Francesca Coghetto: «Quel gentiluomo di Matteo»

Quando assiste alle gare, a bordo pedana, è inconfondibile. Alta, bionda, e sempre in movimento per combattere la tensione. Francesca Coghetto è la mamma di Matteo Tagliariol, campione Olimpico di spada a Pechino 2008 e non si perde un solo assalto del figlio. Dal vivo, ogni volta che può, in qualsiasi altro modo quando è troppo lontana. Come per la prima vittoria, a Tallinn nel 2008, vissuta attraverso gli sms di Matteo, assalto dopo assalto, avversario dopo avversario. Una storia che è iniziata quasi 25 anni fa.

Che età aveva Matteo quando l’hai accompagnato in sala per la prima volta?
Nemmeno sei anni. Aveva visto una gara di fioretto femminile della Trillini, al mare, mentre eravamo in casa perché io stavo male. Ha iniziato a martellare che voleva fare quello che faceva D’Artagnan, il suo eroe. Mio padre conosceva il maestro Geslao e quindi l’ho portato in sala scherma.

Qual è stato il tuo primo impatto con la scherma?
La scherma era uno degli sport che volevo fare da giovane, però per i miei era oneroso essendo io mancina (poco materiale a disposizione). A me è sempre piaciuto, lo trovo elegante e maschio allo stesso tempo. Ero molto contenta che Matteo lo facesse.

Cosa ha la scherma di speciale rispetto ad altri sport?
La scherma è il più bello sport in assoluto ed è anche connaturato nell’uomo il duello, il confronto ad armi pari con lealtà ed eleganza.

Qual è stata la prima volta che, guardando tirare Matteo, hai pensato che sarebbe potuto diventare un campione?
Non c’è stata una volta specifica. Il maestro diceva che Matteo era molto dotato, che avrebbe fatto molti risultati. Si erano intesi subito, pur avendo caratteri molto forti, e c’era grande rispetto da tutte e due le parti. Poi lui diceva sempre che avrebbe vinto le Olimpiadi e quindi…

Qual è l’emozione più grande legata a una gara di Matteo?
Sicuramente l’Olimpiade, ma anche il 2007, anno in cui lui non è quasi mai sceso dal podio se si escludono i mondiali in cui però era infortunato. E poi, naturalmente, la prima vittoria a Tallinn, a cui non ho assistito in diretta, ma che ho seguito tramite i suoi sms.

Come vivi le sue gare? Viaggi con lui? Lo segui sempre dal vivo? Che emozioni provi mentre è in pedana?
Se posso lo seguo. Mi piace così tanto l’ambiente. Lui viaggia con la Federazione, io sono autonoma. Mi sembra sempre come se fosse la prima gara, anche se ora controllo meglio l’ansia. Ma esco lo stesso come se avessi le ossa rotte. È più difficile guardare che essere in pedana e poi la spada è sempre piena di suspense ed è molto difficile, molto tecnica: il vero duello.

Qual è stato il momento più difficile nella carriera di Matteo? 
Penso quello di questo ultimo periodo, dall’infortunio di due anni fa che gli è costato la partecipazione all’Olimpiade, ad adesso che non è ancora al 100% con la mano dopo l’operazione di settembre. Per un cavallo di razza come lui non poter mollare le briglia è veramente dura.

Cosa hai fatto per stargli vicina e fargli sentire la tua presenza e la tua fiducia?
Gli sono sempre stata vicina e gli sto vicina semplicemente volendogli bene ed essendo lì se lui lo chiede. Matteo per me viene sempre al primo posto davanti a tutto e tutti.

Che tipo è Matteo quando toglie la divisa e scende dalla pedana?
Un gentiluomo pieno di interessi, è un piacere stare con lui e parlare con lui. Chi lo conosce bene lo sa. Io gli dico che è la sua anima classica e lui si arrabbia.

Quanto è faticoso essere la mamma di un campione?
Credo che sia faticoso essere mamma principalmente perché un figlio è il tuo bambino anche se ormai è adulto, e vorresti proteggerlo sempre ma non è possibile. Però io sono molto contenta dell’uomo che è diventato e questo rende più facile il mio essere sua mamma.

