L’Italia della sciabola maschile soffre, rischia l’eliminazione, ma alla fine vola a Parigi. Un cammino tutt’altro che semplice che alla fine trova il miglior finale possibile.
Più di mille parole, dicono tutto le lacrime di Luca Curatoli, Michele Gallo, Luigi Samele e Pietro Torre. La gioia e la liberazione dopo aver visto da vicino il peggiore degli scenari possibili, quello che nessun atleta si augura mai poter e dover vivere. Eppure c’è stato un momento, sulle pedane di Budapest, in cui lo spettro dell’esclusione dal gran ballo Olimpico per la sciabola maschile italiana è stato un niente che si tramutasse in tragica – sempre sportivamente parlando, ça va sans dire – realtà. Il crollo con gli Stati Uniti ai quarti di finale, la vittoria della Germania su una Francia profondamente rimaneggiata, il tabellone dei piazzamenti affrontato con le antenne sintonizzate sulla pedana blu e su quella sfida da brividi fra i tedeschi e la corazzata Corea, dal cui esito dipendeva la sorte degli Azzurri. Con una smisurata preghiera partita dal Presidente Paolo Azzi e a scendere portata avanti da tutto il clan azzurro durante tre quarti d’ora dilatati fino al punto da sembrare eterni.
Fino alla liberazione finale, sancita dalla stoccata numero 45 firmata da Oh Sanguk che manda gli Azzurri a Parigi e i tedeschi all’inferno che ha le fattezze di uno 0 pesantissimo alla voce squadre qualificate. Per l’Italia, a cui alla fine dei conti basta e avanza un ottavo posto, c’è la luce in fondo al tunnel di un cammino tremendamente difficile nell’arco di tutto il suo percorso di qualifica, in cui i ragazzi di Nicola Zanotti hanno dovuto lottare assalto dopo assalto. Pagando dazio spesso alla sfortuna, a una lista interminabile di acciacchi e infortuni che quasi mai hanno permesso al tecnico livornese di poter disporre di tutti i suoi atleti al meglio della loro condizione. E nemmeno di godersi appieno il sapore pieno di una medaglia prestigiosa come l’argento Europeo conquistato a Cracovia ma pagato a caro prezzo con il crac al ginocchio che ha messo fuori causa Matteo Neri. Impossibile non citare il bolognese fra i credits di questa qualificazione Olimpica, così come Enrico Berrè e tutti i ragazzi che gara dopo gara hanno dato il loro massimo per portare a casa ogni volta preziosi mattoncini per costruire il sentiero che ha condotto all’ombra della Torre Eiffel.
Riparte da qui l’Italia. Dal biglietto per recitare da protagonista il prossimo 31 luglio sotto le vetrate del Grand Palais. Ma anche da tante certezze e lezioni che i ragazzi di ct Zanotti hanno appreso durante il difficile percorso che li ha portati sin lì. Una su tutte, quella della forza e della compattezza di un gruppo che nelle difficoltà ha saputo fare quadrato per uscire sempre con il massimo dei dividendi possibili. Senza mollare di un centimetro, senza mai smarrire la rotta anche quando i venti sembravano tutt’altro che favorevoli per una tranquilla e pacifica navigazione. E ora che il porto è stato raggiunto possiamo dirlo: con il cuore in gola, ma ci siamo anche noi!
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Foto Augusto Bizzi