzo ai Campionati Europei di scherma, appena due anni dopo, nel 1925, è bronzo individuale ai Mondiali di Ostenda. Una carriera luminosa e dirompente, che gli vale altri tre bronzi individuali ai Campionati Europei, oltre che due argenti individuali e l’oro a squadre nel 1930 e nel 1931. Ai Mondiali guadagna complessivamente tre bronzi, due argenti e due ori. La stella di Petschauer lascia il segno anche alle Olimpiadi: partecipa due volte, nel 1928 e nel 1932, conquistando successi in entrambe le occasioni.

Ad Amsterdam 1928 Attila Petschauer fa parte della squadra di Sciabola che conquisterà la medaglia d’oro mentre nella competizione individuale è argento, dietro l’altro ungherese Ödön Terztyànszky.
A Los Angeles 1932, pur piazzandosi quinto nella gara individuale (e quindi ai piedi del podio), bissa l’oro di quattro anni prima con la squadra di Sciabola. Una carriera intensa, a cui si affianca l’attività giornalistica, interrotta bruscamente dalla Seconda Guerra Mondiale.

Nel 1941 l’Ungheria viene occupata e per gli ebrei inizia un’epoca di segregazioni. Il passato sportivo e le glorie olimpiche di Attila Petschauer gli permettono di ottenere uno speciale lasciapassare, il “documento di esenzione”. Durante un controllo di routine da parte della polizia ungherese, però, l’ex sciabolatore ne viene trovato sprovvisto e per lui c’è la deportazione. È il 1943 e Attila Petschauer viene internato nel campo di concentramento di Davidovka, in Ucraina. Qui, viene riconosciuto da un ufficiale del campo, il tenente colonnello Kàlmàn Cseh von Szent-Katolna, che aveva fatto parte della rappresentativa ungherese alle Olimpiadi del 1928 nella disciplina dell’equitazione.

Nonostante questo, è a Davidovka che lo sciabolatore ungherese troverà la morte: costretto dalle guardie del campo ad arrampicarsi nudo su un albero e colpito con secchiate d’acqua gelida, Attila Petschauer morirà il 20 gennaio del 1943. Non è l’unico membro della squadra olimpica di Sciabola ungherese a morire in campo di concentramento: il suo compagno di squadra Jànos Garay morirà infatti a Mauthausen nel 1945. A raccontare la fine di Attila Petschauer è un compagno di prigionia e di sport rinchiuso a Davidovka insieme a lui, il lottatore Kàroly Kàrpàti, che riuscirà invece a salvarsi e a divulgare la testimonianza della vicenda.

Inserito nel 1985 nella International Jewish All fo Fame, Attila Petschauer viene anche ricordato nel film del 1999 Sunshine – Storia di una famiglia, diretto da Istàn Szabò e interpretato da Ralph Fiennes. La pellicola, che segue tre generazioni di una famiglia ungherese ebrea, dagli inizi del XX secolo al periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, traspone nella figura fittizia dello sciabolatore Adam Sors la vita di Attila Petschauer, compresa la sua tragica morte.

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