E Francesca, oltre a essere mamma di Matteo Tagliariol e appassionata di scherma, cosa ama della vita?
Amo viaggiare conoscere persone luoghi abitudini (grazie scherma e grazie Matteo), mi piace mangiare e bere bene. Amo l’arte la cultura, e comunicare con gli altri. Ho una visione positiva della vita, che è bellissima e mi ha dato veramente tanto. Ultimamente mi sono resa conto che più sorridi e più ti sorridono quindi questa è la mia filosofia forse aumenta le mie rughe ma mi fa bene.

 

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Anna Caci: «Io e il mio piccolo schermidore»

Il figlio maggiore, Simone, ha scelto la scherma dopo anni passati fra le piscine e i campetti del mini basket. L’altro figlio, il piccolo Nicolò, ha cominciato a calcare le pedane quando ancora praticamente portava il pannolino e ora è diventato la mascotte dei campioni della nazionale. In pedana sulle orme di suo fratello e di… Paolo Pizzo.

Quando e come è nata la passione di Simone, il maggiore dei tuoi figli, per la scherma?
E’ stato nell’anno dei Mondiali di Catania, il 2011: dopo anni di nuoto e mini basket, Simone ha deciso di cimentarsi con la scherma. Per noi era tutto nuovo o quasi, seguivamo la scherma in televisione, e tramite essa conoscevamo i nomi dei campioni ma nulla di più. Così siamo andati in palestra, dove il presidente ci ha spiegato gli orari delle lezioni e le regole dello sport. Quanto all’arma, non c’era molta scelta: spada. Abbiamo seguito Simone lezione dopo lezione fino a che è arrivato il momento della vestizione. Un’emozione unica vedere tuo figlio indossare la divisa bianca e la maschera…

Come si vivono, da mamma, le gare a cui un figlio prende parte?
Ogni gara è sempre un’emozione. Vedere mio figlio entrare in pedana, indossare la maschera, impugnare la spada. E poi il pronti a voi dell’arbitro… Difficile descrivere cosa si prova. Ogni volta che mio figlio tira indosso gli occhiali da sole, per celare le mie emozioni. E poi ogni assalto di Simone coinvolge in pieno tutta la famiglia. Davvero un’esperienza da fare, a prescindere dai risultati.

Ci racconti qualche aneddoto particolare legato alle gare di tuo figlio?
Una volta, ad Anguillara, Simone stava tirando contro un altro ragazzo per entrare nei sedici ed era in netto vantaggio. Sul 14-12 però, Simone si è spento all’improvviso, un black out che permise all’avversario dapprima di tornare sotto quindi di vincere l’assalto. Simone ne uscì distrutto,a ma sono esperienze che servono e che si devono fare.

Non hai mai provato, o pensato di provare,  l’ebbrezza di salire in pedana e tirare di scherma?
No, soffro di claustrofobia e per me indossare la maschera sarebbe come morire. Ammiro tantissimo gli atleti, soprattutto quando ci sono quaranta gradi e sono bardati con divisa e maschera…

Cosa ti piace di più della scherma?
Il saluto prima dell’inizio, il momento in cui gli schermidori si mettono in guardia e la stretta di mano finale a prescindere dal risultato.

Se ti chiedessi di dirmi tre parole che per te definiscono la scherma, quali ti vengono in mente?
Sudore, sacrificio e soddisfazione.

Chi è o chi sono i tuoi campioni preferiti?
Innanzitutto Paolo Pizzo: dopo la sua vittoria mondiale mi sono attivata per poterlo incontrare pensando che fosse una cosadifficile, e invece… Paolo è un ragazzo dolcissimo e disponibilisismo, un vero Campione nella vita e nello sport. In realtà faccio il tifo un po’ per tutti gli azzurri: dalle spadiste al Dream Team del fioretto femminile, dai ragazzi del fioretto fino agli sciabolatori. Fra gli stranieri mi piacciono molto Ana Branza e Aron Szilagiy.

