#FencingBestOf2021 – Favole, prime volte, maledizioni e molto altro: le mille emozioni della scherma a Tokyo 2020

#FencingBestOf2021 - Favole, prime volte, maledizioni e molto altro: le mille emozioni della scherma a Tokyo 2020

Non solo le medaglie dell’Italia. La scherma ai Giochi di Tokyo 2020 ha raccontato tante storie e regalato mille emozioni.

 

Vittorie che hanno il sapore della favola, altre che profumano di leggenda. Ma, ancora, rivincite, rimonte da urlo, storiche prime volte e anche fantasmi e demoni che puntuali si ripresentano alla porta. Oltre alle cinque medaglie azzurre, le gare di scherma ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020 sono state un frullato di mille emozioni diverse.

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ARON E INNA, LE LEGGENDE

Noblesse oblige e allora spazio chi, sulle pedane della Makuhari Messe Arena si è preso il proprio pass per la Leggenda, riscrivendo nuovi record e diventando il primo schermidore uomo a vincere per tre volte di fila un oro ai Giochi Olimpici. Parliamo ovviamente di Aron Szilagyi: implacabile l’ungherese nella sua scalata al terzo titolo, chiusa con il 15-9 sul nostro Gigi Samele.

Spostandosi in campo femminile, non si può non parlare di Inna Deriglazova: vero, il Mito Vezzali rimane ineguagliabile, ma in compenso la ragazza di Kurchatov mette in casella un quasi bis individuale e un trionfo a squadre che le permette di poter affermare di aver vinto tutto quello che si poteva vincere.

ROMAIN, LA FAVOLA

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Romain, promettente spadista della nazionale francese di spada, viene convocato per le Olimpiadi di Tokyo nel ruolo di riserva per la prova a squadre. Ma un improvviso impedimento a un compagno spalancherà lui le porte della gara individuale e all’oro Olimpico. Sembra la trama di un film ma tutto è successo veramente: Daniel Jerent viene escluso dai Giochi per una positività a un diuretico, Romain Cannone entra al suo posto nella prova individuale e si porta a casa l’intera posta al termine di una gara tirata magistralmente. E come lui stesso più volte ha ripetuto, non chiamatelo sorpresa…

THE HISTORY MAKERS

Prima di Tokyo Hong Kong non aveva mai vinto una medaglia nella scherma. Né gli Stati Uniti vinto un oro nel fioretto femminile. Né tantomeno l’Estonia, che pure nella scherma ha una lunga storia, era riuscita a mettere sulla mappa il proprio nome fra i Paesi capaci di andare almeno una volta sul podio. A regolare i conti con la Storia ci hanno pensato Cheung Ka Long (fioretto maschile), Lee Kiefer e un quartetto di spadiste (Julia Beljajeva, Irina Embrich, Erika Kirpu, Katrina Lehis). Tutti insieme per fare la Storia.

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L’INDIA APPRODA ALLE OLIMPIADI

Una scommessa tanto folle quanto intrigante che, gara dopo gara, ha preso sempre più corpo fino a tramutarsi in un completo successo. Chadalavada Anandha Sundhararaman Bhavani Devi – per brevità Bhavani – sotto la guida di Nicola Zanotti e scegliendo Livorno come campo base porta per la prima volta l’India ai Giochi Olimpici centrando la qualificazione alla prova individuale di sciabola femminile. Il sorteggio le mette di fronte la peggior avversaria possibile, Manon Brunet, già al secondo turno, ma la ragazza di Chennai non intende certo fermarsi qui. Anzi, il fatto che abbia fatto armi e bagagli direzione Orleans per lavorare con il guru Bauer la dice lunga sulle sue intenzioni bellicose da qui a Parigi 2024.

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TSUNAMI MICHELA

Altroché Halloween. Charlotte Lembach le streghe le vede con congruo anticipo rispetto alla tradizionale data del 31 ottobre sotto le sembianze di una scatenata Michela Battiston. Salita in pedana sotto 14-30, la friulana rifila all’avversaria un terrificante 18-5 di parziale che rimette in corsa le azzurre prima di passare il testimone a Irene Vecchi sul 32-35. E sebbene la rimonta non sia servita all’Italia per strappare il posto nella finalissima, la rimonta di Michela rimane una delle cose più belle ed esaltanti viste sulle pedane di Tokyo.

 

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PROFETI IN PATRIA

Quattro cavalieri armati di spada a mandare in visibilio un intero paese. E chissà che pandemonio sarebbe stata la Makuhari Messe Arena se il Covid non avesse costretto gli organizzatori a far disputare a porte chiuse le gare. Stati Uniti nel turno preliminare, quindi gli scalpi in serie di Francia, Corea del Sud e Russia per mettersi al collo la medaglia più prestigiosa e poter dire che sì, ogni tanto qualcuno riesce a essere profeta in Patria.

ANA MARIA, OLGA, SOFYA E LA MALEDIZIONE DELLA MEDAGLIA D’ORO

Cosa accomuna Ana Maria Popescu, Olga Kharlan e Sofya Velikaya? Ovviamente l’essere tre grandissime campionesse. Ma anche il fatto di non essere mai riuscite a mettere mano sulla medaglia d’oro Olimpica individuale nelle rispettive gare. Ma se la romena e la russa si sono consolate almeno con la medaglia d’argento, l’ucraina è fragorosamente crollata al primo turno. Regine senza corona, ugualmente leggende anche senza quella medaglia che per loro sembra maledetta.

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Foto: Augusto Bizzi

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