E dopo il 16 giugno venne il 29 luglio

29 luglio come il 16 giugno: la scherma italiana fa la storia

Il doppio oro delle fiorettiste e degli spadisti sulle pedane di Milano ha regalato alla scherma italiana un’altra giornata da mandare agli annali.

 

Fatta la storia. Ancora una volta, quasi che per la scherma italiana questa frase stia diventando una sorta di dolcissima abitudine. Milano come Plovdiv, il 29 luglio come il 16 giugno, il cui bis peraltro è stato solo sfiorato nel giorno delle prove individuali. Gli scherzi del tabellone – Martina Batini sulla strada di Alice Volpi nel derby con vista sul podio – e il fattore K, inteso come Kurbanov autore dell’eliminazione di Valerio Cuomo ai quarti di finale, hanno impedito che già quattro giorni fa si potesse ripetere l’eventualità di un poker azzurro nel fioretto femminile e di una doppia medaglia nella spada maschile. Quel giorni l’Italia si è dovuta “accontentare” (moltiplicate a vostro piacere il numero di virgolette fra cui leggere il termine) di un oroargentoebronzo nel fioretto femminile e dell’argento di Davide Di Veroli nella spada maschile. Come si dice nel vecchio e sempre più disuso dialetto meneghino, un bel cuntentass.

Ma nella stagione dei record riscritti, accontentarsi è un verbo bandito dal vocabolario di casa Italia. È bastato aspettare tre giorni e il piatto ricco è stato servito. Doppietta fra fioretto femminile e spada maschile nelle prove a squadre, per la gioia del caldissimo pubblico che ha risposto presente all’appello fatto dalla scherma. La bolgia del MiCo, debitamente fomentata dagli atleti in pedana (e anche da quelli in tribuna, si veda un Tommaso Marini incontenibile capo ultrà per tutta la cavalcata trionfale delle fiorettiste), è stato il fattore in più a spingere Azzurre e Azzurri verso il loro obiettivo. Il resto ce l’hanno messo quattro ragazze e quattro ragazzi dal cuore grande così e dal talento altrettanto enorme pronto ad assecondarlo. Due gare, due scacchimatti alla Francia per suggellare in un altro capitolo di una rivalità tanto intensa e snetita quanto vissuta all’insegna della sportività e del rispetto. E così, deposte le armi e nel clima disteso di casa Italia, può capitare di vedere Yannick Borel andare a cercare Arianna Errigo per congratularsi personalmente per la vittoria o Ysaora Thibus che, abbracciata ad Alice Volpi, dice ad Annalisa Coltorti di essere comunque molto contenta per il successo dell’italiana. Scene che scaldano il cuore e riappacificano con uno sport che in questi convulsi giorni milanesi ha vissuto pagine poco edificanti causa fattori che con l’agonismo non hanno nulla a che vedere.

Nelle pieghe dei tue trionfi, tanti fattori. La freddezza glaciale di Francesca Palumbo, ad esempio. Quando Stefano Cerioni le ha comunicato a pochi minuti dalla nona frazione della finale contro la Francia che sarebbe toccato a lei chiudere l’assalto, alla lucana è sembrato che per un momento il suo cuore si fosse fermato. Non aveva mai chiuso prima di ieri, lo ha dovuto fare per sopravvenute esigenze nella giornata più importante. Non una ma per ben due volte: dapprima contro il Giappone in semifinale, causa problemi fisici di Alice Volpi. Quindi in finale contro la Francia. Sarebbe toccato ad Arianna Errigo disputare l’ultima frazione, ma la monzese aveva finito le energie. Da leader e capitana della squadra ha preso da parte la compagna, le ha fatto da “sparring” per non farla entrare a freddo e prima di lanciarla l’ha tranquillizzata dicendole di salire in pedana e divertirsi. La forza e la compattezza di una squadra si vedono anche da queste cose. La squadra, quella plasmata dallo stratega Cerioni. Le non perfette condizioni di Alice Volpi, che già l’avevano costretto al cambio in ultima frazione con il Giappone, lo avevano portato a rivedere la formazione, scegliendo Arianna come ultima frazionista. Ma il black out della muggiorese contro Pauline Ranvier ha suggerito la scommessa matta: niente Errigo, chiude Palumbo. Azzardo premiato e tre su quattro alla voce ori nel fioretto in attesa della gara maschile che chiude il programma di questi Mondiali.

“Gruppo” è anche il marchio di fabbrica della squadra di spada maschile. Che i ragazzi di Chiadò fossero un blocco compatto non è certo scoperta dell’ultima ora. Cracovia era stata prova generale, Milano la recita perfetta. Ancora una volta tutti per uno uno per tutti. Lo ha detto anche Davide Di Veroli in zona mista, rifiutando l’etichetta del fuoriclasse decisivo ma sottolineando la compattezza di tutto il quartetto. Anche e soprattutto nei momenti di difficoltà, come dimostrato da Federico Vismara: lo spadista milanese, dopo il passaggio a vuoto contro la Repubblica Ceca, ha recitato da uomo squadra sgolandosi a sostegno dei compagni e prodigandosi in consigli e incitamenti. E se Andrea Santarelli si presenta in pedana in versione extra extra lusso (la ripetizione è puramente voluta), Gabriele Cimini riscatta appieno la deludente prova individuale tirando una super prova a squadre facendosi trovare pronto quando Dario Chiadò lo chiama in causa. Il mix perfetto per mettere la propria firma su una giornata storica per la scherma azzurra. Dopo il 16 giugno venne il 29 luglio. Quanto accaduto sulle pedane di Milano lo racconteremo a lungo da qui ai prossimi anni, in attesa di nuovi esaltanti record.

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Foto Eva Pavia/Bizzi Team