Oltre a Simone, hai un altro figlio (Nicolò) che ormai è la mascotte della nazionale. Com’è nato il suo amore per la scherma?
Quando Nicolò è entrato per la prima volta in palestra aveva da poco fatto i due anni. Seguiva sempre le lezioni del fratello, quindi faceva continuamente i movimenti della scherma senza mai stancarsi. Io all’inizio ero scettica, ma tanto il presidente del circolo quanto i Maestri mi hanno spinto ad assecondare la sua passione. Così un giorno lo stesso Presidente gli ha regalato una divisa bianca, una maschera di plastica e una sciabola gialla di spugna: a quel punto Nicolò era uno schermidore a tutti gli effetti!

E poi venne il giorno del primo assalto…
Giugno 2012: a Roma c’era la Maratona della scherma in cui era impegnato Simone. A certo punto Martina Ganassin (supervisore degli arbitri Federscherma, ndr) chiese a Nicolò se aveva voglia di tirare e lui disse si senza pensarci un attimo. Dopodichè ha preso la sua maschera e la sua arma ed è salito in pedana per il suo primo assalto. Fu bellissimo perchè era una cosa del tutto inaspettata.

Nicolò ha già avuto l’onore di “sfidare a duello” molti Campioni e Campionesse, qual è stato il momento che più ti ha divertito?
Difficile annoiarsi con lui: per lui è come un gioco, tira con tutti e non capisce che di fronte può avere un Campione come uno alle prime armi. Devo però dire che gli stessi schermidori della nazionale sono sempre molto carini e gentili a prestare un po’ del loro tempo per giocare con Nicolò. All’ultimo memorial Marta Russo, ad esempio, ha tirato con Valentina Vezzali e Arianna Errigo, è stato veramente divertente.

Gioco dei pronostici: chi vincerà i mondiali 2014 nelle sei armi?
Spero tutti atleti italiani. Per la spada maschile  tifiamo per Paolo Pizzo. Se devo dire due nomi stranieri, allora spero siano Ana Branza e Aron Szilagy.

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Giovanni Bruno: «Che emozioni con Margherita»

Lui è il direttore editoriale di Sky Sport, il volto e la voce degli sport olimpici, di tutto ciò che gira lontano dal pallone e dagli stadi. Ma quando non è in redazione, Giovanni Bruno è il papà di Margherita, giovane promessa della scherma azzurra, tesserata per la Mangiarotti di Milano, protagonista dell’ultimo Gran premio giovanissimi nella categoria ragazze, tanto nella spada (seconda) quanto nel fioretto (quinta). Ora, passata tra le allieve, si è guadagnata la convocazione in nazionale di spada per i Campionati del Mediterraneo di categoria. E pensare che il primo fioretto l’aveva impugnato quasi per caso.

Quando e come Margherita ha deciso che avrebbe fatto scherma?
Cercavo uno sport che completasse la sua preparazione allo sci. Era lo sci il suo primo sport, non andava male, ma gli allenamenti e le gare erano esclusivamente nei week-end. Tentammo con il nuoto ma l’occasione arrivò dal classico reclutamento scolastico. Il Circolo Mangiarotti fece delle dimostrazioni e lezioni alla sua scuola elementare e ci piacque molto. Dalle lezioni a scuola a quelle in palestra il passo fu breve, e la scelta quanto mai azzeccata. Per giocare cominciò con la sciabola di plastica, poi seriamente il fioretto e infine, per esigenze di squadra, cominciò anche con la spada. Ora è biarma con buoni risultati in entrambi i casi.

Ci racconti un aneddoto e un momento particolarmente emozionante legato a una sua gara?
Ogni gara è un’emozione particolare. Confesso che da genitore è uno stress micidiale e francamente nulla a che vedere con lo sci che dura un minuto e poco più. La scherma è interminabile e alla fine penso, per assurdo, di essere più provato di mia figlia. Un paragone improponibile ma reale. Più che aneddoti sono le scaramanzie che non ci mancano… saranno le mie origini napoletane, ma Maggie ha sempre un pezzetto di tartan royal stewart sulla maschera, io non posso parlare durante gli assalti, devo essere presente per acqua e asciugamano e, nel dopo assalto, raccattare lo strascico tra sacca , armi e passanti. L’emozione più grande è stata la finale del campionato italiano Gpg, entrare nella sala principale è come calarsi in una piccola Olimpiade.

