Torino, Grand Prix di fioretto edizione 2023. Dopo aver centrato un mese prima a Parigi la sua prima finale a otto in Coppa del Mondo al prestigioso Challenge International diventando in una manciata di assalti l’idolo assoluto dei tanti piccoli tifosi francesi presenti al Coubertin, Filippo Macchi con un’altra gara magistrale riesce a spingersi fino alla finale della gara di casa. A negargli il successo, soltanto all’ultima stoccata, lo statunitense Gerek Meinhardt. Ma quel giorno, sulle pedane dell’allora Pala Alpitour, si ebbe la sensazione che l’Italia del fioretto maschile aveva trovato un nuova talento purissimo destinato a regalare grandi soddisfazioni. Una sensazione suffragata pochi mesi dopo, quando a Plovdiv il ventunenne toscano sbaraglia la concorrenza e si prende di forza un titolo Europeo che sa di lancio del guanto di sfida alla concorrenza in vista dei Giochi Olimpici che si sarebbero tenuti un anno più tardi sempre in quella città che era stata per lui trampolino di lancio.
Come sia andata sotto le tettoie del Grand Palais è storia nota, compreso il corollario di polemiche che ne seguì a seguito delle decisioni arbitrali che peraltro lo stesso Macchi spense sul nascere con grande maturità, prendendosi le colpe per non aver chiuso il match quando il punteggio era di 14-12 a suo favore contro Cheung Ka Long. Mancanza di “killer instinct”, come si legge spesso per quegli attaccanti che a un passo dalla porta non riescono a finalizzare l’occasione creata. Copione simile lo scorso dicembre: Macchi, dopo una lunga fase giocata punto a punto contro Alessio Foconi, sembra riuscire a piazzare il break decisivo scappando sul 14-11 nella finale della tappa di Coppa del Mondo di Takasaki. Alla fine però a vincere è il ternano, bravo a non mollare la presa sull’assalto trovando poi la chiave giusta per ribaltare a suo favore la situazione. L’appuntamento con la prima vittoria è maturo, si trattava soltanto di questione di tempo per scacciare una volta per tutte quella che avrebbe potuto assumere agli occhi di molti come una sorta di maledizione. Non lo è mai stata agli occhi di chi, invece, ha fatto della dedizione, della passione e dell’etica del lavoro la propria arma vincente, senza mai aggrapparsi ad alibi o fattori esterni. E qui si ritorna all’infuocato post finale di Parigi 2024. Grazie a questi strumenti, Macchi, ha creato quella spinta che gli ha permesso di poter fare a sé stesso e a chi con lui quotidianamente lavora la promessa di raggiungere finalmente quel gradino più alto del podio. «Avevo detto che sarebbe arrivata e non ha tardato a farlo», parole e musica dello stesso Pippo.
Il Grand Prix di Lima diventa quindi il palcoscenico ideale per la recita perfetta di Filippo Macchi. E così, mentre l’Italia ha da poche ore accolto la giornata di lunedì 24 marzo, a migliaia di chilometri di distanza, il toscano confeziona il suo capolavoro da festeggiare con la fidanzata Giulia (anche lei in gara a Lima) e da dedicare a nonno Carlo, l’uomo che per primo lo ha messo su una pedana di scherma e i cui insegnamenti sono stati fondamentali nella formazione tecnica e umana del fiorettista Azzurro. Una gara senza sbavature in cui nessuno o quasi è riuscito a inserire nel proprio tabellino la doppia cifra alla voce punti a referto. Non Gerek Meinhardt, lasciato a quota 8, non Cheung Ka Long, strapazzato nella rivincita del match di Parigi che di stoccate ne mette a segno 9. Tante quante quelle del coreano Lee Kwanghyun, terzo a pari merito con Nick Itkin in una gara che diventa affare fra italiani.
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Macchi da una parte, in missione prima vittoria. Bianchi dall’altra, alla sua seconda finale consecutiva dopo quella di due settimane prima al Cairo coronata dalla gioia più grande. Quella che dal gradino più alto del podio di Lima assapora ora Filippo, dopo aver avuto ragione del compagno di squadre al termine di un match bellissimo e molto combattuto. «Questo era uno dei miei sogni fin da quando ero bambino, vincere una gara di coppa del mondo è qualcosa di unico, me lo ero immaginato esattamente così, con il sorriso stampato nel viso e il cuore che batte a mille durante l’inno di Mameli» ha scritto sui propri social al termine della giornata il poliziotto di Navacchio. Prima di chiosare con poche, semplici parole: «Ho vinto una dannatissima gara di coppa del mondo. Sono follemente felice».
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Foto Augusto Bizzi