Margherita sta ottenendo ottimi risultati nelle categorie giovanili. Pensi che un giorno la vedremo tirare a livello internazionale?
Beh intanto abbiamo già avuto la prima convocazione in nazionale, come allieva, ai Campionati del Mediterraneo. Per il resto spero che possa proseguire su questa strada, non è facile mantenerla sia per la crescita che per lo studio, bisogna essere molto forti. È uno sport molto selettivo per gli impegni.

Che rapporto hai con la scherma?
Direi ottimo e non solo in questi ultimi tempi. Certamente con Sky abbiamo instaurato un rapporto diverso per come abbiamo seguito vari atleti e per come siamo scesi in campo prima con gli Europei di Legnano e poi con i Giochi Olimpici di Londra. Se n’è accorta anche la federazione che ha risposto in modo magnifico, così come il pubblico. Noi abbiamo rispettato la scherma, la scherma ha rispettato noi.

Quanto ci hai messo a innamorartene?
Per l’innamoramento è bastato entrare alla Mangiarotti. Il calssico concetto pane e sudore, vedere l’eleganza dei gesti misti a fatica ma soprattutto il rispetto delle regole e la figura del maestro. È bastato questo, poi è ovvio conoscere le Di Francisca, i Montano, le Errigo e tanti altri… ha fatto il resto.

Hai mai pensato di infilarti una divisa e provare anche tu a salire in pedana?
No, mi piace troppo stare a fondo pedana e soffrire. Sulla pedana farei saltare delle regole. Venendo da rugby placcherei l’avversario.

Secondo te perché la scherma ha difficoltà a sfondare dal punto di vista mediatico?
Purtroppo è sempre lo stesso ritornello: «Ogni quattro anni». Ma è la verita. Se però ci facciamo caso ci sono i Mondiali, gli Europei e tante altre gare. Ora qualcosa è realmente è cambiata, basta vedere come intervengono i social media, i numerosi siti specializzati, la concorrenza all’ente di Stato, gli streaming. I grandi personaggi e le vittorie hanno aperto le porte anche ai telegiornali, per non dimenticare reality e spettacoli dove sono richiesti gli atleti. Ottimo è il lavoro di comunicazione che viene fatto dalla federazione, il migliore in ambito Coni. Per migliorare vi deve essere una maggiore diffiusione dello sponsor che può portare le finanze necessarie per coprire i costi dei live televisivi, ma non basta. Bisogna anche migliorare la qualità di ripresa. Comunque assicurare i grandi eventi non è cosa da poco, ma ci facciamo solo del male se vogliamo fare paragoni con il calcio.

Chi è il tuo campione preferito? Italiano o straniero.
Amo troppo i nostri campioni per trovare uno straniero. Posso solo dire che le emozioni che ho vissuto a Londra sono irripetibili, per me. E sono onorato di aver conosciuto Edoardo Mangiariotti. Ecco, quando si parla di Signori dello Sport ….

Chi sono i giovani più interessanti? Quelli che segnaleresti per Rio?
Mancini e Palumbo nel fioretto femminile, Ingargiola in quello maschile. Marzano nella spada femminile e Curatoli e Petraglia nella sciabola, anche se Martina è più grande ma sono sicuro che ha un bel futuro davanti: è una tosta.

Giochiamo a fare dei pronostici: te la senti di dirci chi vincerà i prossimi mondiali in ciascuna arma?
Finale italiana nel fioretto femminile, abitudine. Non voglio dire i nomi ma ci sarà la sorpresa del nome di chi vince, quello che non ti aspetti. Anche tra i maschi finale italiana. Medaglia con la fiamingo nella spada femminile e con la Vecchi nella sciabola, dico medaglia senza aggiungere il colore, lasciami la scaramanzia. Sciabola e spada maschile vorrei vedere salire sul podio Occhiuzzi, Montano e un bel ritorno di Pizzo. Per le squadre tanti….. tituli….

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Foto di Augusto Bizzi per Federscherma
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Andrea Vernaleone: «Tiro di scherma perché…»

Per gli appassionati di scherma che bazzicano su Facebook, il suo nome non è sconosciuto. Andrea Vernaleone è l’ideatore di “Tiro di scherma perché…”, una pagina pubblica sul social network più popolare del mondo che riunisce gli appassionati e ha stampato la sua prima pubblicazione: una raccolta dei motivi che spingono spadisti, sciabolatori e fiorettisti più o meno bravi a mettersi la divisa e salire in pedana.
Nella vita di tutti i giorni Andrea è delegato provinciale della Fis di Bari e, soprattutto, padre di Eva Elisa, spadista di 22 anni. È stata proprio lei a trascinarlo prima a bordo pedana, poi sopra. Per una passione forte e irresistibile.

Come è nata la passione per la scherma?
È stato un coup de foudre (colpo di fulmine in francese, ndr), come accade quando si incontra la donna dei propri sogni. Tutto è nato quando ho iniziato ad accompagnare mia figlia in sala di scherma. Poco dopo, ho capito che l’innamoramento stava diventando amore vero, quando ho iniziato a trovarmi, sempre più di frequente, seduto sui gradoni dei palazzetti di tutta Italia a guardare, assorto e affascinato, per ore, senza capirci nemmeno tanto, assalti di bambini sconosciuti.

Quanti anni aveva tua figlia quando ti ha chiesto per la prima volta di farle fare scherma?
Era il 2001, Eva Elisa aveva 10 anni, frequentava la quarta elementare.

Non è uno sport popolare come il calcio, il volley o la danza. Com’è che è nata in lei questa voglia di scherma?
Si trovò occasionalmente a partecipare ad una dimostrazione organizzata a Lecce dai maestri Paolo e Roberto Cazzato. Penso sia stato un colpo di fulmine anche per lei. Oggi ha 22 anni e continua ad allenarsi con la stessa passione.

Io sono in debito con la scherma perché ha contribuito a far crescere mia figlia in modo sano, con i valori e il rispetto che solo questo sport sa trasmettere. È un grande debito il mio.

Quanto tempo ci hai messo ad appassionarti alla scherma?
Non ci è voluto molto perché l’amore per la scherma si trasformasse in un sentimento profondo. Posso raccontarvi esattamente quando è successo. Durante una delle prime gare di mia figlia ho assistito, anche un po’ preoccupato, ad un suo assalto, un incontro tirato all’ultima stoccata contro una bambina con cui ha combattuto fino in fondo, anche con grande veemenza. Pochi minuti dopo la conclusione dell’assalto le ho viste sorridenti, prese per mano, correre verso di me per chiedermi: “Papà, ci dai i soldi che andiamo a comprare un panino?”. Ho capito in quel preciso istante cosa fosse veramente la scherma e quali valori fosse in grado di insegnare. Non ricordo se mia figlia abbia vinto o perso, ma so che quell’assalto non lo dimenticherò mai.

Quando ti sei infilato una divisa e hai tirato per la prima volta?
Quello è stato il passo più difficile. Ho impiegato nove anni per trovare il coraggio di mettermi in gioco.
È questo l’unico mio rimpianto: non averci provato prima.

Cosa ti frenava?
La stupida convinzione che 40 anni fosse un’età troppo avanzata per iniziare a praticare uno sport. Ma, più aumentava il numero dei chilometri percorsi sui tapis roulant delle palestre, più la voglia di provarci prendeva piede. Un giorno, quasi per gioco, chiesi a Roberto Lippolis (Presidente del Club Scherma Bari) se avesse accettato nella sua sala un neofita 45enne. L’entusiasmo della sua risposta fece crollare le ultime barriere che impedivano ad un timido innamorato di dichiararsi pubblicamente alla donna amata segretamente per tanto tempo.

Qual è la tua arma preferita?
La Spada.
È l’arma di mia figlia. L’idea di poter salire in pedana, un giorno, e combattere contro di lei mi affascinava e mi ha dato la forza per superare quei primi mesi in cui, anche solo mettersi in guardia e fare un passo avanti e due indietro, sembrava un’impresa inaffrontabile. Poi, il giorno del primo assalto contro di lei è arrivato, ricordo bene anche anche quello. Non chiedetemi, però, com’è finito, ho una dignità da preservare!

Tirate ancora una contro l’altro?
Sì, e ci divertiamo moltissimo. C’è sempre una scommessa: chi perde l’assalto lava i piatti dopo cena… E i piatti continuo a lavarli sempre io.

Segui le gare internazionali?
La scherma è un momento di condivisione di interessi in famiglia una specie di forza di coesione. Così, quando è possibile, e c’è l’opportunità di seguire gare di alto livello, anche internazionali, condividiamo con mia moglie e mia figlia la passione per la scherma unendo il bello di viaggiare insieme. Sono stato ad Atene e a Londra per le Olimpiadi e la scorsa estate a Budapest per i Mondiali.

C’è un atleta per cui fai il tifo in modo particolare?
Faccio il tifo per tutti gli italiani, ovviamente, ma anche un po’ per gli ungheresi dal momento che nelle mie vene scorre il 50% di sangue ungherese.
Ho una passione e un affetto particolare per Rossella Fiamingo, ha la stessa età di mia figlia, l’ho vista crescere fin dalle prime gare dei cadetti. È una ragazza semplice e gentile, oltre che un’ottima spadista.

Facciamo un po’ di pronostici: chi vincerà i mondiali 2014 in ciascuna delle sei armi?
Questa volta non ho dubbi, vi dico tutti nomi di atleti italiani. Anzi, per non sembrare troppo di parte, ne metto anche uno ungherese.

Andrea Baldini, Arianna Errigo, Enrico Garozzo, Rossella Fiamingo, Áron Szilágyi, Irene Vecchi. Non me ne vogliano gli sciabolatori italiani, ma ho un debole per Szilágyi, un fuoriclasse immenso. Vederlo tirare è un’emozione, come vedere il miglior Aldo Montano.

Com’è nata l’idea di “Tiro di scherma perché?”
Come delegato provinciale FIS a Bari, mi sono chiesto quale contributo poter dare per promuovere il movimento schermistico locale. Ho pensato subito alla possibilità di stampare un pieghevole da utilizzare nelle manifestazioni promozionali e da consegnare a chi si avvicina alla scherma spinto più dalla curiosità che dalla conoscenza del nostro sport. Una pubblicazione quindi, ma cosa scriverci dentro? Pochi conoscono la scherma, pochi immaginano quali valori sia in grado di insegnare e quale impegno tecnico e fisico richieda. Così mi sono detto ‘perché non farlo raccontare a chi pratica la scherma per davvero?’.

Il passo successivo qual è stato?
Ho creato un gruppo su Facebook dandogli il titolo “Tiro di scherma perché…”, ho invitato una ventina di miei amici schermidori e ho scritto questo post:
«Scrivi una frase che rappresenti la motivazione per cui tiri di scherma e invita i tuoi amici schermidori ad entrare nel gruppo e fare altrettanto».

Un gioco che ha funzionato.
Il risultato è stato incredibile, oltre ogni aspettativa. In pochissimi giorni moltissime persone son entrate a far parte del gruppo, in meno di una settimana centinaia di contributi, tutti interessanti, tutti molto belli, tutti veri. Oggi il gruppo annovera più di 1.500 appassionati che continuano a mandare i loro meravigliosi contributi. Se potessi li ringrazierei uno per uno.

Quali sono le prossime iniziative che stai preparando?
Ho di recente lanciato a tutti gli amici una sfida molto impegnativa: pubblicare un racconto breve sulla scherma. Nonostante l’impegno richiesto stanno arrivando molti contributi, molto belli, emozionanti e piacevoli da leggere. Quanto al futuro, non fatemi dare molte anticipazioni, c’è sempre bisogno di un po’ di sorpresa. Vi posso dire che continuerò ad animare il gruppo e che la prima iniziativa del 2014 sarà veramente molto, molto, molto divertente.

 

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